La rivalsa dell’ecosistema scandinavo nella cucina di Esben Holmboe Bang
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
“Sì, in viaggio, adesso! In patria! In Norvegia! Alziamo la vela verso il nord attraverso la tempesta e le onde spumeggianti. Presto, sulle vette dei ghiacciai, sorgerà una nuova luce e le gesta dei vichinghi non saranno solo un ricordo. L’ultimo eroe nordico è seduto sulla sua tomba e non è più il tempo in cui errava instancabile, impugnando la spada e la torcia. Il martello di Thor si abbatte nella polvere, e le stesse regioni delle nevi eterne divengono la tomba di un guerriero. Ma non dimenticare la promessa del re dell’Universo: quando il muschio e i fiori copriranno la tomba, l’ombra dell’eroe passerà all’Idavold. Allora il settentrione risorgerà per compiere spedizioni spirituali sull’onda del pensiero”
Henrik Ibsen – Il tumulo del guerriero
Imprimi il passo vergine per le strade di Oslo, lasciando che gesta di eroi e divinità vichinghe ti penetrino subito le ossa. Come il gelo spudorato della city norvegese. Metropoli compressa e mutevole, che riserva uno spirito molto più caloroso e accogliente del rigido clima che l’ avvolge. L’impressione qui, rispetto ad altre città nordiche, è che le contaminazioni di popoli e culture si siano insinuate nel substrato locale con maggiore profondità e naturalezza. Seguendo un flusso di integrazione che penetra le maglie del tessuto sociale come i fiordi di questa affascinante terra. Sarà lo spirito randagio e vichingo che ancora pulsa nella collettività, ma l’animo meticcio è evidente. Anche e soprattutto scrutando il lato gastronomico: dettato dai tempi frenetici della “nuova” società norvegese, che esorcizza spesso l’appetito con cibi etnici, pizze congelate o fast food ereditati da tendenze straniere. Il fine dining stesso è stato per anni relegato a un’eco della cucina francese, con discreto margine di ritardo rispetto alle avanguardie danesi. Ma le cose cambiano. E come spesso capita in questi lidi, cambiano anche a ritmi sostenuti.
Avanguardia “Vichinga” – Maaemo & la Nuova Cucina Scandinava
La prima breccia, in queste viziate abitudini alimentari, è stata aperta da un ragazzotto dall’attitudine rampante. Un cuoco che – paradosso dei paradossi – ha origini danesi. Di Esben Holmboe Bang (chef 36enne che ha rivoluzionato la cucina norvegese) e del suo ristorante Maaemo, ne abbiamo già parlato nel numero 18 di Cook_inc. Cresciuto in una famiglia devota al gesto agricolo, ha trasposto medesimo approccio nella sua filosofia culinaria: scandagliando ogni perimetro selvaggio e incontaminato dell’ignote lande norvegesi, per ridare luce a prodotti, tradizioni e usanze dismesse in forma fulgida e aitante. Raccogliendo riconoscimenti e traguardi a velocità siderale: 2 stelle Michelin in soli 15 mesi dall’apertura, 35esima posizione sulla 50 Best Restaurants e, al giorno d’oggi, l’unico 3 stelle Michelin in Norvegia.
Ammirarlo muoversi con destrezza al pass, evoca l’immagine del guerriero orgoglioso dagli occhi azzurri, con elmo bronzeo e spada brandita nella forte mano delle opere di Ibsen. D’altronde la metrica identitaria qui avanza audace su una rotta “eroica” che non era mai stata tracciata prima: far emergere nei piatti il sapore crudo della natura norvegese, senza filtri. Lasciando trionfare la qualità degli ingredienti che puntellano mare, coste e foreste. Sguinzagliando il gusto in chiave barbarica, pura e primordiale. Il processo è ben tangibile nel menu degustazione che ruota integralmente a ogni cambio stagione e non rimane indifferente alle suggestioni contaminate che affollano la città di Oslo. Così come i membri della squadra (sala e cucina) esprimono sincera multiculturalità con profili provenienti da tutto il mondo. Su questo tema (senza scadere nel becero patriottismo) non celiamo l’orgoglio di fronte a un giovanissimo cuoco romano, che a soli 23 anni ricopre qui il ruolo di junior sous chef: Andrea Selvaggini. Dopo aver fatto palestra in Italia (Pascucci al Porticciolo); in Spagna (Quique Dacosta) e in Messico (Quintonil), ha scelto di temprarsi le idee al freddo della città nordica. È proprio lui a introdurci molti piatti del nostro percorso, con entusiasmo e dialettica brillante. Oltre a illustrare alcuni punti cardine del lavoro in background e dei futuri cambiamenti del Maaemo.
