Testo e foto di Francesca Ciancio
Costruire una vita intorno a una grossa quercia. Farne un faro, considerarla una di famiglia, come un essere vivente che sovrintende agli accadimenti. Questo albero gigantesco è quello di NostraVita, un’azienda vitivinicola tra Montalcino e l’Abbazia di Sant’Antimo, in provincia di Siena. La vita è quella di Annibale Parisi e della sua famiglia, iniziata in questo luogo magico cinquant’anni fa. Non è una storia che inizia dal vino, ma dalla natura, dalla voglia di avere un posto dove canalizzare tutta l’energia creativa possibile. Qui c’è la prima anomalia – se tale si può considerare – ovvero un posto a Montalcino dove il vino si fa ma non è al centro di chiacchiere e discorsi.
In uno dei territori enoici più blasonati al mondo – grazie al Brunello Docg – ci si può prendere una pausa da tutto il frastuono vinoso che spesso impera nei luoghi diventati ricchi grazie al vino. Annibale preferisce raccontare altre storie, ma le accompagna a un bicchiere di Rosso e di Brunello. I suoi clienti sono amici, per lo più stranieri, che gli fanno visita, rimangono con lui almeno un paio d’ore e solo prima dei saluti acquistano qualche bottiglia. Nel mezzo scorre una vita fatta di molti oggetti in continuo divenire. A cominciare dalla casa sull’albero, l’ultima creazione di Annibale per i nipoti, abbastanza grande per dormirci in due, per cucinarci con un fornello da campo e con un terrazzino che guarda la Val d’Orcia. Tutto rigorosamente riciclato: i legni sono quelli degli alberi man mano eliminati e assemblati per incastro per evitare chiodi e viti, si insegna ai più piccoli che l’essere spartani non è l’opposto della bellezza. C’è anche una pedana inclinata da cui salire e scendere e ci si avvinghia a una corda di canapa. Inevitabilmente si torna bambini.
Ecco cosa succede girando per la tenuta dei Parisi, si sgranano gli occhi e si fa spazio allo stupore e non per una cantina avveniristica, per botti a forma d’uovo o per un’imbottigliatrice ultimo modello. Colpisce la caparbietà di riutilizzo di tutto quello che l’azienda offre e l’estro di questo signore canuto e gentile. Era il 1970 quando lui e la moglie Elena scelsero questo pezzo boscoso di collina per viverci e mettere su famiglia. La quercia ovviamente era già lì con il tronco biforcuto e la mole da nume tutelare. Talvolta è stata generosa, altre si è distratta colpevolmente, ma Annibale mette sempre le sue parole nel flusso di un racconto che va avanti, che non fa che progredire. Non avverti rimpianti, piuttosto l’emozione per qualcosa che potrà ancora nascere. Alla mia domanda: “Lei Annibale che lavoro fa?” mi risponde con un “direi vivere la vita”, come Lucio Battisti in una sua canzone. La dicesse qualcun altro penserei, vabbè sento puzza di fenomenologia, ma qui no, qui c’è un uomo che ha messo l’ispirazione al centro di ogni momento quotidiano, che sia la potatura delle viti, la vendemmia, un legno da spaccare, una ceramica da modellare. La prima vendemmia è stata nel 2004, il primo vino arriva nel 2006 ed è un Rosso di Montalcino DOC. Nel 2011 è la volta della prima bottiglia del Brunello di Montalcino DOCG.
In tutto diecimila bottiglie, vendute ad appassionati di passaggio, pochissimi ristoranti, nessun distributore. Un lusso che si possono permettere in pochi e a cui il lockdown ha imposto uno stop. Allora Carlotta – una delle tre figlie di Annibale ed Elena – ha ripreso un dialogo virtuale con gli acquirenti/amici tramite blog e social e continua a raccontare le storie di NostraVita. Anche le etichette non sono fatte in serie, anzi, sono disegnate a mano e ogni volta c’è una rielaborazione personale del logo. Come dire che ogni gesto ha un’attenzione sartoriale. D’altronde parliamo solo di due ettari di vigna, diecimila piante che circondano la casa di famiglia. Basta uno sguardo per vederle tutte assieme.
Gli alberi sono protagonisti silenziosi di questa storia. Annibale li ama e li studia, al punto di aver costruito un arborario, ovvero un’enciclopedia vivente degli alberi della Toscana meridionale: singoli tomi costruiti con le essenze arboree della pianta protagonista, al cui interno si trovano bacche, fiori, tannini, foglie, insetti, una carta d’identità completa dell’albero. Ad oggi sono settanta scrigni lignei che illustrano la vita dei boschi. Qual è la sua finalità? Mostrarsi a occhi curiosi, di adulti e bambini. Discorso che vale anche per le teche di fossili marini rinvenuti nei terreni di Montalcino (durante il Pliocene – il periodo geologico compreso fra 5.332 e 2.588 milioni di anni – questi posti erano sommersi dal mare), così come la collezione di funghi delle cortecce degli alberi e quella dei calchi delle impronte animali. Non chiamatelo museo perché questo è un work in progress a cui contribuiscono gli amici di Annibale, appassionati come lui di cose apparentemente invisibili.
L’arte è l’altra ispirazione di NostraVita, un’azienda disseminata di opere d’arte, lasciate nel posto dove sono nate grazie ad artisti che negli anni hanno vissuto per giorni o settimane presso la tenuta. Sono appese agli alberi, fanno compagnia alle galline, ti invitano a sederti per guardare lontano fino alle crete senesi. Uno spazio creativo aperto a chiunque voglia lasciare un segno. Annibale non ha mai inseguito nessuno, piuttosto ha preferito aprire una strada, che è poi quella della contaminazione. Avrebbe potuto fare solo vino e raccontarlo in modo ossessivo – come avviene a Montalcino e in altri posti del Paese dove la vigna ha il sopravvento – ma, dice lui: “mi sarei annoiato”. Anzi, il vino è arrivato per ultimo, da un’esigenza di pragmatismo di Elena (“viviamo a Montalcino, facciamo del vino!”): erano le ultime quote di Brunello Docg messe a disposizione a fine anni ‘90. La prima bottiglia è del 2006, la prima vendita addirittura nel 2011. Gli acquirenti sono i visitatori perché, per Annibale, il vino è un tramite. Quello che conta davvero per i Parisi è l’inclusività.
NostraVita
Località Nostra Signora della Vita
53024 Montalcino (SI)
Tel. +39 0577 848487
www.nostravita.it/vino