Testo di Greta Contardo
Foto cortesia di Worldcanic
Isola affascinante quasi surreale, Lanzarote è difficile da raccontare: non ci sono luoghi a cui paragonarla, è unica. In ogni angolo dell’isola si sente il potere della natura ribelle. Lanzarote per tre giorni è tornata a essere l’epicentro delle comunità vulcaniche del mondo per la seconda edizione di Worldcanic – il congresso internazionale di cucina e territori vulcanici – dal 19 al 21 ottobre (qui vi abbiamo raccontato la prima edizione). Si sono riuniti chef, ristoratori e scienziati per un incontro olistico dei cinque continenti. Insieme a un gruppo di giornalisti hanno scambiato opinioni e idee per valorizzare i territori vulcanici, tanto simili quanto completamente diversi.
L’isola, con i 300 vulcani non più in attività che caratterizzano l’isola, non poteva che essere la sede di tutto ciò. Worldcanic vuole: “creare una comunità globale di società vulcaniche provenienti da tutto il mondo” ha spiegato il direttore generale di Vocento Gastronomía, Benjamín Lana. Per realizzarlo, sono state organizzate venti attività (tra ponencias, cene e pranzi a quattro mani, tavole rotonde) in diverse location: lo spettacolare auditorium di Jameos del Agua, il complesso unico di grotte e tunnel vulcanici costruito dall’artista César Manrique; in barca tra Lanzarote e l’arcipelago di Chinijo costeggiando l’Isola La Graciosa e la sua caratteristica Montaña Amarilla; l’azienda vinicola Los Bermejos nel cuore di La Geria; e l’isolotto La Fermina che sfiora il mare.
“Conoscere i vulcani è necessario per mitigarne gli effetti negativi e potenziarne quelli positivi” per usare le parole della vulcanologa Anne Fornier, fondatrice della Volcano Active Foundation. Perché quelli vulcanici non sono ecosistemi facili – seppur fertili – ma le popolazioni autoctone hanno imparato a conviverci in armonia. Dando vita a grandi cucine, diverse, che Worldcanic ha voluto mettere in luce. Perché la gastronomia è sicuramente uno strumento utile per capire e trasformare la società.
Il programma dei relatori ha rispecchiato lo spirito multiculturale del congresso, con chef provenienti da diverse aree vulcaniche di tutto il mondo. La catalana Fina Puigdevall è stata premiata con il 1° Worldcanic Award per la difesa dell’area vulcanica della Garrotxa, da cui trae ispirazione per la sua cucina. E proprio della sua cucina a Les Cols, verde e sostenibile, ha parlato Fina, accompagna dalla figlia Martina. Dei 44 vulcani che circondano l’agriturismo dove si trova il ristorante e di come questo territorio si riflette in molteplici modi e da tutte le angolazioni nel loro lavoro di ricerca di una gastronomia consapevole.
“La cucina di domani si basa sul cucinare ciò che cresce nella propria regione” ha detto e ribadito senza mezzi termini Dieuveil Malonga, giovane chef proprietario del Meza Malonga LAB in Rwanda. Un concetto per nulla nuovo, ma che vale la pena di essere ricordato. Musanze è la sua provincia che ospita 4 vulcani e offre una terra di eccellenze “unica, ricchissima e possiamo coltivare senza bisogno di fertilizzanti” spiega.
La cucina africana e il patrimonio di tradizioni, sapori, prodotti, ingredienti a essa connessi, vanno preservati, per questo Dieuveil è promotore dell’associazione Chefs in Africa di cui fanno attualmente parte oltre 4.000 cuochi africani che lavorano per valorizzare questa cucina.
Gisli Matthías, del ristorante Slippurinn sull’isola di Vestmannaeyjar, è in prima linea nel movimento culinario che onora la storia dell’Islanda, spingendola a innovarsi come abbiamo raccontato su Cook_inc. 26. A Worldcanic ha parlato di lusso, a tavola: “è mangiare qualcosa che non puoi mangiare da nessun’altra parte”.
