Il Bistrot evolutivo di Michele Gilebbi e Valentina Greco, tra Alimentari, Patatine & Sangria
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Nana
Il sentimento oltre il piatto che racchiude un ristoro non dovrebbe mai esser dato per scontato. Questo è ciò che mi rammentano realtà come Nana. Scovai il locale agli esordi, su perentoria dritta del buon Mauro Uliassi. Era una stagione insolita per Senigallia, dove il clima autunnale faceva ruzzolare balle di ombrelloni dismessi in uno scenario dal film western balneare. Michele Gilebbi e Valentina Greco avevano inaugurato (già 7 anni fa) il loro fulcro espressivo in un parallelepipedo lungo e stretto, con pochissimi coperti e tanta voglia di fare nel tratto pedonale di Via Carducci. Solo dopo parecchio tempo scoprii che quella zona ormai ampiamente riqualificata – oggi sede della movida cittadina e ospitante insegne quali la premiata Gelateria Brunelli – era un’area malfamata, dedita allo spaccio e snobbata dai locals. Non solo, quel minuscolo contenitore di passioni che avevano messo in piedi, sorgeva in un ex-centro estetico di dubbio conto. Rivalutazione urbanistica che fece scegliere ai due il simbolo del pettine come logo da porre sotto il nome del progetto: Nana, appunto, in omaggio ai versi di Garcia Lorca. Sì, perché c’è un richiamo ispanico che caratterizza profondamente l’identità di questo luogo. Ci arriveremo a breve. Nel mentre, chiudendo la parentesi sentimentale, rimasi incatenato sin dalla priva visita alla cura trasmessa da quel piccolo bistrot. Vibrazioni magiche rivolte all’accoglienza, alla grazia estetica e a un ventaglio di emotività denso e svolazzante al tempo stesso. Michele, lo chef, sbucava a malapena dalla feritoia del pass rivolto alla sala, spadellando a tutta birra in un cubicolo senza proferire fiato.
Gilebbi è sempre stato così: poco loquace e integralmente direzionato ai fatti. Eppure ne avrebbe di cose da dire su questo settore: originario di Fano, instradato alle stufe da giovanissimo dopo la scuola alberghiera, si è catapultato nel circuito della ristorazione con le sue sole forze autogestendo numerosi locali sia autoctoni, che extra confine. Una scuola d’autore alle spalle – sotto il marchio del maestro Vincenzo Camerucci – poi ben 22 anni fa l’innamoramento per la Spagna che accennavamo prima. Con un pugno di soci e collaboratori apre El Deseo (ancora attivo) a Granada, rievocando un’altra poesia di Lorca che in queste lande spopola quale autore protagonista. Prima, durante e dopo, il filo rosso dell’amore lo connette all’animo dolce di Valentina. Compagna di vita da una vita, che lo supporta in ogni passo sino al rientro sul suolo marchigiano. Smussando, riempiendo e completando le sfumature caratteriali riservate di Michele con il suo approccio in sala solare, fine e charmant fuori misura. In coppia, le idee le hanno disposte in campo, chiarissime, fin dallo start: materie prime eccelse (di cui molte importante dalla penisola iberica); piatti intuitivi, saporosi e minimali; selezione di vini artigiani che provengono dal bacino del naturale, ma scelti con estrema perizia e sensibilità. In brevissimo, Nana è diventato un place to be per molti aficiodanos locali e per i gastro-amatori in rotta senigalliese. Tanto da consentire un ampliamento dello spazio originale (letteralmente raddoppiato) e in continuità, anche l’apertura di un alimentari adiacente al bistrot. Predisposto a dispensare bottiglie, conserve, salumi e formaggi di vaglia, pasta, riso e prelibatezze ricercate dentro e oltre il terroir italico. In combo a qualche portata espressa dal genuino slancio materico.
UN PICCOLO GRANDE BISTROT
Rendere ulteriormente pop e accessibile quel che solletica le memorie papillari delle persone è sempre stato l’obiettivo trainante nella cucina di Gilebbi, mirando a ciò che è buono per definizione. Missione centrata in pieno lungo ogni sponda espressiva, che si tratti di tradizione indigena, influenze internazionali o rimandi ispanici radicati nel proprio stile. Penso al signature-dish dell’Arroz a banda – rinominato riso secco – finito in forno con un’iperbolica crosticina salmastra di chicchi di riso, brodo di pesce e carabineros XXL adagiati a fine cottura nella loro possente tenuta iodata. Ancora il Vitello tonnato, guarnito con steli e foglie di capperi sott’aceto in brio elettrizzante; il Tiradito di baccalà con insalata di arance e olive; la Burrata farcita con polpa di granchio che duetta in dolcezze lattiginose e acidità fruttate in compagnia del gazpacho di pomodoro. Le Acciughe del Cantabrico (top di gamma) sono servite sia marinate in casa che dissalate, con il coerente apporto catalano del Pan y Tomate. Il Petto d’anatra glassato con fondo agli agrumi ammicca a un’anatra all’arancia che sorvola atmosfere eighties in rinnovata verve contemporanea. Non mancano digressioni libere da qualsivoglia restrizione geografica o mentale: Focaccia homemade (deliziosa) con burrata e patanegra; Polpo essiccato e crunchy disposto in un atletico carpaccio; Crostini con burro e aringa affumicata dalle texture sinuose e un prorompente Fusillone di Pasta Massi (artigiano locale) alla bisque di gamberi e tartare di calamaro. Stessa mano sui dolci: una Crostatina di frolla, crema pasticcera e fragole di bontà imbarazzante; i Cannoncini di sfoglia da farcire al momento, confezionati dalla Pasticceria 2000 di Marotta (dove opera l’inossidabile papà di Valentina); una Coppa Spagnola con gelato e amarene da capocciate sui muri. Quest’ultima, recentemente migliorata grazie all’acquisto di una macchina Carpigiani. Perché un altro pallino di Michele è quello per la ricerca e sviluppo tecnologico in campo alimentare. Tassello che ha promosso in vari ambiti a dir poco vincenti.
