Testo di Nicola Dal Falco
Foto cortesia di Certa
Si chiama Matteo Ceravolo, milanese di origini siciliane e responsabile del portfolio liquers and spirits di Certa Platform, uno dei tanti/pochi italiani per cui il polo magnetico è spostato a est. E da quella parte “tira” la vita, in senso umano e professionale. È interessante scoprire come, spesso, questo ri-orientamento esistenziale, passi dalla scoperta di qualcosa, piccola e relativa, ma capace di incantare e indirizzare altrove.
Nel caso di Matteo è stato l’incontro con il sake che, definito correttamente, si tratta di una bevanda ottenuta dalla fermentazione del riso, non un liquore o un distillato. Teoria e prassi del sake, come per tutte le cose giapponesi, coinvolgono la sfera del rito e le relazioni con il prossimo, in una complessa semplicità che rappresenta forse l’ottanta per cento del fascino esercitato su un occidentale. Matteo Ceravolo compie i suoi studi al Liceo scientifico milanese Alessandro Volta e si iscrive alla facoltà di Marketing della Bicocca. Terminati i tre anni, parte per Londra dove scopre che il sake: “ha un grande potenziale a livello commerciale e gastronomico e si sposa bene con la cucina italiana. Non sono un grandissimo consumatore di sake, ma ho capito subito che con l’amore italiano per il Giappone e la sua carica umami, privo di acidità, il sake poteva funzionare benissimo soprattutto con la cucina del sud, ad esempio quella siciliana”.
Di ritorno a Milano, le nuove conoscenze prodotte dalla passione per il sake, lo portano sia a collaborare con il ristorante Sakeya The House of Sake in via Cesare da Sesto, bistrò, bar e grande shop di etichette della bevanda fermentata di riso. Il dado è tratto e Matteo decide di aprire il sito, tuttora attivo, di Milanosake, molto più di uno shop on line. Da parlare di sake con competenza a vivere in Oriente non è così difficile, basta volerlo. E Matteo nel 2017 è a Hong Kong, inizia a lavorare al Sake Central, un enorme spazio monotematico dove, oggi, svolge il compito di co-founder e director of operations.
L’incontro con Gualtiero Marchesi e quello con Ginepraio, gin green e toscano
Restiamo ancora, per un attimo, nell’orbita della bevanda fermentata di riso, per dar conto di un aneddoto che riguarda indirettamente anche me. Ho lavorato per Gualtiero Marchesi, dal 1992 fino alla sua morte e sapere che Matteo Ceravolo l’ha incontrato una sera allo Zazà Ramen, in via Solferino, dove era di casa, mi stuzzica un po’ di malinconia nei confronti del maestro. “Ricordo una persona – sottolinea Ceravolo – completamente a suo agio in mezzo alla gente, diretto, curioso, carismatico e con un approccio che definirei “pratico” nelle cose che lo interessavano. Evidentemente, il locale gli era familiare e la compagnia quella giusta”. Nel 2020, è primavera quando Matteo inizia a collaborare con Keti Mazzi sul progetto di Certa Platform, il grande catalogo di enogastronomia (a cui si è aggiunto recentemente lo spazio fisico di Casa Certa, sempre a Hong Kong) mettendo a frutto e ampliando la sua conoscenza di prodotti e produttori italiani.
Tra questi, un posto d’onore se l’è ritagliato il gin Ginepraio. Questo gin, chiamato affettuosamente Ginepraio, non solo per via della bacca da cui nasce, ma anche del “ginepraio” in cui Enzo Brini e il suo socio Fabio Mascaretti, uno toscano e l’altro marchigiano, si sono cacciati per realizzare un gin che fosse bio e frutto solo di essenze made in Toscana. Il risultato lo descrive bene lo stesso Matteo, sottolineando che: “Ginepraio non è il solito gin macedonia e le sue botaniche, selezionatissime, in giusto numero e in equilibrio fra di loro, gli conferiscono un gusto pulito, sapido e setoso. Un vero gin London dry, nato anche per costruire cocktail”. “Inoltre – continua Matteo – ne è stata creata una versione in anfore di cocciopesto, l’antico materiale che ha garantito la perennità dei monumenti romani. Il cocciopesto non è un materiale aggressivo e garantisce la miscroossigenazione, ottimo per trasformare, dopo sei mesi di invecchiamento, Ginepraio in Ginepraio Amphora Navy Strenght. Una delizia non un gioco da fighetti”.
Due cocktail Ginepraio che si bevono a Hong Kong
Seguendo i consigli di Matteo Ceravolo, il primo cocktail è il Marsala Martini con Marsala Secco Martinez, Ginepraio London Dry, guarnito con un’oliva “Bella di Cerignola” di Muraglia. Si abbina con del pane al burro e le acciughe in olio evo di Testa Conserve.
Il secondo cocktail, The Prince, ideato da Matteo Stefani, bartender a Hong Kong, è composto da Vermouth Dry, Mezzoemezzo di Nardini, Ginepraio Amphora Navy Strenght, Bitter Violento e guarnito con scorza d’arancia amara. L’abbinamento con Olive incaminate di Ciccio Sultano, cuoco due volte stellato di Ibla.