Testo di Letizia Gobio Casali
Foto di Alessia D’Angelo
Sin da bambino, quando aiutava sua madre a fare la pizza, Pietro Cardillo si chiedeva: perché alcune volte riesce e altre no? Una ventina di anni dopo, quel bambino si è aggiudicato il premio Pane dell’anno del Gambero Rosso per il Filone al finocchietto selvatico, mandorle d’Avola e uva passa di Zibibbo di Pantelleria prodotto nel suo panificio A Maidda di Trapani. In mezzo c’è stato lo sviluppo di una passione per i lievitati che guarda al pane come al grado zero dell’alimentazione, a partire dal quale ripensare l’intera filiera produttiva e i macronutrienti alla nostra dieta.
In questo percorso, Cardillo è stato prima ispirato e poi sostenuto da Niko Romito, nella cui scuola di cucina ha fatto il suo ingresso a 24 anni, per poi occuparsi dei secondi al ristorante Reale (3 stelle Michelin) di Castel di Sangro (AQ), con l’accordo di aiutare il pasticciere appena possibile. In cucina Cardillo ha osservato l’incessante ricerca di Romito e la varietà di tecniche da lui usate, a cominciare dalla cottura sotto sale, che è una delle trasformazioni affrontate dalla cipolla per la sua palingenesi in forma di assoluto (Assoluto di cipolla con parmigiano e zafferano, dal 2009 è un classico sul menu di Reale).
Ora Cardillo applica la medesima cottura alla zucca e alle patate che farciscono la pizza, in modo da riprodurre, coerentemente con la filosofia “nikiana” della volontà di eccellenza, piatti in cui alla concentrazione del sapore si accompagna la rarefazione degli ingredienti. Come nei piatti più celebrati dallo chef tristellato, infatti, il pane di Cardillo nasce da pochissimi ingredienti, i cui rapporti sono calibrati: acqua, sale, lievito madre e farina macinata a pietra, “con l’ambizione di accorciare progressivamente la filiera al punto da molire il grano che io stesso coltivo”, racconta Cardillo. Per lui il pane è una categoria a priori dell’esperienza, un concetto assoluto che da solo condensa storia, territorio, valori e che si sostanzia sotto varie forme: prima di ogni portata, a mo’ di antipasto; come portata a sé, come da Reale, dove Pane è un piatto del menu; a complemento di una pietanza, per fare la scarpetta o ribilanciarne la piccantezza. La sfida sta nel ridurre la complessità della preparazione, un impasto variabile di grano-acqua-sale-lievito, alla giusta semplicità e acidità lattica, che rende la mollica quasi fondente, potendo permettersi un margine di errore bassissimo, perché “tutti capiscono il pane e se è fatto bene”.
Dopo un anno e mezzo a Reale, Cardillo viene mandato a SpazioRoma, presidio di ristorazione di Romito nella capitale, come capo-partita e responsabile della cucina nonché del cestino del pane. “Il difficile è stato trovare il tempo per dirigere i ragazzi e sperimentare in cucina nuove preparazioni – ricorda Cardillo – Nel mio giorno libero lavoravo nella panetteria di Eataly a Roma, al cui interno si trova Spazio, dove ho approfondito le lievitazioni con Raffaele d’Errico che oggi offre i suoi prodotti al Mercato Centrale di Torino”. Poi Cardillo lascia Roma per Frosinone e Pezz de Pane, il panificio di Roberta Pezzella, ritenuta la miglior panificatrice d’Italia: un’integralista del lievito madre che ha passato 8 anni nelle cucine di Heinz Beck (a La Pergola, Roma), da cui il nostro apprende a rinfrescare il lievito il giorno prima di impastarlo e i segreti della lievitazione a basse temperature. “Per rispettare le materie prime bisogna conoscere i processi di trasformazione degli alimenti; capire come, l’intervento umano li trasforma per farli comunque emergere nella loro verità” sostiene Cardillo. Ma dopo due anni la nostalgia si fa sentire: per quanto sconsigliato dai conoscenti, apre il suo panificio, A Maidda, nella città natale. “Oggi Pietro Cardillo apre a Trapani il suo Panificio A Maidda. Un ragazzo che farà molta strada per le sue qualità professionali e umane” scrive Niko Romito su Instagram a maggio 2019.
Dall’inizio il locale rispetta un preciso calendario che prevede ogni giorno due tipi diversi di grani antichi locali: “uno, il tumminia, c’è sempre “in carta” e l’altro cambia. Il lunedì panifichiamo con il grano maiorca, un frumento antico siciliano bianco; il martedì con il Senatore Cappelli, un grano duro tipico del sud Italia; il giovedì con il Perciasacchi, dai chicchi lunghi e appuntiti da cui il nome (buca sacchi), per variare l’offerta e far conoscere al cliente i rispettivi pregi – illustra Cardillo – non usiamo additivi, chimica, effetti speciali. Perché, oltre a vendere, vogliamo educare e fare informazione, insegnando non solo a rispettare il pane, ma soprattutto a non sprecarlo: il nostro prodotto dura dai 5 ai 7 giorni e da solo, con un po’ di olio o sugo, funziona da piatto unico, come si usava in passato”. Proprio attingendo al tempo andato, d’altra parte, Cardillo ha trovato ispirazione per il suo pane premiato: “Volevo riproporre nell’impasto il sapore di un buon piatto di pasta con le sarde, come le faceva mia nonna – racconta – così per settimane ho fatto delle prove con gli ingredienti di quel primo tipico, ottenendo la ricetta attuale. Il mio pane è un’esplosione di sicilianità: dal finocchietto selvatico raccolto nell’agro ericino, alle mandorle di Avola, all’uvetta passita di zibibbo di Pantelleria. La Sicilia in un impasto”. Difficile non ritrovarla, tutta intera, al primo assaggio.
A Maidda,
Corso P. Mattarella, 10
91100 Trapani (TP)
Tel. +39 0923 364268
www.panificioamaiddacardillo.it