Testo di Greta Contardo
Foto di Antonio Alaimo
Osti leggendari, vignaioli grandiosi, due giorni di musica e convivio: a Eboli sta succedendo qualcosa di molto speciale che profuma di collaborazione virtuosa e sa di consapevolezza che “insieme si può fare”. In realtà, sono quattro anni che succede, ma la notizia è rimasta custodita tra i segreti dei pochi che hanno partecipato. Ora però i tempi sono abbastanza maturi per parlarne, per parlare de La Notte degli Osti, un tradizionale appuntamento di inizio estate tra un gruppo di amici Osti sparsi qua e là per l’Italia, che ormai hanno preso la bella abitudine di ritrovarsi nel centro storico di Eboli.
Passione senza confini, delicato coraggio, vocazione all’ospitalità sono le caratteristiche principali di questo evento e del suo ideatore, Giovanni Sparano, un Oste con la O maiuscola con il sorriso dolce sempre stampato sulla faccia. Sempre con una bottiglia a portata di mano, Giovanni è quell’Oste che ti legge nel pensiero e ti riempie il bicchiere ancora prima che tu ti renda conto di averlo finito. Ha una certa attitudine all’accoglienza e al creare cose belle Giovanni. La storia de La Notte degli Osti coincide con la storia di Alberto/Ritrovo, l’enoteca con cucina che Giovanni e la moglie Laura Fantastico hanno aperto nel centro storico di Eboli nel giugno del 2019. Ebolitani entrambi (Laura di origini siciliane) erano andati a vivere a Parma nel 1997, lasciando una Eboli con ben poca linfa vitale, per costruire vita e famiglia.
Giovanni ha la passione per l’opera e la musica classica e nel 2007 si inventa, quasi per gioco, il Barezzi Festival con l’intento di promuovere e diffondere musica di qualità con un piccolo concorso musicale al suo Gran Caffè dei Marchesi a Parma. Si ispira ad Antonio Barezzi (cui si deve il nome del festival), il mecenate di Giuseppe Verdi che gli consentì di diventare il grande Maestro che fu. Negli anni il concetto di mecenatismo è rimasto alla base del festival che sempre più si è ampliato per esplorare le sfumature della musica tra classica e contemporanea e da un piccolo festival autoprodotto è diventato un importante appuntamento parmense – che quest’anno celebra i 18 anni di messa in scena – che ha accade in importanti luoghi sacri musicali della città, come i teatri. In quegli anni Giovanni entra in contatto con il mondo dei vini artigianali, prima incuriosito dalla continua richiesta degli artisti di “vino naturale”, poi da una bizzarra reazione allergica ai vini convenzionali. “Così conosco Diego Sorba, all’epoca proprietario del Tabarro di Parma, grande intenditore e oratore in materia di vini artigianali – racconta Giovanni – che nel 2014 mi introduce al mondo dei vini artigianali. Spariscono le reazioni allergiche, inizia una nuova grande passione”. Tra Giovanni e Diego nasce una sincera e solida amicizia che mette al centro la cultura del vino vero e dell’ospitalità genuina. Una questione di grande umanità tra grandi uomini.
Poi, motivi famigliari prima e la pandemia dopo, portano Giovanni a sentire il richiamo della terra natia e a dargli il coraggio di rientrare. Laura lo asseconda e lo affianca e insieme con grinta aprono Alberto/Ritrovo in un angolo di Eboli – il centro storico – un po’ decadente, tanto ricco di fascino quanto povero di qualsiasi servizio. Quando arriva il momento di mettere in ordine la cantina, a 20 passi dal ristoro, Giovanni non ci pensa due volte a dedicarla a Diego Sorba: la chiama Sor Diego al Pozzo e per l’inaugurazione invita l’amico a Eboli. “Così in modo goliardico nasce la prima Notte degli Osti, come la serata in cui Diego scese a Eboli per inaugurare la cantina – spiega Giovanni – e vennero poi chiamati altri Osti che dovevano portare una dote di vino e venne creato un menu dedicato. Il cuore del discorso non era però il vino, artigianale, ma la persona perché non basta inserire una bottiglia in una carta vini ci vuole qualcuno che sappia raccontarla”. La carica emotiva emanata da quell’unione è talmente potente che in un attimo quell’incontro si trasforma in un appuntamento fisso. E ora siamo qui a raccontarne la quarta edizione. L’idea alla base è sempre la stessa: diffondere un’idea di Oste che veicoli cultura, recuperando il senso di un luogo dove condividere, confrontarsi, convergere, astrarsi, rigenerarsi nella socialità e nella convivialità. I modi sono mutati, cresciuti, condivisi e La Notte degli Osti è diventata un evento corale che ha coinvolto gli altri locali del centro storico ebolitano con un focus sul vino artigianale e sulle persone che raccontano il vino, nell’ottica di rendere giustizia al concetto ispiratore di simposio: symposion > “syn” = con + “pínein” = bere >>> bere insieme.
