Testo di Lorenza Fumelli
In questo momento dell’anno, in attesa che tutte le guide gastronomiche dispieghino le loro pagine nuove di stampa con segnalazioni, premi e votazioni, il desiderio di chef, clienti e gourmet è di veder salire, riconoscere o premiare questo o quel ristorante in particolare.
Il 2024 è l’anno in cui vorrei vedere Dogma nella guida Michelin (mi basta una segnalazione o un Bib Gourmand), coronato da almeno 2 Cappelli della guida Ristoranti dell’Espresso e avrei sperato in qualcosa di più che la singola forchetta del Gambero Rosso (punteggio 78).
Dogma, per chi non lo sapesse, è un ristorante di pesce con brace a Piazza Zama, a poche centinaia di metri dalla Basilica San Giovanni, in un quartiere – l’Appio Latino – salito curiosamente alla ribalta della gastronomia funky e alternativa della Capitale. Qui infatti è possibile riscontrare un’inaspettata concentrazione di nuove cave à manger di ottima qualità, oltre che trattorie interessanti e la pizzeria Sbanco di Stefano Callegari (tra le migliori d’Italia). Insomma, da far invidia all’11esimo arrondissement parigino, più o meno.
L’ Appio Latino è un quartiere vecchiotto, con una sua identità precisa, disegnata dalle botteghe degli artigiani, dai bar rimasti cristallizzati negli anni 80 e leggermente appesantito dall’età media dei suoi abitanti, con il contrappunto di una nuova generazione di genitori con bimbi piccoli, che ultimamente trovano qui un posto piacevole dove abitare.
Incastrato in uno dei palazzoni della circolare e ampia Piazza Zama, tra il Nice Bar e il piccolo supermercato della Pam, c’è Dogma. Non potete non vederlo perché è l’unica insegna con un pizzico di modernità. Dentro, ad accogliervi, c’è Alessandra Serramondi, sempre sorridente, determinata e molto ambiziosa, nonostante qualche difficoltà a reperire il personale (un problema condiviso con molti). È lei a dirigere lo staff di sala ed è suo papà che fornisce parte delle materie prime, mentre suo marito, Gabriele Di Lecce, è lo chef della casa, con pochi aiuti ma tantissimo estro.
Gabriele Di Lecce lo abbiamo già visto al fianco di Lele Usai, per cinque anni sous-chef al Tino di Ostia, ma anche con Nino di Costanzo a Ischia o con Anthony Genovese al Pagliaccio, nave scuola di molti giovani dal talento indiscutibile. L’impronta della sua cucina segue un’idea tanto semplice quanto interessante: ogni piatto deve avere una componente preparata alla brace. Un Dogma, appunto, che guida la sua creatività in modo inaspettato e divertente, e soprattutto dona un carattere ben preciso ai piatti.
Per esempio, la frisella Tra grano e mare, realizzata con il grano Senatore Cappelli e grano della casa, dove la bagna è il gazpacho grigliato, la crema di cipolla affumicata fa da base all’acciuga marinata e poi stracciatella, capperi fritti, pomodori confit e basilico viola. Un piatto azzeccato, divertente e sapido quanto basta per aprire il palato.
Oppure le Girelle di Pasta, grigliate, ripiene di stracchino (di Alchimista Lactis, piccola e giovane azienda casearia nel Parco del Veio), affumicato a freddo e poi servite con zucchine alla griglia arrotolate intorno, una crema scapece e uno scampo crudo. Un piatto eccellente realizzato con vari livelli di cotture e affumicature, affatto semplice da fare, ma semplicissimo da gustare e questa è anche un’altra delle caratteristiche dei piatti di Dogma.
Gabriele è un cuoco instancabile. Dopo il servizio inizia tutto il lavoro di preparazione per il giorno successivo, la griglia si accende soprattutto la sera dove avvengono le procedure di affumicatura e le cotture più lunghe. Un turno quasi circolare il suo, segno della grande passione che mette nella sua cucina.
Il menu cambia in fretta, molto dipende dagli ingredienti reperibili in quel momento al mercato e anche le verdure seguono il dogma della stagionalità, arricchite poi da questo lavoro straordinario con cotture e profumi.
Si può ordinare dal menu Trapper (5 portate a scelta dello chef) a 48 euro o andare alla carta per un ticket finale di circa 60 euro (esclusi i vini). A proposito dei vini, la scelta ammicca sempre all’area del biologico, biodinamico e naturale (d’altronde nel quartiere ormai se lo aspettano) con bottiglie anche più indicate per un pubblico curioso ma non necessariamente esperto.
Passando davanti all’ingresso qualche giorno fa, ho visto alcuni operai al lavoro all’interno della sala. Ritengo che stiano ponendo rimedio all’unica pecca che aveva il locale fino a questo ottobre 2023: l’estetica. Troppo bianco, poco arredato, poco caldo.
In conclusione, Dogma è il ristorante migliore che mi sia capitato di provare negli ultimi tempi. Per intuizione, talento, idee nuove, gusto oggettivo, impegno dei ragazzi (tutti), passione e dedizione. Spero che il contesto intorno non gli diventi stretto perché fino a ora, questo curioso binomio tra Piazza Zama e il suo ristorante di ricerca, sta funzionando alla grande.
DOGMA Ristorante
Piazza Zama, 34
00183 Roma (RM)
Tel: +39 06 8667 9819
www.ristorantedogma.com