La trattoria da NBA di Lorenzo Costa e Daniele Bendanti a Bologna
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Oltre
Continuare a parlare di ristoranti oggi è un dovere. Come è quasi un obbligo frequentarli e sostenerli a seguito del nuovo traumatico DPCM. Perché diciamocelo, è spesso a pranzo che le fantasie luculliane prendono corpo in maniera procace. Magari spaparanzati in trattoria, dove città come Bologna appaiono mete ferratissime nell’immaginario collettivo. Nonostante quel suo allure da patria d’infallibili osterie però, con gli anni il fermento è andato ad affievolirsi. Colpa del gastro-patriottismo dei bolognesi? (si gioca!) Fondamentalisti delle radici culinarie casalinghe, spesso incartatati in dibattiti sull’autenticità della migliore tagliatella o lasagna in circolazione. C’è chi fortunatamente è andato oltre a questi estremismi, dando il via a un’atletica rinascita del verbo tradizionale. Distaccandosi da competizioni effimere su chi ha il tortellino più grosso. O più piccolo in questo caso.
MAKE LUNCH GREAT AGAIN
Ve lo ricordate Lorenzo Costa? Sì, proprio uno dei due Lorenzi di Ahimè. Beh, il suo Oltre è la raffigurazione più efficace di come dovrebbe essere una trattoria bolognese che si destreggia nel 2020, senza tradire i costumi classici che rendono il cibo qui una questione serissima. Badate bene, non starò a inculcarvi che la miglior cucina tradizionale si mangia seduti tra queste mura, ricoperte da adesivi underground all’ingresso (anche se per molti versi lo penso). Non è mai stato questo, d’altronde, l’obiettivo finale di Costa. Imprenditore/patron lungimirante, estroso, iperattivo, preparato e strategico: il mio buon omonimo si è rimboccato le maniche per consolidare un luogo a sua misura, ma in particolare a misura dei suoi ospiti. Vestendo il gergo locals con un outfit decisamente più moderno, ma avvinghiato con rispetto alle vestigia tipiche della città felsinea. Capace di avvicinare una fetta più ampia e diversificata di pubblico alle preparazioni locali e conquistando al tempo stesso anche i clienti autoctoni più restii alla prova del 9 della cotoletta (che qui tra l’altro è da paura). Ma sotto veli di pangrattato, prosciutto e scaglie di parmigiano, questa struttura – che oggi etichetteremmo con dialettica inflazionata “osteria moderna” – cela in realtà un intento ancor più nobile e ambizioso: tessere un network potente e sano con le altre insegne urbane, per proiettarlo fuori dai confini territoriali con altrettanto vigore.
Oltre, appunto. Il Costa ha preso bene la mira prima di tirare a canestro perché, seppur giovanissimo, conta una famiglia di ristoratori veterani alle spalle e una lunga palestra a tavola nelle trattorie più celebri di tutto il circondario emiliano. Locande e ritrovi mitologici che non manca mai di promuovere e supportare lui stesso. Da queste basi, per innalzarsi in una acrobatica schiacciata a due mani, ha arruolato in cucina un cuoco-cestista nato quale Daniele Bendanti. Cuciniere allenato sui campi di Arnolfo e in una delle istituzioni di Bologna quale l’Osteria Bottega dell’istrionico Minarelli, così tanto per dire. Insieme, qualche hanno fa, si sono imbarcati in questo match da play-off col parterre cittadino – alla Last Dance di Jordan e i suoi – ribaltando senza falli o schiamazzi la percezione del tessuto tradizionale indigeno. Amplificandolo a volume spianato e alimentando stimoli per i colleghi ristoratori capaci di cogliere questo formidabile assist. In sala, Giamma (all’anagrafe Gian marco Bucci) ha ricamato un assetto d’ospitalità guascona e ultra-professionale inespugnabile come la difesa del miglior Rodman. Al bancone dei cocktail, si è stanziato uno Scottie Pippen del miscelato col nome di Nico Salvatori stampato a caratteri cubitali sulla maglia del team Oltre. Una squadra affiatata di elementi che già gioca come una famiglia allargata (con loro anche Marco Melloni, Alessandro Collina, Matteo Alberici e Diego Stagni). Schierati lungo il playground di stufe&servizio, continuano a scuotere in positivo il parquet della ristorazione in città, portandosi a casa la coppa delle coppe al motto vittorioso di Make Bologna Great Again.