Per Gisli le risorse che l’isola offre sono più che sufficienti per preparare una cucina dalla forte identità. Con il calore geotermico si cucina e si riscaldano le case. Nella terra, nella lava, si possono preparare piatti che non richiedono una cottura precisa, a una temperatura massima di 125ºC. Ma in Islanda Life is fish, cita Gisli raccontando l’importanza culturale ed economia del merluzzo. È questo, infatti, l’ingrediente cardine che rappresenta al meglio la sua idea di lusso nelle infinite possibilità di utilizzo dei cosiddetti scarti con tecniche tipiche di altre latitudini.
Degli ecosistemi dell’Ecuador ne ha parlato Juan Sebastián Pérez, lo chef del ristorante/lab Quitu nella capitale Quito. Juan ha passato in rassegna i biosistemi “fertili” del Paese sudamericano “il paese dell’eterna primavera, piccolo e bellissimo, dove si può fare colazione sulla costa, pranzo nelle Ande e cena in Amazzonia”.
Ha ricordato gli effetti positivi dei vulcani, “le cui ceneri creano un microclima che trattiene meglio l’umidità, che forma terreni carichi di minerali che rendono ottimo il sapore dei tuberi e delle verdure”. Come le patate tushpa – che crescono in prossimità del vulcano Cayambe – e che Juan “invecchia” 12, 60 e 120 giorni per enfatizzarne le componenti minerali.
Karena e Kasey Bird sono le celebrities neozelandesi che, dopo aver vinto Masterchef Nuova Zelanda, stanno diffondendo la cultura culinaria del loro Paese attraverso il Karena & Kasey Project. “I vulcani – spiegano – fanno parte della nostra quotidianità: usiamo la loro forza per cucinare.
Il vapore e il fuoco sono gli elementi più tradizionali della Nuova Zelanda che è un Paese relativamente nuovo ed è ancora alla ricerca della propria personalità, ma che noi sentiamo fortemente connessa al rapporto con i vulcani”. I sapori di Maketu – il loro villaggio, luogo mitico dello sbarco dei primi Maori sull’isola – sono influenzati dall’importante attività geotermica delle isole del Mar di Tasmania. “Viviamo in terreni magmatici, che usiamo al posto del forno per cucinare”.
Da Bali, in Indonesia è arrivata Ketut Sri Gayatri Tata (che preferisce farsi chiamare Ayu) per raccontare il suo Pengalaman Rasa, il progetto/ristorante che ha lo scopo di preservare e ricostruire i saperi tradizionali della cucina indonesiana, utilizzando solo ingredienti locali. Un mondo fatto di fuoco, la legna, il riso, il caffè e il sale marino – mineralissimo per via dell’influenza vulcanica – e spezie, che sono “ciò che ci identifica davvero”. Spiega: “viviamo in abbondanza, circondati da verdure ed erbe aromatiche. Essere in un’area con 29 vulcani ci consente di avere una vasta gamma di ingredienti sempre freschi”.
Importante anche l’intervento della rappresentanza gastronomica di Lanzarote, con Daniel Jiménez, chef del Tacande Restaurante e Lolo Román, chef e consulente gastronomico responsabile del progetto Brutal. Entrambi sono impegnati in prima linea nell’unione di tradizione canaria e modernità d’avanguardia facendo tesoro dei prodotti locali. Sono stati giorni di fuoco, per rimanere in tema, in cui la cucina isolana ha incontrato a tavola il resto del mondo, con il mare a far da padrone. Si è acceso un acceso dibattito sul futuro della pesca canaria e di una “specie” in via di estinzione: il pescatore. Si è parlato dei caratteristici vini di Lanzarote in questo particolare momento florido di crescita qualitativa. Si sono approfondite le caratteristiche vulcaniche di tutti i continenti, grazie agli interventi degli scienziati: Charles Balagizi, Sebastián Vásquez Valencia, Anne Fornier, Stephanie Barde Cabusson, Sylvain Chermette.
Piccolo spoiler: è stato già annunciato il tema della terza edizione di Worldanic, nel 2023: il turismo vulcanico; perché le aree vulcaniche attirano visitatori, offrono un’esperienza straordinaria. Non dobbiamo tenere in mente solo le immagini dei disastri causati dai fenomeni naturali, ma scoprire la loro bellezza e assaggiare la loro bontà.