Testo di Ilaria Mazzarella
Foto cortesia di Roberta Antonioli Studio PR
Dal 1729 al 2018, tanti gli anni che con eleganza porta Ruinart, ufficialmente riconosciuta come la più antica Maison de Champagne al mondo. Una storia antica e affascinante che ben si amalgama con la città che la ospita per una tre giorni all’insegna dell’arte a tutto tondo. La celebrazione di Ruinart trova spazio nel suggestivo stadio di Domiziano, proprio alle spalle di piazza Navona, unico esempio di stadio in muratura fino a oggi conosciuto a Roma. In questi spazi, una volta patria dell’intrattenimento degli antichi romani, Ruinart ha celebrato l’eccellenza del suo savoir-faire ancestrale, ma soprattutto il suo profondo legame con l’arte.
La presenza più attesa era quella dell’artista cinese Liu Bolin, noto per i suoi autoritratti fotografici caratterizzati dalla fusione del corpo con l’area circostante. Già dieci anni fa Bolin iniziò ad interessarsi all’Italia, ponendo un focus sulla conservazione del patrimonio storico-artistico, in contrasto con quanto accade nella sua Cina, in cui l’edilizia propria delle megalopoli registra un rapido crescendo a discapito dei quartieri storici. Grazie alla collaborazione con la Galleria Boxart di Verona, raccolse gli scatti delle opere fino ad allora realizzate nei luoghi più simbolici di alcune città italiane in cui l’artista si mimetizza avvalendosi di particolari tecniche come body art, pittura e fotografia. Per la Maison Ruinart quest’anno l’artista ha realizzato otto masterpieces, utilizzando la sua peculiare tecnica del camouflage.
“Quattro sono stati gli elementi fondamentali che avevo in mente: storia, cultura, know how e dimensione umana – spiega Bolin – Sono rimasto particolarmente colpito dall’expertise del team e da come le risorse naturali circostanti vengono poste al servizio della produzione dello Champagne. Dai vigneti alle cave di gesso, la cui temperatura e umidità sono ideali per la produzione del vino, il team di enologi di Ruinart trae il massimo possibile dalla natura senza danneggiarla in alcun modo. Ho quindi voluto utilizzare questa serie per mettere in luce il loro lavoro”. Le sue immagini sono una combinazione di scultura, dipinto, fotografia e performance. Facendo scomparire la forma umana, l’artista punta l’obiettivo sulle tecniche, accentuando l’expertise di chi lavora dietro quelle porte chiuse, a stretto contatto con la natura.
Una serata di arte a tutto tondo, dicevamo, che solletica tutti i sensi, grazie alla presenza dello Chef de Cave in forze da Ruinart dal 2007, Frédéric Panaiotis, responsabile degli assemblaggi delle Cuvée, e dello show cooking della chef Cristina Bowerman, una delle poche donne italiane ad aver conseguito una stella Michelin e primo Presidente dell’Associazione Nazionale Italiana Ambasciatori del Gusto.
Tra le bottiglie protagoniste della serata, il Blanc de Blancs s.a., uno chardonnay in purezza emblema della Maison, con una struttura raffinata ed equilibrata, caratterizzato da aromi floreali e note citriche, in bocca aggiunge freschezza e una piacevole acidità. E il Rosé s.a., blend di Chardonnay (45%) e Pinot Noir (55%), dal colore corallo brillante, caratterizzato da aromi di frutti rossi, in particolare di ciliegia, in bocca elegante e leggermente tannico.
Una bella nota distintiva della serata, la multisensorialità, godibile attraverso un’esperienza di virtual reality. Seduti attorno ad una tavola elegantemente apparecchiata, otto ospiti alla volta hanno potuto godere di un viaggio sensoriale, onirico, a tratti quasi felliniano, che ha ripercorso in maniera ludica i momenti più significativi della Maison.