Testo e foto di Claudia van den Berg Morelli
Il tempo dedicato a sé stessi, il cibo come mezzo per il divertimento, una fuga dalle logiche della quotidianità: sono queste le premesse del nuovo menu di Davide Scabin al Ristorante Carignano nello storico Grand Hotel Sitea di Torino. Il menu degustazione di 9 portate +1 chiamato LGBT #1 è un’esplorazione fra le dimensioni temporali e spaziali del cibo dove niente è quello che sembra, a partire dal nome stesso del menu.
Emblema della serata è la clessidra: il primo strumento di misura del tempo (indipendentemente dalle osservazioni astronomiche), originariamente ad acqua, le cui più antiche testimonianze risalgono ai tempi degli Egizi nel XV secolo a.C. Il nome attuale deriva dal greco e significa letteralmente “ruba acqua”, ma in questa cena anziché rubare, l’intenzione è quella di restituire. Posata sul tavolo appena seduti, la clessidra inizialmente spiazza, solleva domande e poi… rimane, diventando parte integrante dell’ambiente, come il gambo del tavolo o la tovaglia bianca. Ogni volta che la sabbia finisce di cadere, l’equipe di sala la volta di soppiatto, creando un loop potenzialmente infinito di giri e rigiri finché quel movimento perde la pesantezza del significato – il tempo che scorre – e quindi anche la sua importanza. È proprio in quel momento che il commensale riguadagna il suo tempo.
Lo chef non vuole che il cibo sia il protagonista. È piuttosto un filo conduttore, un mezzo per un consumo gioioso del tempo e non una liturgia. Lui mette tutta la sua abilità nell’organizzare la festa, ma è di chi partecipa la responsabilità di godersela. E questo menu è dedicato proprio a una festa specifica: los Días de los muertos, oggi celebrato il 2 novembre ma che nella cultura precolombiana era un rito di fine estate, di solito tra agosto e settembre, per festeggiare la fine dei raccolti e per celebrarne l’abbondanza. Al Grand Hotel Sitea questo menu è stato riportato alla sua espressione originale e Scabin lo propone come un augurio a un tempo pieno di cose buone (non solo da mangiare). Un altro motivo per dedicare il menu a questa festa messicana è per il suo significato: è la celebrazione di un passaggio, un momento in cui il visibile e l’invisibile convergono, dove i morti e i vivi si ritrovano in allegria.
E quindi veniamo al menu. Non al cibo (che ancora non è protagonista), ma a quello fisico, di carta. Composto a mano con caratteri mobili, è stampato a tiratura limitata in 88 copie numerate su carte speciali. La sua cura e bellezza lo rende un oggetto unico da collezione (che però non si può portare via dal ristorante) e che al contempo contiene un pezzo di storia torinese. È stato progettato da Marco Rainò – architetto e designer – in collaborazione con l’Associazione Archivio Tipografico. Lo studio per realizzare LGBT #1 ha dovuto fare un importante lavoro creativo e di problem solving per creare il simbolo hashtag (#) che in passato non era utilizzato. Ci è riuscito utilizzando quattro trattini incrociati e combinando quattro simboli “+”, rimanendo così in linea con il tema del menu in cui “nulla è come sembra”.
Il Long Gourmet Brainstorming Time (LGBT #1, appunto) è una collezione folle e coloratissima di 9 movimenti +1, secondo la logica dell’Up & Down, concetto che Scabin ha introdotto nel 2015 e al quale è rimasto fedele. Cosa vuol dire? Si parte dalle portate principali, continuando con i primi e finendo sugli antipasti. Una proposta che va contro a ogni dogma del fine dining, eliminando gli infiniti amuse bouche (amen!) e iniziando la cena, in questo caso, con Costolette di agnello Villeroy e una luminosa printanière composta da almeno 13 verdure al burro bianco, il tutto accompagnato da La Primavera di Vivaldi che risuona da un piccolo autoparlante che la maître Elisabetta Riccardi ha abilmente nascosto dietro alla cesta del pane.
