Testo di Gualtiero Spotti
Foto di archivio + foto di Guido Rizzuti
In tempi incerti tra ristoranti chiusi e distanziamenti, com’è accaduto qualche mese fa con la storia che si ripete, vale la pena sfruttare il tempo trascorso tra le mura domestiche per riscoprire i classici attraverso qualche buona lettura che, nel nostro caso, non poteva non virare sul gastronomico. E restando entro i confini italiani, il nome per eccellenza dal quale partire può essere solo quello di Gualtiero Marchesi, il padre fondatore della moderna cucina italiana scomparso poche stagioni fa.
L’occasione per recuperare le sue idee e le sue intuizioni, attraverso i racconti e le testimonianze di alcuni che l’hanno conosciuto bene o frequentato assiduamente, arriva dal primo quaderno pubblicato poche settimane fa dalla Fondazione Gualtiero Marchesi per Cinquesensi Editore. Come dice bene Alberto Capatti (il presidente della Fondazione) nella prefazione di questo agile volume intitolato Italia – Francia, lo scopo primario è quello di guardare al futuro raccontando il lascito intellettuale e il pensiero del grande cuoco alle prossime generazioni. Era quindi giusto partire dai legami indissolubili con la cucina d’oltralpe, che, per il giovane Marchesi, hanno rappresentato la porta d’accesso alla nouvelle cuisine e al percorso di cucina d’autore intrapreso poi nel suo primo ristorante a Milano, in Via Bonvesin de la Riva.
Il libro però non vuole essere una sterile biografia del mito, quanto, piuttosto, un piacevole viaggio con diversi temi da affrontare su più livelli. Qui si va dalle considerazioni su come sia cambiata la cucina internazionale nel corso degli anni più recenti, al racconto di Simone Cantafio, uno degli ultimi “marchesiani” il quale definisce il suo percorso professionale a partire dal suo passaggio proprio da Marchesi, fino al ruolo di responsabile del ristorante firmato dalla famiglia Bras in Giappone. Poi c’è l’intervista, realizzata online e in seguito trascritta, tra Enrico Dandolo, il genero di Marchesi, Alberto Capatti e Pierre Gagnaire, che diventa una gustosa finestra sul rapporto tra italiani e francesi in cucina.
Foto di Guido Rizzuti
Ma il volume è anche un piacevole viaggio a ritroso nella memoria, con le magnifiche immagini che vedono un giovane Marchesi alla corte di Pierre Troisgros; la riproposizione del menu nel suo ristorante a Milano nel 1981 (tra i piatti c’erano il Rombo gratinato con salsa al caviale, le Animelle di vitello in pangrattato con carciofi, aglio e prezzemolo, e il Filetto di lepre in salsa civet, con crostone di polenta) e qualche curiosità come la ricetta delle Tagliatelle à la Milanaise di Alain Senderens, nei primi anni Ottanta, a certificare l’influenza che anche la cucina italiana ha avuto su quella francese.
Uno dei lati più interessanti di questo primo di una futura serie di quaderni realizzati dalla Fondazione Marchesi è infine lo sguardo che offre sulla cucina odierna, sui cambiamenti in corso seguendo lo spirito critico e un po’ sovversivo che era proprio del Maestro. Riflessioni e contrappunti ricordando il ruolo che Marchesi ha rivestito in tutti questi anni, senza dimenticare la sua eredità legata a una serie di piatti moderni e ancora oggi attuali. Al momento l’unico ristorante che li propone è la Terrazza Gualtiero Marchesi del Grand Hotel Tremezzo, sul Lago di Como, dove Osvaldo Presazzi confeziona il mito in tavola tra un Risotto oro e zafferano, un Raviolo aperto e il Rosso e il Nero.
Foto di Guido Rizzuti
I Quaderni della Fondazione Gualtiero Marchesi
Italia/Francia
Cinquesensi Editore