Recitano i versi di presentazione dell’evento: “La tavola è quel luogo sacro dove si mette in scena e si condivide l’Arte del Convivio. Gli Osti ne sono i sacerdoti, veri e propri fiduciari e “sensitivi” in tema di Passione, Ospitalità, Selezione, Qualità, Preparazione, Genuinità e Piacere. Sono queste le Virtù Cardinali di quanto diviene persino limitativo chiamare “ristorazione”, poiché in presenza di tali elementi scatenanti si innescano all’istante altri meccanismi virtuosi, quali la tutela del patrimonio culturale materiale e immateriale di un dato territorio e la salvaguardia del lavoro di matrice e dimensione artigianale”.
Ma non solo vino, come spiega Giovanni: “L’evento è un piccolo volano per trainare Eboli a partire dall’ambito gastronomico, visto il tessuto industriale agricolo e la storicità gastronomica legata alla città e alla mozzarella. A Eboli si percepisce che sta nascendo qualcosa di buono, di nuovo, di collettivo e la ristorazione è il motore di questa ventata di aria nuova. Tutto grazie alla caparbietà, alla forza di volontà e al coraggio di 8-9 ristoratori che hanno fatto la cosa più difficile: si sono insediati in un territorio senza servizi, nel centro storico. E ci credono”.
E così ecco l’edizione 2024: sulla carta una fiera di vini artigianali con vignaioli presenti da ogni dove, masterclass di vino a cura di Diego Sorba, musica dal vivo in piazza, un pranzo greco in uno storico giardino e una cena collettiva in una sorta di grande osteria a cielo aperto. In effettivo: innumerevoli suggestioni, incontri umani di grande valore, pelle d’oca e colpi al cuore tra liricthe e discorsi e una certa sensazione di benessere che solo il cibo e il vino buonissimi in contesti sociali affascinanti possono dare.
La notte del 25 giugno, mentre il Chiostro del Museo Nazionale adiacente a Piazza San Francesco ospitava i vignaioli in fiera con i loro vini, la piazza è stata scenario del mix unico di roots-rock, blues, jazz e folk scozzese di Emma Morton & the Graces (Piero Perelli alla batteria e Luca Giovacchini alla chitarra). Un live sorprendente, spontaneo, che si è caricato di emozioni ancora più intense alla presenza speciale di Raphael Gualazzi, piano e voce, in armonico duo con Emma Morton.
La giornata del 26 giugno ha preso il via con un pranzo ellenico – preludio della Notte imminente – nel Giardino Vacca de Dominicis a cura di Giannis Koumanis, cuoco e gastronomo “Mageireion Versallies” di Kalamata e di Diego Sorba. Un pranzo che ha riunito osti e vignaioli – un giro del mondo di ospiti dal nord al sud Europa – per raccontare un’amicizia, quella tra Diego e Giannis. Spiega Diego: “È probabile che ognuno di noi abbia trovato nella vita un fratello o una sorella greci. E viceversa. Il mio personale una faccia, una razza è scoccato all’improvviso un giorno qualunque del 2007: Giannis è comparso al Tabarro come una meteora vagante e da allora ho capito che lontano da casa, di là dal mare, vivevano un luogo e uno spirito gemelli. Sognatore, partigiano, argonauta, peripatetico, rebetes, amico, il gusto educato e aggiornatissimo di Giannis e il suo sguardo curioso ed entusiastico sulla realtà lo rendono allo stesso tempo un autentico outsider e una vera antistar, oltre che un punto di riferimento. Giannis opera da quasi 25 anni nella sua Kalamata come cuciniere, ma le radici antiche di questa sua passione per il cibo da sempre sostengono e abbracciano quella per il vino genuino, l’unico che può essere concepito e servito in accompagnamento alle sue espressioni culinarie”. Il tutto con i vini idilliaci da Zante, Cefalonia e Peloponneso proposti da Costas Linardos (Ellenika) e Diego Sorba con il supporto di Le Clos, con i versi di A Zacinto di Ugo Foscolo e le letture di Patrick Leigh Fermor dal suo libro Mani. Viaggi nel Peloponneso.