Segue uno strabiliante Arrosto di foie gras al pomodoro e basilico in cui il Tomato Combal Blend® – risultato di una ricerca maniacale risalente ai primi anni 2000 che è culminata nel bilanciamento armonioso tra i tre gusti primari del pomodoro: dolce, acido e tannico – è accompagnato dal basilico profumatissimo appena scottato nel grasso di foie. Il passaggio – per rimanere in tema – dall’età dell’innocenza all’età adulta è raccontato nel piatto chiamato L’ultima gioventù con Animella e triglia che fanno da protagoniste. La prima è una ghiandola che negli animali scompare nell’adolescenza, mentre la seconda è un pesce che in antichità si riteneva favorisse la disinibizione sessuale. Queste due materie prime vengono affiancate all’alga senza la scorciatoia dell’aggiunta della salsa; sta al commensale trovare la combinazione più soddisfacente, in piena libertà.
Il Cx5 + 9.3 è un inno al brodo che per Davide Scabin è un legame di sangue, un processo con un coinvolgimento emotivo altissimo, che risulta in un liquido che al momento del servizio contiene già tempo, gesti e memoria. Il brodo – una vita finita che ritorna viva – viene servito caldo e freddo, in un gioco mentale delle papille gustative, e viene affiancato da una zuppa ghiacciata di cipolla, fatta con cinque tipi di cipolle diverse (Cx5 per l’appunto). Il menu prosegue, ma non abbiamo intenzione di svelarvi troppo, fino ad arrivare al +1, quando ormai si è perso il conto dei giri di clessidra. In una logica euclidea, proprio quando un percorso definito sembra arrivare alla sua fine, si sposta l’orizzonte su un +1. E qui la scelta va al commensale: Mango alla brace e pignacolada smoothie, oppure Scampo con frappè di peperone, gelatina di fondo bruno e tartufo nero estivo. Prendiamo nota che bisognerebbe fare quest’esperienza almeno due volte.
Tutto il menu è accompagnato dall’abbinamento vini armonioso ideato dal sommelier Nicola Matinata con un focus sulla Francia, spazia dallo Champagne Rosé Brut di Steinbrück (Les Etoiles de la Gastronomie) al Sauternes Barsac (Château Piada), senza dimenticare anche i vini del territorio come il Barbaresco di Albino Rocca. Al Savarin di riso affumicato, invece, viene abbinato un assaggio del gin botanico Amuerte, prodotto in Belgio dalla fermentazione dei dolcissimi fichi blu e affinato con foglie di Coca Peruviana.
Ci resta solo da raccontare il prima e il dopo – elementi essenziali che danno alla serata una dinamicità non scontata e che aggiungono l’esplorazione spaziale a quella temporale di cui abbiamo già parlato. Un’altra fuga dalla logica della quotidianità. L’aperitivo: un Gin tonic scabiniano: pulito, dry, con quella doppia strizzatina di scorza, dentro e sul bordo, accompagnato da Jamón Iberico de Bellota (riserva Blazquez) e melone, e servito negli spazi intimi dell’American Bar del Grand Hotel Sitea, capitanato dal buon Beppe Loi da oltre 25 anni. Il dopocena: il Charro Negro, un long drink piuttosto sconosciuto e tipico de los Días de los muertos, del quale è meglio non chiedere gli ingredienti. La leggenda narra di un giovane di famiglia umile ma attratto dalla bella vita che fece un patto con il diavolo: avere tutte le ricchezze in cambio dell’anima. Quando arrivò il fatidico momento di pagare il debito, il Charro pregò per un’alternativa e riuscì a negoziare un secondo patto: fintanto che riuscirà a portare altre anime al diavolo, potrà mantenere la sua. E così nacque la figura del Charro Negro, un cavaliere affascinante vestito di nero che vaga la notte senza sosta in cerca di anime da sedurre.
Al posto del menu, a fine serata, al commensale viene lasciato qualcosa di molto più prezioso: il libretto di sala, proprio come all’opera. Non un semplice elenco di portate, ma una raccolta di curiosità, informazioni e spunti di riflessione che permette di riassaporare con la lettura la serata appena trascorsa. Un oggetto da custodire sotto il cuscino e da rileggere nei giorni nostalgici per risvegliare la memoria gustativa, per riaccendere il calore al cuore e per ricordare la serata festiva di fine estate, persa nello spazio e nel tempo, che tutto il team del Ristorante Carignano ci ha regalato.
Ristorante Carignano
Via Carlo Alberto, 35
10123 Torino (TO)
Tel: +39 011 517 0171
www.ristorantecarignano.it