Testo di Raffaella Prandi
Foto di Meet in Cucina
“Se penso all’Abruzzo di 15 anni fa, mi sembra abbia compiuto una vera e propria rivoluzione gastronomica. Quando abbiamo iniziato a portare qui un po’ di ricerca non c’era questa quantità di giovani ragazzi pronti a farsi contaminare da quanto girava fuori dalla nostra regione”. Niko Romito scandisce dal palco di Meet in Cucina 2018, nella sede della Camera di Commercio di Chieti Pescara, le tappe della “sua” rivoluzione, che è al contempo quella di un’intera generazione (basti solo ricordare un breve elenco di sous chef abruzzesi di stanza in cucine stellate: Davide Di Fabio all’Osteria Francescana, Antonio Zaccardi a Piazza Duomo, Luca Mancini Da Vittorio, Luca Mattioli al Mirazur… ). Un percorso accelerato il suo (in soli 7 anni 3 stelle Michelin al Reale!) che lo proietta oggi su uno scenario mondiale con prossime aperture dei suoi vari format (l’ultimo dei quali sulla panificazione con un lavoro sui grani antichi e apertura di Spazio Caffè a Roma) in metropoli come Pechino Dubai Shangai Mosca Milano. “Tutti questi progetti formano un sistema di vasi comunicanti che arricchiscono l’esperienza del Reale”. E che Niko sia il modello per un’intera generazione di giovani lo si capisce dai capannelli di allievi dell’Istituto alberghiero “Di Poppa Rozzi” di Teramo che gli si formano intorno alla fine della sua ponencia, passaggio clou di questo momento di incontro e confronto tra i protagonisti della cucina regionale che è Meet in Cucina. L’evento, ideato dall’infaticabile Massimo Di Cintio, stabilisce un focus sulle varie identità regionali (oltre ad Abruzzo e Marche arriveranno a breve anche Emilia Romagna Puglia e Sicilia) puntando i riflettori oltre che sugli chef anche sui prodotti agroalimentari di eccellenza di cui ognuno di loro si fa testimonial. Niko Romito Formazione non solo ha portato in circolo nel suo Sistema un vivaio di giovani talenti (uno per tutti, l’allievo Gianni Dezio del ristorante Tosto di Atri, ospite nella passata edizione di Meet e a cui Cook-inc. dedica un servizio nel numero in uscita) ma ha creato una corrente che genera nuova linfa idee modelli per un’intera generazione di cuochi.
E se fino a ieri, come raccontava Mattia Spadone de La Bandiera, gli arrosticini erano considerati un piatto impresentabile capace di screditare qualsiasi cucina, al punto che il padre Marcello volle toglierli dal menu (proprio a Civitella Casanova, dove sono nati!) ecco che ora sono mostrati con orgoglio, quasi a simbolo di una nuova rotta di pensiero. Riscattati dalle molte tecniche a disposizione (la pancia della pecora cotta sottovuoto e poi rosolata sulla brace viene adagiata su una bruschetta al pomodoro in stile catalano deposta a sua volta su una foglia di verza affumicata e condita con ginepro fermentato con tanto di riduzioni di latte di pecora e demi glace di ossa) sono di nuovo degni di un menu gastronomico.
Anche Davide Pezzuto del D.One di Montepagano di Roseto degli Abruzzi interpreta l’arrosticino in chiave personale rifiutandosi però, in un sussulto di tradizione, di cuocere la pecora sottovuoto. Davide interpreta invece i vari tagli di cui si compone il classico arrosticino (cosciotto lombatina pancia filetto) disarticolandone la cottura sui carboni ardenti di un piccolo gioiello di barbecue in grado anche di dare una botta di affumicato. In omaggio al terroir li serve su una pepita di liquerizia (quella teramana ha un’epopea da raccontare) che pur nel breve trasferimento dalla cucina alla sala regala tutto il suo inconfondibile sentore. A corredo, cavolo rapa allo zafferano, purea di mela cotogna, verdure reidratate, chips di polenta.
Anthony Genovese, una delle guest star della giornata, invitato per il legame con tanti cuochi abruzzesi passati nella sua cucina (per esempio, Nicola Fossaceca di Al Metró di San Salvo) ha onorato la pecora proponendola in tartare (“un piatto che mi rappresenta completamente”). La carne dei tagli di coscia e spalla preventivamente congelata viene condita con scalogno, cetriolini sottaceto, curry, curcuma, cardamomo nero, zenzero in polvere, pomodorini secchi capperi sale pepe olio. È accompagnata da un purè di mele alla rosa canina, da una classicissima bernese, da una gelatina di consommé di pecora, cialdine e pimpinella.
Non di sola pecora vive l’Abruzzo. Il mare compare con Matteo Crisanti che a soli 24 anni, dopo aver lavorato a Barcellona, Dublino, Londra e passato 4 anni in Australia, tornato nella sua terra, ha messo a frutto la sua esperienza prendendo in gestione Zì Albina, storico ristorante di Vasto, famosissimo per il suo brodetto di pesce alla vastese. Matteo se ne è assunto in toto la pesante eredità mettendo a confronto l’originale versione in coccio del brodetto, mai abbastanza lodata, con la sua moderna rinominandolo “Sfizierie di mare” ( pesci vari cotti al vapore e poi disposti su una bruschetta con pomodoro e una cialda di antico brodetto). Versione, pare, a pari merito.
Sempre di Crisanti la “Seppia dentro la seppia”, una seppia saltata in padella e laccata in cottura con il suo ragù per rinforzarne il sapore dove avverti il riflesso di quegli “assoluti” che rendono assoluta la cucina di Niko Romito (il primo, quello di cipolle ha ormai quasi dieci anni!). Influenza che si può cogliere in tanti dei piatti presentati a Meet, in quel vezzo di rinforzare il sapore di un ingrediente con pennellate di riduzioni dello stesso ingrediente.
Vedi per esempio il carciofo di Marcello e Mattia Spadone farcito di pane uova e caciotta alla maniera romana, cotto sottovuoto con olio aglio e prezzemolo e passato poi sulla brace spennellato con la riduzione emulsione del liquido di cottura delle foglie scartate. Il carciofo è accompagnato da un filetto di anguilla affumicata e marmellata di un autoctono kumquat.
Anche Nicola Fossaceca dissemina il suo percorso, emblematico di una cucina regionale che unisce mare e campagna, di un qualche richiamo romitiano finendo il suo polpo, bollito prima all’ancienne, con una laccatura sulla brace a base di un caramello di arance e limoni. Agrumi non qualsiasi ma quelli della Costa dei trabocchi, opportunamente fermentati.
Scientifico poi il menu di Enzo Di Pasquale del Bistrò 900 di Giulianova che, grazie a esperienze polifoniche tra Florida, Atene e il Symposium di Cartoceto, ha maturato un metodo a prova di palato: 13 piatti tra cui il cliente può scegliere il suo percorso ognuno dei quali è studiato al millimetro grazie a dei panel di degustazione per rispondere alle categorie della acidità, mineralità, dolcezza, amarezza umani con tanto di punteggi per ogni piatto. La platea ha dato infine tutto il suo plauso a Valentino Mercattilli, gloria della cucina nazionale con natali a Mosciamo Sant’Angelo che ha reso omaggio alle sue radici abruzzesi con un piatto teramano, i ravioletti dolci alla cannella e maggiorana. Ravioletti che non sarebbero forse così buoni senza quella passata di pomodori che lo chef prepara ogni anno procurandosi personalmente i pomodori a Giulianova, nella sua terra.