Testo di Gualtiero Spotti
Ci troviamo a Gerusalemme, che non è certo la destinazione prediletta per chi cerca esempi di fine dining in Medio Oriente. Qualche soddisfazione in più la offre la vicina Tel Aviv, certo, ma in fin dei conti la scena israeliana è ben distante dai canoni di ristorazione che siamo abituati a conoscere dal nostro lato del Mediterraneo. Le parole che qui vengono in mente, osservando le cucine ebraiche, anche quelle più moderne, sono “condivisione”, “immediatezza”, “freschezza” e “contaminazione”. La materia prima è sempre eccellente, soprattutto se restiamo dalle parti delle verdure e della frutta. Ed è qui che spunta la vera meta gourmand di Gerusalemme.
Lo spettacolo più intrigante in città lo si vive trascorrendo un paio di ore (almeno se ve lo volete godere fino in fondo), nello spettacolare e storico mercato Mahane Yehuda, poco lontano dal centro cittadino, in un quartiere ultrapopolare che cela anche indirizzi di trattorie tutte da scoprire. Dove incontrare figure leggendarie nostrane ma dall’allure aristocratico, come il principe dell’hummus o il re dell’halva. Ma andiamo per ordine, il Mahane Yehuda è a tutti gli effetti una sorta di souk piacevolmente caotico, distribuito su una superficie ampia e suddiviso per aree geografiche di provenienza dei venditori e diverse tipologie alimentari. Si gira l’angolo e si incontrano i banchi della frutta, dove è facile riempire le borse con squisiti datteri e frutta secca; si attraversa una strada e ci si ritrova immersi nelle spezie, o ancora tentati dalle panetterie che espongono dolci dolcissimi e sfilatini fragranti, oltre a una infinita serie di biscotti e prelibatezze. Per non parlare delle mannaie che dividono senza nessuna pietà le carni sui banchi e le cassette dalle quali occhieggiano pesci pronti per la frittura.
Non è tutto. Tra punti vendita che espongono miracolose pomate contro ogni cura, ma anche erbe e infusi da far resuscitare i morti (e dove se non qui…), il centro del mercato offre numerosi punti di ristoro che diventano il perfetto accesso al mondo controverso di queste zone. Si consuma un pasto a fianco di giovani universitari, militari in pausa, turisti incuriositi e nel frattempo si scrutano i numerosi e imperscrutabili rabbini vestiti total black (cappello compreso) che fanno la spesa del giorno.
L’altra esperienza imperdibile invece rimane quella del ristorante Machneyehuda, a pochi passi dal mercato. Un indirizzo che, in qualche modo, ben rappresenta l’anima caotica e bizzarra del quartiere. Con la cucina a vista e totalmente aperta sulla sala, un angolo dove acquistare frutta direttamente dalle cassette esposte a pochi centimetri dai tavoli, un primo piano soppalcato dal quale scrutare l’andirivieni continuo dell’ingresso e un menu che finisce per essere un originale meltin’ pot mediterraneo con derive etniche che si spingono fino a Teheran e oltre. Con evidenti richiami italiani (provate la polenta con tartufo e formaggio servita in un vasetto ermetico o uno dei risotti presenti in carta), con la versione personalizzata della shakshuka (un piatto di origini nordafricane per stomaci forti, con cipolle, aglio, pomodori, peperoni, pepe, spezie e uova), o il souvlaki di pollo con pomodori arrosto e tzatziki. E per finire, la torta di semolino della mamma di Uri, con gelato di tahini. A proposito, Uri è Uri Navon, il cuoco, che vanta un passato nello stellato L’Escargot a Londra, ma solidi radici in Gerusalemme, dove è tornato per aprire con i “colleghi” Assaf Granite e Yossi Elad l’indirizzo più divertente e frizzante in Terra Santa.
Machneyuda
Beit Ya’akov St 10 – Jerusalem