Testo di Lorenza Fumelli
Foto cortesia
Kuala Lumpur è un cittadone pieno di enormi palazzi luccicanti, strade larghe e pulite, e nonostante l’asfalto domini il paesaggio, la vegetazione si affaccia impertinente ai lati di ogni strada, rigogliosa. Ci troviamo in una delle nazioni più suggestive del mondo: la Malesia. La popolazione è formata da malesi, cinesi e indiani (per lo più) che convivono conservando le loro tradizioni, usi e costumi e religioni, così come il paesaggio: un insieme di scenari diversi, incastrati tra loro. Dalle zone incontaminate e selvagge ai grattacieli delle grandi città; dai resort di lusso in riva al mare al porto di pescatori locali; dalle montagne verdi ai misteriosi e antichi templi.
E poi c’è la giungla.
Da quando l’alta cucina mondiale si è dedicata all’indigeno – o endemico direbbe qualcuno – i luoghi più remoti del mondo, soprattutto quelli dal clima equatoriale, sono diventati emporio di ingredienti prima sconosciuti, a uso e consumo dei grandi chef. Non mi spingerei a dire che oggi questi ingredienti siano utilizzati nelle cucine del popolo, però almeno ne abbiamo iniziato a conoscere il sapore. In quest’ottica, uno degli chef più interessanti è senza dubbio Darren Teoh, nel suo Dewakan (combinazione tra le parole malesi Cibo e Dio) al centro di Kuala Lumpur. In particolare, siamo nelle Naza Tower dove si può godere della spettacolare vista sulle Petronas Towers.
La parola d’ordine da Dewakan è ricerca. Non è un caso che Darren Teoh nasce come professore universitario con una straordinaria attitudine alla scoperta di nuovi ingredienti, molti dei quali nascosti proprio nella famosa giungla malese, luogo di miti mai tramontati.
Quindi ogni piatto del ristorante si basa sull’utilizzo di uno di questi segreti ben nascosti nella vegetazione non distante dalla città. Sapori a volte riconoscibili, altre volte molto meno ma sempre estremamente interessanti, come anche la spiegazione che avviene tra gli spazi dell’imponente cucina prima della cena e che, una volta tanto, sembra essere davvero necessaria.
Ma quando si arriva a tavola tutto diventa ancora più comprensibile. La cucina non è necessariamente asiatica, e forse è la cosa che mi ha colpito di più. Asiatico, d’altronde, vuol dire poco quando le radici si fondano in un mix di culture diverse, di molteplici influenze e di tanto studio: quello che sembra contare di più non è l’essere classificati in un genere di cucina, ma piuttosto servire piatti concreti, dove questi ingredienti unici diventano protagonisti.
E c’è estetica, eleganza, una continua tensione tra classico e avanguardia, in un menu di che spazia tra elementi di lusso come il caviale, la carne cruda di cervo, il gambero Tatus Hitam – che è più un lobster – il piccione, ed elementi strettamente legati alla tradizione indigena, come il miele di Kelulut o il riso fermentato al vino di Palma (Toddy). Piatti dal design perfetto e decisamente pionieristico dove lo stile à la francese incontra la Malesia, i suoi profumi, i suoi ingredienti unici.
Ecco, questo è il livello di complessità del pensiero di Darren che si esprime nel piatto in qualcosa di semplicemente bello, buono, curioso e divertente: traduzione al pubblico degna solo di un grande chef. L’esperienza da Darren Teoh è dunque stata magnifica. Sia per la bellezza del ristorante che per la bravura dello staff. E naturalmente per questa cucina, finalmente – mi sia concesso – trasversale, dinamica e non riducibile a un unico concetto.
Vale la visita a Kuala Lumpur.
Dewakan
Platinum Park, Level 48 Skyviews, Naza Tower
Persiaran KLCC, Kuala Lumpur City Centre
50088 Kuala Lumpur
Federal Territory of Kuala Lumpur – Malesia
www.dewakan.my
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Dewakan in Kuala Lumpur: jungle is served*
Words by Lorenza Fumelli
Kuala Lumpur is a bustling city full of towering, glittering skyscrapers, wide and clean streets, and although asphalt dominates the landscape, lush vegetation defiantly lines the edges of every road.
We are in one of the most captivating countries in the world: Malaysia. The population mainly consists of Malays, Chinese, and Indians, who coexist while preserving their traditions, customs, and religions. The landscape mirrors this diversity, offering a mix of different scenes interwoven with each other. From pristine and wild areas to the skyscrapers of major cities; from luxurious seaside resorts to local fishing ports; from verdant mountains to mysterious ancient temples.
And then there is the jungle.
Since haute cuisine worldwide has turned its attention to indigenous – or endemic, as some might say – ingredients, the most remote places in the world, especially those with an equatorial climate, have become a treasure trove of previously unknown ingredients for top chefs. I wouldn’t go so far as to say that these ingredients are now common in everyday cooking, but at least we have begun to experience their flavors.
In this context, one of the most interesting chefs is undoubtedly Darren Teoh, with his restaurant Dewakan (a combination of the Malay words for “food” and “god”) in the heart of Kuala Lumpur, specifically in the Naza Tower, where you can enjoy a spectacular view of the Petronas Towers.
The keyword at Dewakan is exploration. It’s no coincidence that Darren Teoh started as a university professor with an extraordinary aptitude for discovering new ingredients, many of which are hidden in the famous Malaysian jungle, a place of timeless myths.
Each dish at the restaurant is based on one of these well-hidden secrets from the nearby vegetation. The flavors can sometimes be recognizable, other times much less so, but they are always extremely interesting, as is the explanation that takes place in the amazing kitchen before dinner, which, for once, seems truly necessary.
When you finally sit down at the table, everything becomes even clearer. The cuisine is not necessarily Asian, and perhaps that’s what struck me most. Asian, after all, means little when the roots blend into a mix of different cultures, numerous influences, and extensive study: what seems to matter most is not being classified within a specific culinary genre, but rather serving concrete dishes where these unique ingredients become the stars.
There is aesthetics, elegance, and a continuous tension between classic and avant-garde in a menu that ranges from luxurious elements like caviar, raw deer meat, shrimp (which is more like lobster), “Tatus Hitam,” and pigeon, to ingredients closely tied to indigenous traditions, such as Kelulut honey or fermented rice with palm wine (Toddy).
The dishes are perfectly designed and decidedly pioneering, where French style meets Malaysia, its aromas, and its unique ingredients. This is the level of complexity in Darren’s thinking that translates into something simply beautiful, delicious, intriguing, and enjoyable on the plate, a translation worthy of a great chef.
The experience at Darren Teoh’s restaurant was truly magnificent. Both for the beauty of the restaurant and the skill of the staff. And of course, for this cuisine, which is finally – if I may say so – cross-cultural, dynamic, and not reducible to a single concept.
A visit to Kuala Lumpur is definitely worth it.