Testo di Gualtiero Spotti
Foto di Pierre Monetta e Christian Larit
Nel Triangolo d’oro parigino, a un tiro di schioppo dall’altissima concentrazione di stellati dell’hotel George V (dove si trova anche il bresciano Simone Zanoni con il suo ristorante Le George), un approdo sicuro e decisamente inusuale è quello del ristorante 39V di Frédéric Vardon. Il nome, come è facile immaginare, si riferisce al civico della via, anche se l’ingresso si trova all’inizio di Rue Quentin Bauchart, appena dietro l’angolo.
Qui si supera la reception, che funziona da preaccoglienza, si entra in un ascensore e si raggiunge il rooftop, dove le sorprese continuano, perché invece di osservare (come potrebbe sembrare logico) Parigi e i suoi tetti o magari la vicina Tour Eiffel dall’alto, il ristorante è tutto racchiuso verso la piccola corte interna sulla quale volgono le finestre e lungo la quale ci si muove in circolo, in uno spazio che racchiude una cucina aperta, un angolo che funziona da chef’s table e, ovviamente, la sala. In più c’è un piccolo balcone interno per le esigenze dei fumatori o per chi vuole concedersi una pausa open air, osservando a 360 gradi l’intero ristorante.
Seduti all’interno, invece, va in scena la grande cucina solida e rigorosa del simpatico cuoco cinquantenne originario della Normandia. La sua storia è presto raccontata, partendo dalle origini campagnole, nella cittadina di Flers, a stretto contatto con la charcuterie di famiglia (il padre era un macellaio) e le fattorie dei parenti, con l’impronta un po’ contadina e rurale nel background del cuoco che non manca certo. Al giovane Frédéric piace ascoltare i racconti di cucina della nonna e subito esplode la passione per i fornelli e l’urgenza di mettersi alla prova, che lo porta a frequentare nomi di rilievo tra cui Alain Dutournier, Alain Ducasse e, soprattutto, Alain Chapel. In particolare quest’ultimo, che Frédéric Vardon ricorda come persona non facile con cui avere a che fare, ma dalla sensibilità unica, sembra aver segnato lo stile del cuoco che ormai da diversi anni lavora a Parigi. Prima gravitando nell’universo di Alain Ducasse, tra vari ristoranti, poi come manager di supporto all’apertura di nuovi locali in giro per il mondo (tra questi Benoit a Tokyo, Spoon Il Cortile e 59 Poincaré) e infine lavorando in contemporanea anche come co-autore per diversi libri, sempre ducassiani.
È facile spendere parole come eleganza, autenticità, passione e gusto, avvicinandosi ai piatti di Frédéric, che lasciano piacevoli sensazioni di un French Touch forse un po’ d’antan, ma di grande effetto, che non a caso la Michelin premia con la stella dal 2012. Due anni dopo l’inaugurazione del 39V. Il menu si muove tra molte preparazioni che raccontano la materia prima e la freschezza delle primizie del mercato senza troppi fronzoli (non a caso una caratteristica peculiare dell’universo chapelliano) e con in più qualche tocco esotico. Il granchio con avocado e mela verde, alleggerito da un brodo freschissimo, la tartare tagliata al coltello con patate Pont-Neuf, le verdure di stagione (fornite da Eric Roy) cotte insieme e con un filo di olio d’oliva, la spalla d’agnello dell’Aveyron, il piccione con le sue zampe confit e i fichi, e la serie di dolci che passano da una versione personale del classico Paris-Brest a una variazione di frutti rossi con sorbetto di yuzu e meringa, o il soufflé di vaniglia Bourbon del Madagascar. A pranzo si può approfittare di un lunch entro i 50 euro di spesa (per tre piatti vini esclusi), mentre i tasting menu da sei portate vanno dai 95 euro ai 125, sempre vini esclusi. Le 39V fa parte della guida Les Collectioneurs, che da inizio anno ha rimpiazzato nel nome la Chateaux Collection.
Infine una curiosità per chi si dovesse trovare a passare da Hong Kong: da pochi mesi il cuoco ha aperto la filiale del 39V nella megalopoli asiatica al piano 101 dell’International Trade Center Tower. Insomma, anche qui si vola alto…
Le 39V
17, rue Quentin Bauchart
Parigi
Tel. +33 (0)156623905