Poi è calata la sera e i luoghi elementari del tessuto cittadino di Eboli si sono animati di persone e convivialità. Alberto/Ritrovo, Piazzetta Santa Sofia, Osteria Centro Storico, Il Panigaccio, Vicorua, Gattapone APS, Dogana, Il Papavero, Giardino Vacca De Dominicis sono le realtà coinvolte attivamente nella serata. Ciascuna ha accolto vignaioli e osti d’onore, ha creato un menu di quattro portate ad hoc con abbinamento vini, chiaramente artigianali. Questi gli osti coinvolti: Diego Sorba (Tabarro / Parma), Roberto De Filippis (Vineria La Posta/ Grottaminarda, AV), Alessio Zappasodi (Rimessa Barrio / San Benedetto del Tronto, AP), Simone Fanton (Cantina del Tormento – Fora Wines / Vicenza), Niko Brusco (Osteria Le Baccanti / San Marco Argentano, CS), Giannis Koumanis (Mageireion Versallies/ Kalamata – Grecia), Costas Linardos (Ellenikà / Roma). E questi i vignaioli: Daniele Corrotti (Az. Agr. Sàgona / Loro Ciuffenna, AR – Toscana), Salvatore Magnoni (Az. Salvatore Magnoni – Primalaterra / Rutino, SA – Cilento), Roberto Porciello (Cascina Boccaccio / Tagliolo Monferrato, AL – Piemonte), Giampiero Ventura (Le Quattro Volte / San Marco Argentano, CS – Calabria), Giulio Armani (Denavolo / Travo, PC – Emilia), Francesca Di Benedetto (Tunia / Civitella in Val di Chiana, AR – Toscana), Bruno De Conciliis (Vigneti Tardis / Acciaroli, Pollica – Cilento).
Libertà totale di gestione del menu e della serata, fatta eccezione di una cosa: ciascun luogo aveva il compito di preparare una portata con il pane de Il Forno di Vincenzo, una realtà specialissima del centro di Eboli aperta a dicembre 2023. È un forno sociale, è il sogno realizzato da Vincenzo Bardascino (ragazzo affetto dalla sindrome X fragile) con l’aiuto di una fitta rete di relazioni umane e di tutela della biodiversità. È Vincenzo stesso a sfornare un pane buono, sano, etico e ricco di significato e il Forno si fa portavoce di una sperimentazione sociale che rimodula welfare e criteri assistenziali, sottolineando un nuovo modello di protagonismo attivo e autodeterminazione delle persone con disabilità.
La nostra Notte degli Osti era partita con l’intento itinerante di far visita a tutte le realtà coinvolte. Nella pratica ci siamo arenate nella bellezza delle situazioni createsi a Vicorua che ospitava l’eccentrico vignaiolo Bruno de Conciliis (che vi abbiamo raccontato su Cook_inc. 33), poi a Il Papavero – il ristorante stellato di Maurizio Somma e della cui cucina ci eravamo già innamorate la sera precedente (ma questa storia ve la racconteremo a parte) – che ospitava Giulio Armani e Francesca Di Benedetto, poi ad Alberto/Ritrovo per calici e chiacchiere con Giampiero Ventura e assaggi di Carpaccio di Manzo Podolico con catalana cilentana e scaglie di Tomaccia Podolica dell’Alta Valle del Sele e allo scoccare della mezzanotte ci siamo ritrovati nell’incanto del Giardino Vacca de Dominicis con un folto assortimento di osti e con gli osti e cuochi Roberto de Filippis e Alessio Zappasodi alla console del gusto.
A mezzanotte e un po’ Diego Sorba ha tenuto la sua masterclass dal titolo Trovare il gesto naturale (che era programmata alle 17, ma la convivialità ha preso il sopravvento e dall’evento di apertura della serata è diventato quello di chiusura). Un momento raccolto per narrare un mestiere antico come la notte dei tempi, quello dell’Oste, e gli incontri scaturiti dentro l’osteria “vero e proprio terreno trasversale di umanità” che si sono via via amalgamati alla passione per la buona musica, a un ricco bagaglio culturale di sana letteratura, alla disposizione naturale verso l’ospitalità e all’istinto del viaggiare. Conclude Diego: “Scusate se ve lo dico ma a oggi un’Osteria vera, vera e propria, non esiste più. Gli Osti invece ci sono. Tutto quello che noi facciamo però c’è. L’importante è che ne rimanga sempre uno ritto in cima alla collina”. Una frecciatina su cui lascia molto a cui riflettere.
La notte è andata a sfumare sulle note improvvisate di Vinicio Capossela – che ha partecipato alla giornata concedendo perle di saggezza qua e là – che seduto al pianoforte della cantina Sor Diego al Pozzo ha iniziato a suonare e cantare con contagiosa allegria mentre Diego Sorba sbicchierava e affettava culatello in un’atmosfera quasi magica in cui si respirava l’essenza dell’essere Oste.
Con il cuore pieno, riportiamo alcune parole dette da Vinicio Capossela durante la fine del pranzo ellenico, due cose che pongono in relazione lo spirito di quello che è La Notte degli Osti con lo scritto di Patrick Leigh Fermor. “ Il suo libro più famoso ha un titolo splendido: Time of gifts, tempo di regali. E secondo me il tema della gratitudine è un tema che traspare in ogni parola, in ogni pagina. Rinnova la consapevolezza che l’incontro è il premio del viaggio e la separazione è il prezzo da pagare. Questa cosa ci dà la consapevolezza delle cose. Anche nella luce che traspare da questi vini c’è questo senso di gratitudine per tutti i nostri ospiti, per questo convivio. Alla gratitudine!” e all’anno prossimo, cari Osti.