Testo di Greta Contardo
Foto cortesia di Bocuse d’Or Europe
Il Trøndelag rappresenta l’essenza della Norvegia e di tutto ciò che è norvegese: ci sono alte montagne e vasti altopiani, foreste e valli profonde. Ci sono gli allevatori di renne sami che curano le loro mandrie, l’aurora boreale, la neve, tanti animali selvatici e una terra inaspettatamente molto fertile, nel centro del Paese. E poi la costa, con i fiordi che offrono paesaggi da cartolina, antichi villaggi di pescatori, piccoli isolotti che celano piccolo-grandi gemme culinarie, tra cui i frutti di mare, tranquillamente definiti the world’s best seafood, senza spocchia ma solo con buona consapevolezza del patrimonio marino che nelle fredde acque dei fiordi e mari norvegesi trovano le condizioni climatiche perfette per crescere.
Trondheim, la capitale, è stata una delle città più importanti del Paese fin dalla sua fondazione da parte di Olav Tryggvason nel 997. Il Trøndelag è stato nominato Regione Europea della Gastronomia nel 2022 e Trondheim è attualmente considerata la capitale gastronomica norvegese. Non è casuale la scelta di questa particolare food destination per le finali della selezione europea del Bocuse d’Or 2023 – 2025. La Norvegia è l’ideale per questa manifestazione: è una nazione ricca di carne, pesce, frutti di mare e anche formaggi, tutti elementi di spicco nel concorso. Era dal 2008 che il Bocuse d’Or Europa non presenziava in Norvegia, quando si tenne a Stavanger.
Rapida digressione su cos’è il Bocuse d’Or. Immaginatevi la gara culinaria più emozionante, ufficiosamente un ibrido tra le Olimpiadi e gli Oscar della cucina, orpelli annessi: squadre in uniforme e toque blanche, tifoserie con bandierine, bandierone, sciarpe, mascotte, striscioni e trombette, parate di sponsor (che rendono possibile la magnificenza), cartelloni pubblicitari in giro per la città che promuovono i singoli team. Si sfidano, nazione contro nazione, all’interno di un’unica arena in una due-giorni di competizione di 5 ore e 30 minuti di tensione, precisione millimetrica e cardiopalma in cui devono preparare un piatto e un vassoio seguendo i temi della selezione (materie prime locali scelte) con un twist identitario della nazione di rappresentanza. Vengono giudicati da una giuria di cucina che osserva ogni singolo movimento (e ogni grammo di sporco in eccesso) e da una di assaggio che scrupolosamente esamina ogni boccone.
C’è un podio e i premi sono le statuette (vedi gli Oscar) dell’iconico Paul Bocuse in bronzo, argento e oro; e le medaglie (vedi le Olimpiadi). I team composti principalmente da candidato, commis, aiutante e coach si sfidano a colpi di padelle e coltelli (per sfilettare) incitati da un tifo da stadio all day long. La finalona del Bocuse d’Or si tiene ogni due anni a Lione dal 1987 (quando Paul Bocuse la ideò), mentre le selezioni nazionali e continentali nei due anni tra una finale all’altra si occupano di eleggere i 24 candidati che accederanno alla sfida mondiale. Oltre a una – scontata – preparazione tecnica impeccabile, a decidere le sorti della gara sono l’armonia simbiotica della squadra, l’organizzazione maniacale e il timing perfetto che deve spaccare il minuto. È ancora scarsissima la presenza femminile a testimonianza, che la strada da fare per rendere il concorso più contemporaneo (e forse più popolare) è ancora lunga e con buone prospettive di crescita.
La Spektrum Arena di Trondheim ha ospitato il grande show europeo che ha visto trionfare, a conferma di ogni pronostico, i Paesi scandinavi con Danimarca al primo posto, Svezia al secondo e Norvegia al terzo posto. Mentre il tema del piatto prevedeva la carne di renna della regione di Røros abbinata all’acquavite LINIE, il brandy nazionale, il vassoio ha messo in risalto il pesce tipico del Nord Europa, lo skrei, accompagnato dalle capesante dell’isola di Frøya. Riconoscibili sia visivamente che per il loro sapore, questi prodotti dovevano essere accompagnati da tre guarnizioni presentate sul vassoio: due vegetali e una a base di stoccafisso norvegese tradizionale. Nelle loro ricette, i team dovevano poi includere almeno un ingrediente riconoscibile dal gusto del paese che rappresentano, come forte simbolo del patrimonio culinario di rappresentanza.
Sebastian Holberg Svendsgaard, il candidato danese, si è distinto realizzando, per il tema del piatto, un menu che celebra l’abbondanza del raccolto danese di fine inverno ispirato a Freyr, dio nordico venerato per garantire la prosperità. Per il tema del piatto, la squadra danese reso omaggio alla natura con forme organiche che evocano onde, increspature della sabbia, foglie e fiori. La Gran Bretagna ha ricevuto il premio speciale per il miglior piatto, l’Ungheria per il miglior vassoio e Noel Moglia (Svezia) ha ricevuto il riconoscimento come miglior commis della competizione.