PATATAS NANA & SANGRIA
“Le patatine le abbiamo sempre servite come tapas nel locale a Granada e andavano tantissimo, così ho deciso di farmele spedire anche al Nana quando abbiamo aperto” racconta Gilebbi introducendoci il side-project di Patatas Nana. “La clientela apprezzava e carpiva subito la differenza dalle canoniche chips in busta. Quando testi qualcosa di buono, diverso dall’ordinario ma attinente alla quotidianità, il tuo palato registra e non torna più indietro. Osservata la risposta così positiva mi sono confrontato col mio socio per capire se potevamo ampliare la produzione su larga scala mantenendo il livello qualitativo e abbiamo fatto diverse prove partendo dalle basi. La tipologia di patata, di varietà agria, raccolta, coltivata e lavorata da noi in laboratorio direttamente in Spagna. Poi un processo di manodopera a sottrazione, che prevede di azzerare l’amido, abolire anti-germinanti e friggere in padella invece che a nastro, come avviene nella produzione industriale.
Anche la scelta nel packaging è stata concepita per tutelare l’integrità e la croccantezza della patatina. Sono talmente pure ed essenziali, sin dalla lettura dell’etichetta, che in brevissimo tempo hanno generato un boom di vendite in tutta Europa e non solo. Oggi il brand di Patatas è diventato senza dubbio il core business delle mie attività. Viaggia alla velocità della luce senza accennare a spegnersi. Anzi, grazie alla pandemia moltissime botteghe o realtà di nicchia hanno scelto di rivolgersi a noi per differenziarsi nella loro offerta da banco. Un’iniziativa che ci ha aperti al mondo dei prodotti confezionati con un’ottica diversa, avvalorata dal trattamento delle materie prime e dal modo di comunicarle. Così siamo usciti in seconda battuta con la versione della patata in fiammifero, preservata in un barattolo ideato appositamente per tutelare l’effetto crispy. Da pochissimo infine c’è in ballo questa follia della sangria in lattina. Avventura che ci sta già regalando impensabili soddisfazioni”.
Se non avete mai provato le patatine di Nana vi state perdendo qualcosa di grosso, vi avverto, ma l’inedita autoproduzione di questa bibita ispanica merita anch’essa qualche virgolettato in più.“Come per le patate, anche la sangria è nata un po’ per sfida un po’ per gioco – spiega – la facevamo ogni tanto al ristorante per gli amici, utilizzando vino buono e frutta fresca che la differenziava subito dal 99% delle varianti rintracciabili in commercio. Quando ho adocchiato i primi prototipi di vini serviti in lattina, molto in voga all’estero, mi sono chiesto se potevo adattare quella tipologia di contenitore su qualcosa di attinente alla nostra identità. Mi attraeva l’idea di un formato così insolito che non altera le virtù alcoliche del prodotto. Il mio primo contatto è stato quello con Natalino della Fattoria San Lorenzo. Personaggio monumentale e produttore enologico cardine nel territorio marchigiano. Inizialmente pensavamo di utilizzare un vino sfuso qualsiasi. Eppure lui, fomentato dal progetto, ci ha gentilmente concesso di utilizzare il suo Di Gino rosso. Uno starter di lusso che ha agevolato drasticamente la realizzazione finale di ciò che ci eravamo immaginati. Su questa matrice alcolica mi sono mosso applicando una ricetta andalusa: pesche macerate una notte con zucchero, fette di arancia intere e buccia di limone. Poi è approdato nel progetto un altro genio del miscelato e della profumeria quale Oscar Quagliarini.
Il tutto, manco a dirlo, si è impennato su direzioni ancora più performanti. Oscar ha tradotto la mia ricetta in spirito naturale con delle tinture madri degli ingredienti che già utilizzavo, applicando anche una punta di estratto di vaniglia. L’intento comune era di non rovinare il vino e nobilitare una bevanda troppo spesso denigrata o di scarsa fattura. Apportare autorevolezza a una bibita servita in lattina ci sembrava qualcosa di molto potente da raccontare. Così è stato, perché quasi nella stessa misura delle Patatas le richieste toccano già volumi importanti. E noi cerchiamo comunque di migliorarci continuamente. Dallo zucchero semolato classico iniziale, siamo arrivati a usare solo il fruttosio. Le percentuali della ricetta vengono aggiustate in divenire e anche per il contenitore ci saranno belle novità in futuro. Uno dei sogni è di raccogliere con Natalino l’uva a un grado zuccherino già alto senza bisogno di aggiungere zuccheri. Introdurre ricerca e qualità su questa fascia di prodotti popolari è una storia che, in parallelo al Nana, ci sta facendo crescere tutti vertiginosamente. In cantiere conserviamo molte nuove idee e collaborazioni che forniscono stimoli illimitati. Oltre a restaurare il piacere dalle cose più quotidiane e sincere in campo enogastronomico. Un bagaglio che, dopo le ansie della pandemia, esprime una gamma di sapori ancora più liberi e buoni da assaporare”.
Nana Piccolo Bistrot
Via Giosuè Carducci 19
60019 Senigallia (AN)
Tel: +39 071 64999