Testo di Raffaella Prandi
Foto di Tommaso Zoboli e di Andrea Di Lorenzo (da Cook_inc.15)
Quante volte ci siamo detti che il prerequisito di una grande cucina è una materia prima immensa? Si, uffa, detti e ridetti sino alla nausea. E quante volte ci siamo ripetuti che il genio sta nel non rovinarla la materia prima? Pure. Eppure è proprio questo che ci martella in testa, mentre surfiamo sui piatti di Gianfranco Pascucci al Porticciolo di Fiumicino (di cui vi abbiamo raccontato su Cook_inc. 15) con l’onda gastronomica che si alza si alza e poi rotola e si dissolve in tanta bontà&bellezza. Il mare è tutto lì e non è poco. Non rovinarlo è arte. Il mare che ti fa stare bene solo a guardarlo, e ora, qui, solo a leggerlo, il MARE, scritto di sabbia anzi no di erbe, alghe, sale di scampi, polvere di mitili, come sniffarlo il mare, ci spazzoli sopra una spugna impregnata di acqua di mitili, lupini, maionese di ostriche, salsa verde, acciuga e alga wakame, ci inzuppi la spugna e sei sdraiato sulla battigia. Aspettando le prossime onde.
Planare sul Consommé di calamari è puro piacere. Sarà anche ovvio, ma senza un calamaro di prima pescata come fai a ricavare un infuso che ne catturi tutta la sostanza, un brodo che ne mette insieme tre, legati da miso, peperoncino e zenzero? Arriva a metà del cammino, bollente, a decretare quella stessa corroborante piacevolezza di una ciotola di ramen e spianando la strada alla trattenuta magnificenza di un’ostrica. Si può andare oltre l’ostrica? L’ostrica è l’ostrica ma se ti chiami Gianfranco Pascucci puoi trasformare la Speziata Tarbouriech allevata nel nostro Mediterraneo in un gioiellino gastronomico che non fa torto alcuno alla tradizione dei francesi, anzi. Intanto la ceselli in tre parti (la parte callosa, la parte con la barba e la parte grassa) e in ognuna incastoni un condimento: nel callo un gel di pepe, cipollotto e aceto balsamico, nella barba un cubetto di pompelmo rosa, e nella parte grassa una maionese di cavolfiore e curcuma. Pensiero minimale e grandioso, il vellutato il croccante il sapido lo speziato, il tutto compreso in un unico lussurioso boccone.
Il Granchio con il raviolo esprime bene il continuo riflettere dello chef sulle possibilità della materia prima ma con naturalezza e spontaneità, il che non esclude grande lavoro. Il granchio ha di per sé la forma di un raviolo. Ecco allora che a richiamarla viene deposto sopra al carapace un raviolo cinese ripieno di polpa, condito di un gel di umeboshi e riduzione di crostacei. Umami allo stato puro. Dopo il godimento di quel solo raviolo (ma perché, chef, solo uno?) apri il carapace e trovi una insalata di granchio classica con finte squame di pesce realizzate con sfoglie di topinambur. Un gioco per richiamare la classica insalata di granchio degli anni Sessanta che perde, per troppa delicatezza, la sfida con il muscolosissimo raviolo.
Con il Gambero fuori di testa si va in effetti un po’ fuori di testa. La testa viene saltata a parte con marsala, alloro, arancio e burro alla salicornia. Con la salsa viene spennellata la coda cruda. Meticolosa precisione, nulla che sfugga o scappi di mano, controllo totale, cucina in sicurezza che non ti dà ansia, come la performance di un professionista che ti tira dentro al suo lavoro senza che mai filtri lo sforzo. Il che vale uguale per la sala splendidamente diretta dalla moglie Vanessa Melis. Ne gli Scampi al sale al vapore di erbe hai tutta l’articolazione del pensiero pascucciano. Lui di mare vive (è per altro un abile surfista) e di passeggiate nell’Oasi del WWF campa (o quasi). Un paradiso di biodiversità che in questo caso viene trasmesso attraverso il vapore agli scampi: nella parte bassa della pentola, a contatto con l’induzione, uno strato di spezie (il pepe nepalese di Gianni Frasi – il Timur di Tarai – che sa di agrumi, machis, pepe rosa, coriandolo, cardamomo, chiodi di garofano… e soprattutto bacche di lentisco a fare la differenza) cede il calore accumulato al primo strato di erbe, le più legnose (allori rosmarini lentischi). Queste lo trasferiscono a loro volta al successivo strato di aromatiche che sprigionano il loro vapore sommandosi a quello del terzo strato di erbe, le più delicate e morbide con prezzemolo basilico e coriandolo. Un vapore aromatico che lega per l’eternità terra e mare. “Una ricetta non svolta”, dice candidamente il Pascucci, quasi se ne volesse scusare, una ricetta solo stratificata. L’unica ricetta svolta è nella bisque speziata che accompagna poi gli scampi.
Il Prosciutto di tonno con lardo è la perfetta riproduzione di un prosciutto crudo affettato. Il tonno è marinato nel miso per due tre giorni e così pure la sua bottarga che viene poi essiccata e ridotta in polvere per poi finire a ricoprire il tonno nella successiva marinatura. Le fette di tonno sono accostate a fette impalpabili di lardo, di maiale, questa volta. Su quello finto, di pesce, Gianfranco si è divertito a studiare l’amato centrolofo viola, una ricciola di fondale molto grassa e che ha dato il là alle esplorazioni, per l’appunto, sul finto lardo. Il Sarago (scottato sulla pelle e cotto poché in una riduzione dello stesso pesce, completato poi da broccoletti alghe spinaci e semi di sesamo saltati con la colatura) rivela gusto umami, umidità, sapienza. Madreperla è invece un risotto alle mandorle, calamari e agrumi proposto come un dessert. Ricco, delicatissimo, una anteprima del nuovo menu invernale. Si chiude con un classico Maritozzo di Bonci con tanto di cucchiaino di madreperla a pescare nella panna, pesca molto fruttuosa. E ancora – ma siamo leggere leggerissime – i Ravioli di mela con riduzione di mandarino e spezie: cotti in acqua salata e bruciati col cannello sono ripieni di mela cotogna e cioccolato.
Voto 11, nel caso fosse richiesta votazione.
Per la cronaca abbiamo accompagnato la cena con:
Champagne Gaston Chiquet Brut Tradition Premier Cru
Terzavia Metodo Classico di Marco De Bartoli
Dhron Hofberger Riesling 1999
Bukkuram di Marco De Bartoli
Pascucci al Porticciolo
Viale Traiano, 85
00054 Fiumicino (RM)
Tel: + 39 06 6502 9204
www.pascuccialporticciolo.com