Testo di Pierpaolo Penco
Ospitata come da tradizione al castello di Duino, la dimora trecentesca dei Principi della Torre e Tasso, la manifestazione “Mare e Vitovska” ha raggiunto l’11ª edizione. Con una formula ormai consolidata, che prevede due serate di degustazione aperte al pubblico, precedute da un convegno, “Mare e Vitovska” anche quest’anno ha saputo regalare agli appassionati una significativa panoramica della viticoltura, delle produzioni agricole e della ristorazione dell’altopiano del Carso triestino e della vicina Slovenia.
Aperto con un omaggio al compianto Stanko Radikon, produttore del Collio, grande sostenitore e mentore dei viticoltori Carsolini, scomparso pochi mesi fa, il convegno su “Quale futuro ha la viticoltura legata ai vini autoctoni e al suo terroir” ha visto l’alternanza di alcuni interventi focalizzati sulla possibilità di sviluppo della viticoltura carsica.
Il presidente dell’Associazione dei viticoltori del Carso, Matej Skerlj, ha subito smosso le acque ricordando come sia oggi molto più facile piantare vigne in luoghi non vocati che in zone ove può affermarsi la qualità fornendo possibilità di sviluppo per il territorio anche a livello turistico. Il Carso, infatti, attende ancora il pieno compimento del protocollo d’intesa firmato alcuni anni fa per il Prosecco. Le stesse autorizzazioni all’impianto, anche per piccoli appezzamenti, qui vengono negate anche solamente per ripristinare vecchi vigneti strappandoli all’imboschimento crescente che sta coprendo la tradizionale landa carsica. Serve quindi riuscire ad avere una voce più forte, coesa e autorevole, per sviluppare questo esempio di viticoltura eroica.
Moderato dal giornalista e storico Stefano Cosma, che già una decina d’anni fa scrisse il primo testo sulla Vitovska (incrocio delle autoctone Malvasia e Glera), valorizzandola come vitigno dalla precisa identità, il convegno ha visto poi gli interventi di Max Plett (presidente regionale di Slow Food) e Luca Toninato (ricercatore dell’Università di Milano e agronomo) che ha trattato gli aspetti più tecnici del rapporto tra il vitigno e il suolo e le possibilità di protezione anche a livello comunitario. Roberto Filipaz (vicepresidente regionale AIS) ha poi confrontato il Carso con altre zone viticole del mondo, ricordando come anche in Borgogna o in Napa Valley l’alta qualità si esprima su pochi ettari che fanno però da punta dell’iceberg per rendere famosi i territori e i vini. E come il Carso abbia tutte le caratteristiche (dai suoli calcarei all’estrema vicinanza col mare) per esprimere quell’eleganza e mineralità che sono tanto ricercate e apprezzate nei grandi vini.
Ma sono appunto i vini, la Vitovska (con l’accento sulla “i”), i veri protagonisti. Una quarantina di produttori italiani e sloveni hanno così proposto la loro ultima annata in banchi di assaggio e degustazioni guidate, accompagnati dai finger food di altrettanti ristoratore del territorio. E l’assaggio non ha tradito anche questa volta: il gelsomino, i fiori d’arancia, la salvia, la mentuccia, la prugna, il sale e il ricordo del mare hanno fatto capolino nel bicchiere, facendo riecheggiare le parole dello scrittore francese dell’800 Charles Nodier, che descrisse l’altopiano carsico come “una gerla di fiori posata su uno scoglio”.