Il team italiano composto dal trio internazionale con Marcelino Gòmez Vita, italo-argentino che ha imparato a conoscere la competizione dall’interno (prima come giurato per l’Argentina poi come allenatore per la Colombia), il commis danese Benjamin Sørensen e il coach italiano Alessandro Bergamo (già noto per il decimo posto al Bocuse d’Or 2021) si è classificata al settimo posto, il più alto risultato degli ultimi tempi, accedendo di diritto alla grande finale di Lione 2025 (insieme a Regno Unito, Francia, Ungheria, Islanda, Slovacchia e Finlandia, oltre ai tre del podio). Tra i giurati all’assaggio, in rappresentanza dell’Italia, c’erano i tristellati Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba e Fabrizio Mellino dei Quattro Passi di Nerano.
Questo successo non è casuale: dietro c’è il duro lavoro dell’Accademia Bocuse d’Or Italia, che ha collaborato con la Federazione Italiana Cuochi per creare un team da urlo. Un anno di allenamenti tra Argentina e Cast Alimenti a Brescia ha portato la squadra al successo, conquistando una settima posizione che per gli italiani vale più dell’oro. L’Italia ha sicuramente portato la sua italianità in tavola, con un vassoio ispirato al mosaico fiorentino che avrebbe fatto invidia a Michelangelo e ricette rispettose delle richieste della gara ma partendo da ingredienti italiani iconici come il Parmigiano Reggiano, cipolla di Tropea e aceto balsamico tradizionale.
Per il piatto, l’Italia ha presentato la Renna leggermente affumicata in crepine e lardo, servita con porcini, insalata di mele fresche e foie romanesco. In secondo servizio: terrina di lingua e stinco di renna in spuma di acquavite. Così l’ha presentato Marcelino: “Ho preso prodotti italiani come i porcini, il romanesco, per adattarli alla renna, aggiungendo il grasso più usato in Italia, che è il lardo di Colonnata, dato che la renna è magra. Per quanto riguarda la terrina di renna, lingua e stinco mi sono ispirato a una ricetta che mia madre fa a Natale, ovvero lingua, patate e uova e l’ho adattata al concorso”.
Super scenografico il vassoio intitolato Il commesso fiorentino che fin dal titolo “si ispira alla tecnica decorativa del XVI secolo, una sorta di pittura su pietra che lavora sull’incastro perfetto di pietre semipreziose e preziose e marmi policromi di diverse dimensioni e finiture, giocando spesso su immagini floreali e botaniche. I mosaici a tutto tondo in cui il motivo floreale composto da sei petali bianchi può essere apprezzato a 360°. Le guarnizioni calde a base di barbabietola sono incastonate come pietre in supporti dorati sui lati esterni del vassoio, mentre le guarnizioni fredde a base di zucca sono presentate su tre preziosi rami fatti a mano che raffigurano una botanica immaginaria che mescola elementi reali e di fantasia, preziosi pistilli di perle e delicati fiori di finocchio. Una corolla dorata di pistilli racchiude il pesce e le capesante tenute in caldo dal meccanismo appositamente studiato” così lo descrive Astrid Luglio, la designer (che abbiamo già visto all’opera nel design del Circolino di Davide Longoni). Il vassoio, che è stato realizzato dalla Bugatti di Lumezzane, ha ospitato Skrei e capasanta agli agrumi con il suo corallo, zabaione erbaceo, barbabietola al balsamico e Parmigiano di zucca“. Due le guarnizioni: zucca e parmigiano; balsamico alla barbabietola e cipolla di Tropea; e uno il contorno: ravioli di baccalà mantecato e agrumi accompagnati da una spuma di scampi.
Nel concorso vengono utilizzati sei criteri di valutazione per il piatto e il vassoio, ognuno con un massimo di 110 punti per ogni giurato. Per entrambe le portate, la presentazione e la creatività valgono 20 e 10 punti rispettivamente. Nel piatto, la valorizzazione dei prodotti principali (bistecca di renna, lingua, stinco e acquavite) contribuisce con 5 punti ciascuno, mentre il contorno aggiunge 20 punti e le salse 10. Il gusto, la consistenza e il condimento della porzione principale contribuiscono con 30 punti. Per il vassoio, la portata principale vale 35 punti, i contorni 30, la salsa 5 e l’identità del piatto 10. Inoltre, nella selezione europea vengono assegnati punti bonus a discrezione della giuria di cucina. Questi punti bonus sono attribuiti in base alla valutazione della pulizia del box di gara, all’organizzazione della squadra, al controllo degli sprechi e all’interpretazione del tema.
L’Italia ha ottenuto un totale di 1381 punti, con poco più di 300 punti di differenza rispetto alla Danimarca, la vincitrice. C’è ancora un po’ di strada da fare ma la direzione intrapresa è senz’altro quella giusta. Con un team internazionale di questo calibro, la sfida di raccontare tutta l’identità italianità con stile e talento si fa molto eccitante. Appuntamento a Lione, a gennaio 2025!