Testo di Ilaria Mazzarella
Illustrazioni di Sara Di Giovanni
Inguaribili ottimisti. Siamo così a Cook_inc. Dopo più di un mese eccoci ancora qui, nelle nostre case, a leggere – a proposito, potete ordinare tutti gli arretrati della rivista a un prezzo speciale e spedizione compresa (info qui) – a cucinare, a scrollare la homepage dei social in cerca di risposte. Voi ne avete trovate alcune? Perché noi ci siamo chiesti: ma nel delirio di questo lockdown, al netto di quanto di più brutto è accaduto, possiamo trarre un germe di positività? Le scosse forti ci fanno cadere. Raccogliere i cocci e ricostruire è sempre un duro lavoro. E nel rimettere assieme i pezzi forse qualcosa perdiamo. Ma è anche vero che possiamo dare una forma nuova a ciò che avevamo. A volte persino migliore. Una contingenza che costringe a spogliarsi della chioma per tornare all’origine. Al seme. Per piantarlo altrove o in maniera diversa. Perché la fase di ricostruzione è una nuova fase di creazione, e intrinsecamente, di intuizione di un ordine nuovo, di nuovi rapporti fra attori differenti, un’ondata di energia che si concretizza nel mettere ordine. La creazione più sorprendente e duratura, in fondo, non deriva che dal caos. Post tenebras lux, per dirlo alla latina. La quiete dopo la tempesta, per dirla alla Giacomo Leopardi. After every rain comes the sun, per dirlo alla Ana Roš.
Abbiamo chiesto a due chef ristoratori rappresentativi del profondo Nord (Friuli Venezia-Giulia) e profondo Sud (Calabria) come stanno sopravvivendo alla tempesta, nell’incertezza del futuro, per condividere con noi riflessioni e soprattutto speranze per il domani.
RIFLESSIONI DALL’ESTREMO NORD ALL’ESTREMO SUD ITALIA
Antonia Klugmann – L’Argine a Vencò (Dolegna del Collio, Gorizia)
Come stai vivendo questo momento?
Sinceramente mi sento un po’ in attesa, non mi è chiarissimo quanto tempo durerà ancora questa situazione. Faccio l’imprenditore da 15 anni e questa è una prova importante per la mia azienda. Sono felice che questo sia capitato in un momento in cui abbiamo raggiunto una buona solidità, fosse successo dieci anni fa sarei stata sicuramente meno tranquilla.
Su quali strategie hai fatto leva per tutelare il personale? Gli ammortizzatori messi a disposizione dal Governo sono stati sufficienti per sostenere la tua azienda?
Prima della chiusura la quota dipendenti raggiunta era di 10-12 persone, forse il momento in cui ne abbiamo avuti di più e senz’altro il più fortunato per l’azienda. Abbiamo messo tutto il personale in cassa integrazione per garantire continuità a loro e all’azienda che ha ovviamente delle spese fisse da sostenere. Al momento è tutto poco prevedibile, soprattutto la prospettiva nel nostro settore, differente in base alla zona geografica, al contesto più o meno urbano e alla tipologia di offerta. Almeno finché la priorità del Paese sarà quella sanitaria, tutto il resto verrà messo in secondo piano. Non posso dire se gli strumenti del Governo siano sufficienti, ma la solidità che ho raggiunto con la mia azienda almeno mi dà la certezza di poter riaprire.
Come stai vivendo il lockdown e la staticità che ne consegue? Più tempo per la casa e la sfera privata: è cambiato il valore del tempo per te?
Vivere in campagna mi mette in una posizione diversa rispetto a chi vive in un centro. Ho sempre cercato di limitare per quanto possibile i viaggi, restringendoli solo alle partenze davvero importanti e che non potevo delegare, per seguire sempre personalmente la mia attività. Anche se da una parte mi manca viaggiare, sto vivendo questa quarantena per conto mio, immersa nella campagna in isolamento interiore e recuperando i miei spazi più intimi. Ho acquistato questa casa quindici anni fa e da allora non ho mai avuto la possibilità di viverla in maniera normale, che è un aspetto da sempre molto importante specie per noi donne. Qui posso dedicarmi al foraging, attività che in genere destino al lavoro per il ristorante, ma questa volta unicamente per me stessa, sfumatura che lo rende ancora più intenso e piacevole.
Qualche riflessione sul post COVID-19. Tornerà la ristorazione come siamo abituati a conoscerla o ci saranno aspetti che si modificheranno permanentemente? Cambierà l’offerta e i prezzi? L’alta ristorazione ha una percentuale di clienti straniera importante: come riformulare la proposta incentrandola su una clientela differente, come quella italiana?
Sono perplessa davanti alle persone che dimostrano di sapere cosa succederà. Quello che ti posso dire è che tutte le volte in cui nella vita mi sono trovata di fronte a eventi inaspettati quello che ne è uscito è stato molto interessante per me. E sono stata sempre artefice e non vittima dei cambiamenti della mia vita, pur non controllandone le condizioni. Non è detto che alcuni cambiamenti siano necessariamente negativi, sono incuriosita e non ne ho paura. Spero che ci sia sempre di più un inseguimento della qualità perché il cliente avrà meno disponibilità economica però maggiore consapevolezza e quindi vorrà solo cose buone. Ci sono tanti modi di approcciare al Paese, non c’è solo il turista delle grandi città, esiste anche quello più selettivo. Credo fortemente che per aiutare davvero i piccoli produttori del nostro Paese bisognerebbe puntare meno sull’esportazione e più sulla promozione del viaggio del turista/cliente in Italia perché conosca l’origine dei prodotti e vada poi a mangiarli al ristorante. Il nostro Paese è fatto di micro-regionalismi interessantissimi e differenti tutti da scoprire. Abbiamo al ristorante tanti sloveni, austriaci e inglesi: gli spostamenti degli stranieri nel breve termine saranno ridotti, ma manterremo la nostra clientela locale e del Triveneto, che resta comunque il nostro zoccolo duro.