OLTRE IL MENU
Un agonismo benefico, che irrompe con fierezza nelle portate del menu. Sia quelle classiche (cortesemente alleggerite da lipidi esuberanti) che movimentate dallo schema più estroso che Bendanti regola dalle retrovie. Come quel Cotechino in insalata tiepida con dressing acetato e crostini di zuppa imperiale: a leggerlo in carta quasi spaventa, poi l’assaggi e comprendi non solo quanta logica ed equilibrio ci siano dietro, ma che è pure buono da matti. Il Vitello tonnato, che da queste parti potrebbe apparire un intruso filo-nordico, è talmente felpato, fine e delizioso al gusto da farti passar la voglia di badare a qualsiasi rivendicazione regionale. Il Baccalà invece – tra i pochi esemplari ittici onnipresenti nei volumi reconditi del territorio – diviene un batuffolo mantecato con agrumi, connotato da ricchezza e setosità entusiasmanti. Se ci si confronta con i piatti cult però, preparatevi a incassare una sequenza di tiri da tre punti dritti inda face.
Daniele ti paralizza prima dal piacere con una callosa Tagliatella al friggione (umido e stracotto di cipolle) sparata con scioltezza dalla lunetta. Che salsa, che profondità, che nerbo! Poi, ti rifila una mattonata multistrato di bolognesità al cubo, altresì nota come Lasagna verde alla bolognese. E vi assicuro la goduria celestiale delle sue lasagne, sfiora quella di un canestro infilato allo scadere del mezzo secondo dal vostro giocatore preferito. Opulenta, ma calibrata al cesello. Densa e compatta, ma pluri-consistente. Straboccante besciamella e ragù tirati a mestiere, ma mai saturante al palato. Dopo aver sussurrato a me stesso “questa neppure io che ci dò dentro la finirò mai”, l’ho spazzolata con impeto famelico fino all’ultima drogosa crosticina. La parte migliore direbbe un Bottura di passaggio.
Per secondi, la già citata Cotoletta merita sempre una deviazione, ma il feticcio del cuoco rimane il Piccione: declinato a rotazione stagionale in tutte le sue componenti, paté di fegatini incluso, denota una cottura encomiabile di cosce e petto, salsa ai frutti rossi e un persistente fondo di cottura con cipolle caramellate. Che guarda caso atterra in tavola direttamente in padella, pronto a esser lucidato col pane del Forno Brisa presente nel cestino. Essì, il caro Costa non è un fuoriclasse solo nell’intrecciare sistema con la ballotta di ristoratori, riesce a farlo anche con produttori, artigiani, vignaioli e fornaretti che meritano uno spazio nel suo Oltre-Incubatore di qualità.
Quando arriva il Latte in piedi (proto-creme caramel all’antica), il picco d’estasi glicemica combacia con un boato da stadio delle papille in fila sugli spalti. Perché qui si sta un gran bene, si mangia alla grande e si beve altrettanto – meglio ancora quando Salvatori propina i suoi drink in abbinamento – ma l’energia sprigionata da questo gruppo di giovanotti è la vera forza propulsiva che ti arriva addosso e ti proietta in cima alla classifica dell’accoglienza. Come non di sovente capita in una qualsiasi trattoria. Una forza che non vuole, non deve, arrestarsi dopo le ultime tragiche restrizioni del decreto. Lorenzo e i suoi lo sanno e non vogliono mollare un centimetro di campo. Aperti a pranzo, aperti alla sfida di molte altre ambiziose partite.
Oltre
Via Augusto Majani, 1
40122 Bologna (BO)
www.oltrebologna.it