Testo di Isabelle Grabau
Il Golden View riapre le porte ai suoi ospiti per vivere a pieno il nuovo format, specchiati nell’Arno e a un soffio da Ponte Vecchio. L’importante ristrutturazione dei 550 mq totali, affidata dall’imprenditore e proprietario Tommaso Grasso all’architetto Nicola Maggiaioli, ha voluto conservare l’originale impostazione, liberando gli spazi da ogni possibile ostacolo per godere di quella vista unica, sia dalle grandissime finestre che dall’entrata stessa del locale (in Via de’ Bardi 58).
Sono la vista e la dimensione artigianale e artistica le componenti valoriali di tutto il nuovo progetto che trova conferma nei preziosi complementi d’arredo, nelle opere presenti (con nomi del calibro di Karan, Staccioli, Maranghi, Chia e Maran Giuliano), e in materiali come marmo di Carrara e legno di ulivo, che si alternano in un gioco di presenze e divisioni, per scadenzare gli ambienti e caratterizzare il locale di “toscanità”. Tonalità bianche con nuances fumo in tutto il locale creano armonia e risaltano i colori della miriade di prodotti “in vetrina”. Dalla cucina alla pescheria nostrana, dalla gastronomia con raffinate proposte toscane, italiane e internazionali, fino alla pasticceria, al cocktail bar e ai panificati espressi, tutto è a vista.
Anche l’importante selezione di vini viene esaltata da una particolare vetrina progettata su misura, in grado di gestire temperature e umidità specifiche, dove si può riconoscere in piccolo, il grande della cantina del Golden View, curata dal Wine Hunter Paolo Miano, e seconda a Pinchiorri. La vera cantina, sempre in Via de’ Bardi, è considerata la seconda più importante in centro città. Inserita in un fondo del ‘400 appartenuto alla famiglia fiorentina dei Bardi, è naturalmente temperata e particolarmente predisposta alla conservazione delle “8000 bottiglie con un’anima da raccontare” come afferma con evidente passione Paolo.
Arriviamo finalmente in cucina, gestita dallo chef “architetto” sardo Paolo Secci, che con maestria dirige e armonizza tutte le anime gastronomiche del locale. Secci lascia gli studi in architettura per iniziare con dedizione una nuova esperienza che diventerà poi la sua vita; la cucina. “Quella sete di ricette, di nuove tecniche e metodologie culinarie non mi ha più abbandonato e, in tanti anni in giro per l’Italia e nel mondo, mi ha permesso di accumulare un bagaglio di conoscenze molto vario ed eterogeneo, ispirando costantemente la mia infinita curiosità per gli ingredienti e le materie prime tipiche dei luoghi dove ho lavorato” racconta lo Chef.
Cucina di mare e di terra con un occhio attento per i vegetariani, ricercata ma comprensibile, educatamente accattivante. Tra gli antipasti, interessanti la Tartara di storione bianco, bottarga di caviale e coste di bietole al wasabi e avocado, la Tartara reale di Fassona, il Piccolo cacciucco livornese e il Cervello di vitello fritto con scarola saltata, salsa allo yogurt e cipolle di Tropea in agrodolce.
Primi piatti con le paste Mancini, oppure fatte in casa con farina Senatore Cappelli (anche il pane e la focaccia), come le Linguine alle vongole veraci, zucchine fiorentine e caviale, i Ravioli di rana pescatrice, cozze, lupini e bottarga di muggine oppure le Pappardelle allo scoltellato di manzo brado della Maremma e melanzane al funghetto.
I secondi di carne passano dalla classica Fiorentina al Piccone d’Anjou ai fichi, alla T agliata di petto d’anatra Mulard con bietola barese al burro e purè tiepido di patate. Pescato fresco del giorno sempre presente e degni di nota anche i pesci elaborati come ililetto e guancia di baccalà Morro islandese al profumo di aneto con crumble di pinoli e scorza di limone e spinaci e lo Storione in crosta con asparagi saltati e salsa di soia al ginger.
Una cucina armonica con prodotti ben selezionati, in equilibrio tra sapori nostrani e contaminazioni creative senza mai scadere nell’eccessiva ridondanza o nella banalità. Consiglio il Sorbetto al bergamotto a fine pasto, fresco e succoso, perfetto per chiudere in leggerezza senza rinunciare alle nuances mediterranee che caratterizzano (quasi) tutta la cucina dello chef.
Un piccolo segreto: uscendo dalla porta del ristorante, sulla destra, si entra in un micro condominio dove al primo piano è nascosta una deliziosa Suite, arredata con pezzi di antiquariato e prezioso artigianato. Qui si organizzano eventi privati con vista (ancor di più) exclusiva.
Qualche domanda a Tommaso Grasso, che da 20 anni gestisce con accuratezza e tenacia il Golden View e i suoi 42 dipendenti.
Come sei entrato nella ristorazione e qual è stato il tuo percorso?
A 19 anni ho avuto il mio primo ristorante, grazie a mio padre che lavorava nel campo delle forniture per la ristorazione sono entrato subito in questo mondo e avevo già le idee chiare, mi ero costruito un “ristorantino” come volevo io, piccolo, amichevole, con piatti e vini particolari. Poi si è affacciata la possibilità del Golden View, 550 mq di ristorante. Era una pizzeria commerciale, un fast food asettico che sfornava coperti a non finire. Piano piano abbiamo iniziato a trasformarlo, con tanta fatica, debiti e impegno, per arrivare 20 anni dopo, a quello che è oggi.
Quali ruoli manageriali hai intrapreso durante gli anni al Golden View?
Diciamo che per molti anni mi sono dovuto occupare di formazione del personale, più che del rapporto con il pubblico, come magari preferisco oggi. Il personale, soprattutto agli inizi, per me era importantissimo. In un locale così grande tutti devono poter rappresentare la proprietà ed essere coerenti con i valori aziendali, perché sono la nostra faccia, che per ovvi motivi, non riuscivo a mettere in pista personalmente.
Qual è il target del Golden View?
Viste le tante possibilità di esperienza che si possono fare qui, va da sé che il nostro target è trasversale, ma a me piace pensare che il target del Golden View ricalchi esattamente il profilo di chi “ama Firenze”.
Sono tanti anni che hai questa meravigliosa vista davanti, e sono oramai tanti anni che fai questo lavoro, anche se sei giovanissimo. Cos’è cambiato da ieri a oggi lì fuori? E dentro di te?
Lì fuori, posso dire che non è mai cambiato nulla, oppure che è cambiato tutto. Ogni giorno la vista cambia, si scoprono particolari, intensità, scorci, che ieri non c’erano, o forse i miei occhi non erano pronti a coglierli. Ad esempio, nella sala a sinistra, se ti affacci alla finestra, solo da un punto esatto, puoi scorgere la cupola del Duomo. E questo l’ho scoperto dopo parecchi anni che ero qui! Per quanto riguarda me, questo fuori così importante, storico, imponente, mi ispira: mi sprona ad accostarmi sempre di più a quella vista, non solo sfruttarla. Cerco di avvicinarmi internamente attraverso l’arte, la musica, la ricerca sul cibo e il vino. Il fuori, quel meraviglioso fuori che è lì da sempre, è l’ispirazione più grande per fare meglio qui dentro.
Golden View
Via de’ Bardi, 58/r
50125 Firenze FI
Tel. 055 214502
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