Testo di Ilaria Mazzarella
Foto di Alberto Blasetti
Siamo in quel di Roma Sud. Immaginiamo uno spazio recuperato dalla ristrutturazione di un mulino industriale risalente al 1908, andato in disuso negli anni ’50. Quegli stessi anni in cui erano in voga le soda fontains nelle pharmacies statunitensi, utilizzati per servire sciroppi e bevande dissetanti preparati con erbe e aromi esposti e catalogati con dovizia maniacale negli scaffali in barattoli di vetro. Adesso trasliamo quelle erbe e spezie in scatole di alluminio con contenitori in perspex trasparente, ordinatamente esposte e illuminate nella sala centrale dei nostri ex Mulini (Biondi, ndr). E proviamo a scorgere, appena entrati, il bancone accogliente, camminando in un delicato equilibrio tra masse murarie e laminati metallici, spazi sapientemente progettati dallo studio di architettura B15A. Finché ecco lentamente schiarirsi sulla parete del fondo, proprio sopra al bancone, i pannelli in schiuma di alluminio e la chiave illuminante: Latta.
Siamo nello spazio sperimentale dedicato ai fermentati, il nido d’amore del matrimonio tra Leonardo Di Vincenzo, Paolo Bertani e i ragazzi del Jerry Thomas. Un progetto concepito come un excursus di tutti i fermentati, a partire dal mondo del vino naturale, della birra artigianale e del sidro. Tre sale, un laboratorio di sperimentazione nel quale compiere il giro del mondo, prendendo ispirazione da est a ovest, dal makgeolli koreano a base di riso fermentato all’apache messicano a base di ananas fermentata. Tutto chiaro: la base per la fermentazione muove da uno o più ingredienti quali zucchero di canna, riso, malto di cereali, sciroppo di agave, miele o frutta. Viene poi magistralmente caratterizzato dai bravi barman fino a riprodurre il flavour dei cocktail classici, grazie all’utilizzo delle erbe e spezie che si ritrovano nel gin, nei bitter, nei vermut.
Facciamo una prova. Ecco un gin sour, a base di miele e zucchero candito con l’aggiunta di ginepro, buccia d’arancia, chiodi di garofano e artemisia. Strizzando l’occhio ai juicy pairing dei ristoranti in Nordeuropa, l’intento è anche quello di poter offrire un’alternativa interessante alle classiche bevande alcoliche. Quale migliore base se non l’ottimo kombucha? A partire da questo tè fermentato e leggermente dolcificato, ecco nascere il Mojito Kombucha, a base di menta e zucchero di canna, per un’esperienza godereccia alcol free.
Tra le miscele, invece, saranno presenti solo i cocktail iconici. Ma ora torniamo al nostro bancone, torniamo alla nostra chiave illuminante, torniamo a Latta. Oltre alla fermentazione, la sostenibilità. Latta, infatti, richiama il contenitore in cui i fermentati saranno prodotti e – a breve – messi in lattina sul posto con l’ausilio di una macchina così i clienti potranno decidere di consumarli anche a casa. Ultimo – ma non ultimo – il cibo. La fermentazione spopola anche in cucina, con un piccolo menu messo a punto da Marco Moroni, chef in forze al Bistrot Bio di Roma e servito su materiale compostabile. Tredici le proposte per accompagnare i drink, tra cui il Pastrami club sandwich con cavolo rosso fermentato, il Tacos con porchetta, puntarelle e kefir di panna o il Bun con lingua marinata e salsa tonnata. “Questa è la storia di una grande trasformazione, o meglio, di una grande fermentazione. Che poi è la stessa cosa”.
Via Antonio Pacinotti, 83 (Roma)
Tel: + 39 06 8892 3791