Dei cambiamenti nel dopo ripresa, ce ne saranno alcuni positivi?
Quello che spero è che in questa crisi ci sia un tentativo di maggiore concretezza e non un depauperamento dell’offerta. Auspico un maggiore ascolto della nostra identità italiana, che ha una cultura solida, che spesso tendiamo a sottovalutare in favore di modelli stranieri: si va a cucinare in giro per il mondo, ma poi il confort food per eccellenza è sempre di origine italiana. Questo vale per anche per i giornalisti: c’è un paese intero da raccontare e sarebbe bello farlo con maggiore onestà intellettuale. Le nostre speranze possono diventare azioni nel momento in cui le accogliamo dentro di noi. Se spero nel rafforzamento della nostra identità, finisce che io stessa farò del mio meglio perché questo accada.
Antonia ha appena lanciato il progetto Antonia a Casa: un servizio di food delivery per le province di Udine, Gorizia, Trieste e una piccola parte del Collio.
Luca Abbruzzino – Ristorante Abbruzzino (Catanzaro)
Come stai vivendo questo momento?
In questo preciso momento mi trovo al ristorante, anche se siamo chiusi vengo tutti i giorni un paio d’ore a dare una sistemata, rigenerare il lievito madre e spesso cucino per casa, visto che abitiamo proprio qui dietro. Credo che quando ci daranno la possibilità di ripartire avremo così tanta voglia di fare che trasformeremo questo periodo negativo in energia positiva. Spero che i cambiamenti che ci saranno spingeranno le persone a scegliere il nostro Paese per il tempo libero, vacanze e ristorazione. E che gli stessi ristoratori opteranno per fornitori e produttori italiani per contribuire a risollevare il Paese.
Su quali strategie hai fatto leva per tutelare il personale? Gli ammortizzatori messi a disposizione dal Governo sono stati sufficienti per tutelare la tua impresa?
I nostri dipendenti sono in cassa integrazione. Le misure non sono sufficienti, ma almeno un piccolo supporto ci è stato dato. Avremmo bisogno di più liquidità per ripartire, soprattutto all’inizio. La stagione degli eventi, per noi che organizziamo molti banchetti e cerimonie, non partirà prima di luglio.
Come stai vivendo il lockdown e la staticità che ne consegue? Più tempo per la casa e la tua intimità: è cambiato il valore del tempo per te?
Passando molto più tempo a casa cerco di viverla in maniera positiva, non voglio demoralizzarmi, provo ogni giorno a programmare cose nuove. Sto cercando di dedicarmi più a me stesso, mi piace ritagliarmi un’oretta di sport al giorno e porto il mio cane a passeggio. Il punto è che il ritmo a cui ti abitui lavorando nella ristorazione diventa il tuo ritmo di vita ed è difficile staccarsene anche se il tempo a disposizione è maggiore. Ieri per ammazzare la noia ho lavato la macchina: sembrava stessi preparando un servizio per cento persone! Non riesci a fare quello che fai normalmente in maniera calma e tranquilla, quel ritmo ormai fa parte di te.
Qualche riflessione sul post COVID-19. Tornerà la ristorazione come siamo abituati a conoscerla o ci saranno aspetti che si modificheranno permanentemente? Risentirete della perdita della clientela straniera?
Credo che la nostra offerta resterà invariata, ma come ti accennavo daremo senz’altro la precedenza a fornitori e produttori locali. In primavera abbiamo un bel flusso di clientela straniera, che quest’anno purtroppo verrà meno. Abbiamo anche pensato al delivery, ma noi siamo nella periferia di Catanzaro e difficilmente potrebbe attecchire in questa realtà. Stiamo facendo, invece, un po’ di volontariato in associazione con altri cuochi della zona assieme ai commercianti locali: due volte a settimana ci ritroviamo e cuciniamo per gli anziani e per i meno abbienti. Ci sarà da stringere i denti quando riapriremo e bisognerà darsi parecchio da fare. Ma io sono positivo: avremo una maggiore consapevolezza che tutto quello che possediamo – e spesso diamo per scontato – può sparire all’improvviso o, com’è stato, nel giro di una settimana. Questo forse sì, ci lascerà delle piccole cicatrici.
Dei cambiamenti nel dopo ripresa, ce ne saranno alcuni positivi?
Sicuramente. Penso alla testa delle persone che lavorano nella ristorazione: credo che d’ora in poi quando ci troveremo di fronte a un problema lo vivremo in maniera diversa. Spesso abbiamo dato per scontato una certa routine; credo che d’ora in poi vivremo quella stessa quotidianità come un privilegio, sminuendo i problemi con la consapevolezza di aver superato momenti ben peggiori.