Ecosistema a morsi – Menu & Stoytelling Stagionale
Approdano i primi snack, scanditi da un’intensità gustativa impressionante: Flatbread di patate con chela di scampo stufata alla birra e rapa acidulata, Cannolo di trota fermentata e porro, Sourdough soffiato, fegato d’anatra e rabarbaro; si capisce subito che l’approccio gastronomico verte sulla rivalutazione materica delle radici autoctone, attraverso una padronanza tecnica che non soverchia mai il gusto. “Iniziare a lavorare qui è stato tanto emozionante quanto difficile all’inizio” spiega Andrea. “Chef Esben ha una personalità molto forte, a volte sembra quasi che emetta un’energia sovrannaturale per il carisma che possiede e trasmette. La sua cucina è la più organizzata e la più maniacale dove ho mai messo piede. Soprattutto a livello di pulizia. Un metodo lavorativo che ti si appiccica addosso fin da subito e che diviene un motto trainante, grazie anche al clima familiare che viene promosso in brigata come una costante invariabile. L’ambiente è quasi surreale, perché la nostra squadra è una vera famiglia, grazie allo stile di vita condiviso fortemente voluto dallo chef. Preme sul fare gruppo per vivere meglio e creare sinergie positive. Dallo staff food ai briefing, passando per qualsiasi altro momento della giornata. Cerca di creare un’atmosfera il più possibile serena senza far sentire nessuno escluso dalle scelte di squadra”.
Il valore del workshop irrompe nitido nei primi due signature dishes di Maaemo, quasi come uno svezzamento gourmet al mare del Nord. Emulsione di ostriche piatte norvegesi, salsa tiepida di cozze, ostriche e aneto: detonazione salmastra al palato, fine e vellutata, dona quasi la sensazione di baciare uno scoglio. E non parliamo certo di ruvidi sassi inquinati, ma di vero amore marino. Poi, turgida e sensuale Capasanta cotta alla griglia (coccolata nel suo guscio) su carboni di betulla con sedano rapa fermentato. Rinvigorita da un conturbante Brodo dashi di corallo di capesante essiccato, limone, verbena e pancetta affumicata homemade. Un canto di guerra vichingo susciterebbe meno enfasi di questo assaggio.
“La cultura alimentare qui a Oslo, o in generale in Scandinavia, è completamente differente da quelle con cui mi ero confrontato nei miei precedenti viaggi” spiega Andrea. “Al Maaemo – sotto impronta rigida di Esben – la filosofia è condizionata in moto naturale e spontaneo dai forti cambi di stagione scandinavi, da ricette dimenticate e prodotti ricercati negli angoli più remoti del terroir circostante. Una linea improntata su un concetto ancestrale e autentico di tradizione territoriale, che parte dai sussulti ambientali e muove controcorrente rispetto quello che si era sempre fatto e pensato nella ristorazione norvegese. Tutto, ma proprio tutto qui ha un’appartenenza culturale e una coerenza espressiva inverosimile”.
Dalle parole ai fatti, con un’altra sequenza esaltante. A descrivere il paesaggio e i costumi di una Norvegia sconosciuta a molti: Scampi dalle coste del Nord (di pezzatura XXL) scottati nel burro infuso con aghi di abete rosso e cosparsi di gel e polvere di pino. Morsi iodati e tremendamente succulenti (da contemplare esclusivamente con le mani) che sintetizzano l’ecosistema locale in un incontro tra la ricchezza del mare e l’essenza selvatica delle foreste. Segue l’omaggio a un piatto di estrazione povera e casalinga come il Rømmegrøt (sorta di porridge consumato durante le festività), qui elevato con panna acida, grano appena macinato, cuore di renna essiccato e affumicato, burro nocciola e aceto di prugne fermentate: se il sesto gusto viene ricondotto all’umami, l’umami scandinavo è il level up raggiunto da Esben con questo corroborante piatto.
