Andorra Taste 2023 – parte 2
Leggi la prima parte qui
Testo di Claudia van den Berg Morelli
Foto cortesia di Andorra Taste
Uno degli obiettivi principali della seconda edizione di Andorra Taste – l’Incontro Internazionale di Cucina di Alta Montagna (che si è svolta nella capitale andorrana dal 13 al 15 settembre) era promuovere una cucina di alta montagna di qualità, enfatizzando il rispetto per gli ingredienti locali. Per farlo è stato creato uno spazio di confronto e dialogo, con la partecipazione speciale dei rappresentanti delle regioni alpine, territorio ospite di quest’anno: chef provenienti dalla Svizzera, dalla Francia e dall’Italia hanno condiviso le loro esperienze e conoscenze sul palco dell’auditorio El Prat del Roure, a fianco dei colleghi spagnoli e andorrani.
Clément Bouvier ha trasportato i congressisti fino a 3.000 m s.l.m. al suo ristorante Panoramic a Tignes, in Val d’Isère (Francia), dove la brace è l’indiscussa protagonista. “Cucinare a fuoco vivo mi diverte: bisogna avere degli ottimi ingredienti e poi basta la brace per renderli incredibili”. Seleziona perfino la legna, prendendola dalla valle e facendola essiccare per sei mesi a 3000 m dove l’aria è più secca. La vita di Clément si svolge tutta in altitudine: all’ora di pranzo cucina al Panoramic e poi scende a “soli” 1000 m per il servizio serale al suo altro ristorante, l’Ursus, una brasserie che ha rilevato nel 2017 e che ha trasformato nel suo paradiso gastronomico (ottenendo la stella Michelin nel 2019). Lo chef utilizza prevalentemente ingredienti locali della regione e la sua passione per le montagne si riflette nell’ambientazione: poiché non è possibile cucinare direttamente nel mezzo della foresta, Bouvier ha scelto di portare la foresta ai suoi ospiti trasformando la sala in un lussureggiante bosco con solamente 12 tavoli.
Ritroviamo l’utilizzo dei prodotti locali nelle vicine Alpi italiane da Contrada Bricconi, l’agriturismo in Val Seriana nato per ridare vita – attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la ristorazione – a un borgo del XV Secolo. Il ristorante, gestito da Michele Lazzarini (vedi storia su Cook_inc. 34), si distingue per il profondo legame con il territorio: l’80% degli ingredienti provengono dalla produzione propria, dagli ortaggi alla carne compresi salumi e formaggi. “Ma non vogliamo essere autosufficienti, è importante anche il rapporto con i piccoli produttori della zona” spiega Lazzarini. Con uno sguardo innovativo alla sostenibilità e un occhio di riguardo al tema dello spreco alimentare, Michele ha presentato il suo Spaghetto freddo con grasso di trota e acqua di rabarbaro, un piatto nato dalla volontà di riutilizzare le carcasse di pesce d’acqua dolce. Il piatto è stato talmente amato dai commensali che la Contrada ha iniziato a recuperare scarti da altre aziende nella zona, contribuendo a creare un’economica circolare nelle montagne bergamasche.
In Svizzera, il duo Wassmer, composto da Sven e Amanda – rispettivamente chef e sommelier presso il ristorante Memories a Bad Ragaz, insignito di tre stelle Michelin – ci ha introdotti alla loro cucina di alta montagna e ha condiviso le sfide future che intravede. “Questa è una regione con diverse vulnerabilità, ma anche con notevoli punti di forza. Le montagne offrono prodotti unici, sebbene coltivarli sia una sfida. Senza dubbio, la più grande minaccia che percepiamo è la difficoltà nel trovare gli agricoltori del domani. È fondamentale ispirare i giovani con l’innovazione e promuovere l’agricoltura come una professione degna. Gli chef possono svolgere il ruolo di ambasciatori, ma i veri protagonisti sono i produttori”.
Restando in Svizzera, ci siamo spostati a 60 chilometri a sud di Memories e siamo approdati al ristorante Biohof Taratsch di Rebecca Clopath a Lohn. Qui, la chef cerca di unire la gastronomia alla filosofia, all’arte e alla cultura, aspirando a promuovere un approccio “locale” che va oltre il semplice utilizzo di ingredienti di zona. Questo concetto è applicato in ogni aspetto del suo ristorante, dall’arredamento al tessuto utilizzato per i tovaglioli. Cresciuta in una fattoria situata a 1600 metri di altitudine sulle Alpi svizzere, Rebecca ha lasciato casa all’età di 16 anni e ha acquisito esperienza in vari mestieri, tra cui la lavorazione dei formaggi, delle carni e, ovviamente, la cucina. La sua cucina naturale d’avanguardia si concentra sull’essenziale e sulla semplicità, asserendo che “a volte la semplicità è la cosa più complicata”. Come spiega, il suo obiettivo non è essere un ristorante con un menu spettacolare, ma un luogo dove si promuove consapevolezza attraverso il cibo, in modo che i commensali possano emozionarsi, scoprendo nuovi sapori e vivendo nuove sensazioni.
Dalle vette delle montagne Alavesi nei Paesi Baschi, a Campezo, lo chef patron Edorta Lamo del ristorante stellato Arrea! raccontato il valore della cultura montana della sua terra natale e una delle peculiarità storiche: il bracconaggio. Un’attività di cui “la popolazione locale si vergognava perché rappresentava la povertà”, ma a cui Edorta rende omaggio attraverso la cucina. Lamo ha dichiarato: “È importante valorizzare il bracconaggio e la capacità delle persone di andare avanti, così come tutta la conoscenza che hanno accumulato sulla montagna”. Il cuoco lo fa attraverso un menu in cui gli ingredienti della montagna sono protagonisti, tra cui cervi, cinghiali, granchi, colombi e trote.
Dalla Svizzera ai Paesi Baschi, la cucina di alta montagna rappresenta tante sfide quante opportunità come è stato chiaramente dimostrato sul palco dell’auditorio El Prat del Roure ad Andorra la Vella. Quello che è stato avviato nella prima edizione di Andorra Taste ha portato i suoi frutti in questa seconda edizione con la presentazione – durante la chiusura dell’incontro professionale – del Manifesto di Andorra per il futuro della cucina di montagna: un documento che mira a promuovere le regioni montane e il loro patrimonio enogastronomico.
Nomi rinomati come Joan Roca, Ana Roš, Fina Puigdevall, Sven Wassmer e Gastón Acurio (che ha ricevuto il premio Andorra Taste Award per il contributo al riconoscimento mondiale della cucina peruviana attraverso la valorizzazione del suo prodotto autoctono) sono tra i primi firmatari del manifesto, al quale hanno aderito più di 50 chef e produttori che ne condividono lo spirito. Per preservare il futuro della cucina di montagna, i firmatari chiedono – oltre alla protezione degli ambienti naturali in cui questa cucina ha luogo – la regolamentazione delle vendite dirette di produttori e di raccoglitori ai ristoranti per facilitare la commercializzazione locale e la creazione di programmi di sostegno per garantire la redditività dell’allevamento e dell’agricoltura di montagna. Inoltre, per proteggere l’unicità dei prodotti di montagna si chiede alle istituzioni di promuovere la ricerca e lo sviluppo di prodotti lavorati che apportino valore aggiunto ai produttori, ai raccoglitori e ai ristoratori, insieme a iniziative che li proteggano con marchi di qualità.