“Non credevo ai miei occhi quando ho visto per la prima volta gli ingredienti che arrivavano in cucina e il rispetto con cui venivano trattati” ricorda Selvaggini. “Senza dubbio è una materia prima pazzesca lo starter creativo qui al Maaemo. Pesca sostenibile e salubrità dei mari ci consentono di lavorare alcuni dei migliori crostacei, molluschi o esemplari ittici al mondo. Ma non è solo questo, perché la ricerca intrapresa dallo chef è quasi una missione di vita. Con il nostro ristorante fungiamo da connettore e catalizzatore per tanti contadini, casari e agricoltori locali che producono secondo metodo biologico e biodinamico. Partendo da una base di questo livello, il primo pensiero di Esben è quello di esaltare e non denaturare le proprietà organolettiche dei “tesori” che abbiamo tra le mani. Utilizziamo la tecnica come veicolo e mai come fine. La genesi di ogni piatto prevede che l’esercizio finito debba risultare delizioso, ricco e riconoscibile al palato. Anche quando evadiamo dal territorio con la mente, l’assaggio deve riportare il gusto al territorio. Lasciando l’ospite sempre appagato e felice quando mangia. Questo per me è un aspetto cruciale, che adoro lavorando qui”. E l’incontenibile valore attribuito alla materia si vede e si sente: Petali di cavolo rapa (cotti in burro al ginepro) ricreano una rosa apparentemente innocente, che trova virilità e carattere in un vigoroso brodo di prosciutto d’agnello delle Isole Faroe. Esibendo salinità levigata e seducente. Ma colpisce dritto il bersaglio anche l’Anatra royale con topinambur e mirtilli rossi: confezionata come uno “yin & yang” di paté di fegato e filetto del volatile fusi insieme e irrorati da una fenomenale salsa al fondo d’anatra montato e acidulato.
La qualità “nuda” del prodotto funge da fondamenta anche per la costruzione del capitolo dessert. Il latte crudo di una sola mucca (eletta la migliore della sua fattoria, alla pari di una divinità bovina) con infusione di woodruff (pianta autoctona riscoperta grazie alla partnership con un botanico norvegese) va a comporre un candido cremoso con olio di radici di rabarbaro e spuma di mirtilli fermentati. Ma il Valhalla dei sensi, si raggiunge con il Gelato al burro di Røros con nocciole sabbiate, caffè e colata pornografica di burro nocciola salato. Bontà devastante.
“Penso spesso all’Italia, ma per le opportunità che ho trovato a Oslo il mio futuro ora è qui al Maaemo” conclude Andrea mentre ci serve un’orgia glicemica in formato Petit Fours (memorabili i Waffle con burro al miso di ceci & i Cinnamon bun sfogliati al grasso di manzo). “A fine anno chiuderemo l’esperienza in questa sede e ci sarà l’apertura del nuovo ristorante a Febbraio sul lato opposto del ponte dove siamo ora. Un evento che predisporrà le migliori carte per giocare una partita ancora più avvincente e poter fare sempre meglio. Il nuovo progetto è da capogiro e amplierà la linea, le offerte e gli obiettivi di tutta la struttura. Io non potrei essere più felice di farne parte, perché sono orgoglioso che Esben mi voglia come sous chef e come elemento integrante del processo creativo. Cambieranno parecchie cose per quanto riguarda la sequenza dei piatti e la strumentazione tecnica/sperimentale che risultava soffocata negli spazi ristretti dell’attuale indirizzo. Invece la semplicità e la naturalezza dei sapori decisi e diretti – essenza identitaria di Maaemo – rimarranno sempre il tema principale e il nostro punto di forza”.
A
Schweigaardsgt 15b
0190 Oslo – Norvegia
Tel: +47 221 79 969
Il ristorante Maaemo si trasferirà a Febbraio 2020 nel nuovo edificio Bispevika a Oslo.