Il giapponese che hai sempre voluto, in forma di bentō. Per volare a Tokyo in quarantena
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
Illustrazione di Federico Taddeucci
Doozo Delivery
La missione è raccontare – in logica di identità/offerta/appetiti – il panorama capitolino del Delivery di qualità. Ma sarò schietto, le scelte sono anche dettate molto dalle voglie alimentari condivise da me e dal fotografo durante queste giornate astratte. Perché se il vissuto narrato deve essere autentico è impensabile deformare lo stato in cui ci troviamo. E la coerenza con i nostri raptus famelici. Voglia di orientale sia dunque. Per spezzare un po’ dalle prime settimane di lunghe sessioni domestiche, con i piatti riciclati dall’inossidabile nonna. Abbiamo scelto il Ristorante Doozo, che ha confezionato un delivery su misura ricalcando uno dei modelli di pasto giapponesi per eccellenza: il Bentō. Per chi non lo conoscesse Doozo è un locale di autentica foggia nipponica inaugurato nel 2005 nei pressi di Via Nazionale. Un ambiente delizioso (con giardino privato interno) che mixa brillantemente entità dalle sfumature cangianti. Una libreria per vendita e consultazione in loco; uno spazio espositivo per istallazioni e oggettistica con galleria di arte e fotografia contemporanea; una sala da tè e naturalmente un ristoro devoto alla cucina del Sol Levante. Pilastri del progetto, la scoppiettante ed eclettica Masako Tominaga e il navigato chef Endō Kazuhiko: in direttissima da Tokyo per comporre un nucleo ristorativo fedele alle loro tradizioni, ma anche capace di evolversi simultaneamente con l’amore sbocciato per alcuni nobili ingredienti, artigiani e produttori italiani. Perché il tratto distintivo di Doozo (che in lingua madre è un invito al “benvenuto”) risiede proprio nell’integrazione passionale che i due hanno forgiato tra la rigorosa arte culinaria Made in Japan e il bagaglio culturale agricolo/materico autoctono. Fattori che Endo & Masako sono riusciti a trasporre nella loro offerta con straordinaria costanza e attitudine. Un gesto ammirevole, perché spontaneo e non viziato da mode esterne.
Il loro menu segue con disciplina etica e stagionale le disponibilità di alcuni dei migliori fornitori locali (carni di Bottega Liberati, Verdure Biodinamiche di Piccola Bottega Merenda, Pesce della Pescheria Galluzzi, Uova alla canapa di Silvia Bambagini), oscillando con pensiero retto tra proposte kaiseki, sushi, sashimi, ricette tradizionali e piatti caldi dettati dall’estro del giorno. Per scoprire la loro offerta delivery ho stilato un questionario orientativo (che modulerò riproponendolo alle altre realtà) che può aiutare/indirizzare il consumatore relegato in casa questi giorni.
Come e quando avete deciso di scegliere l’offerta del Delivery in questa situazione di quarantena?
Endo: Il primo intento è scaturito dalla necessità comune delle persone. Perché ho pensato che anche in questo momento così critico ci sarebbero state persone che avrebbero avuto bisogno di noi. Clienti affezionati, ma anche persone che non ci conoscevano affatto. Una forma vicina alla nostra cultura e vicina al benessere collettivo.
Masako: Attivarsi per creare sistema e non cessare di colpo la propria attività non è mai semplice con la burocrazia cittadina. Sentivamo che dovevamo muoverci anche noi come altri per non rimanere statici e quando stranamente mi hanno concesso questa modalità ci ho provato senza indugi. D’altronde volevo farlo da un po’ di tempo. I rischi dell’adattamento erano molto più bassi dei rischi che vivono i ristoratori in questo periodo.
Come avete studiato il formato del Bentō e il modo di servirlo? Avete pensato a offerte per diversi gusti e necessità alimentari?
Endo: Ora più che mai bisogna pensare al mangiar bene, in modo nutrizionalmente equilibrato, e di mantenersi in forma. Per questo motivo il bentō è perfetto. Ci sono proteine, fibre, vitamine, aminoacidi e carboidrati. Anche in Giappone riassume l’armonia agglomerata di vari assaggi. Senza appesantirsi, consente di fare un pasto completo. Penso, quindi, che la gente si sentirà meglio con s stessa. Anche se la prova costume è l’ultimo dei problemi ora.
Masako: Il Bentō fa parte della cultura culinaria giapponese, che amo profondamente comunicare. Ce ne sono di diversi tipi. Quello da consumare al ristorante, quello che viene preparato dalla mamma per i bimbi che lo portano a scuola (mia mamma mi preparava dei bentō strepitosi), quello che si mangia sul treno o a teatro. Insomma il bentō è onnipresente. Naturalmente esiste anche quello che viene consegnato a casa. Può soddisfare tutti i gusti: vegani, amanti della carne o del pesce, ad esempio. Adattarlo alla nostra cucina è stato spontaneo ma ponderato al tempo stesso per non stravolgere la nostra identità.
Metodo di conservazione e packaging. Come lo avete pensato?
In totale sincerità, anche se ogni tanto ce ne avevano già fatto richiesta, siamo stati sorpresi del fatto di poter fare il delivery. Quindi, questi packaging in realtà li abbiamo acquistati last minute da un’azienda che già li produceva su misura. Sono comunque giapponesi e per ora, quindi, li useremo, ma ci piacerebbe fare anche un po’ di ricerca per trovarne anche dei migliori (se ce ne sono). Cerchiamo comunque di metterci cura e tatto nel suddividere i differenti generi alimentari con apposite buste, contenitori, sottovuoto e confezioni che non facilitino contaminazioni o una perdita di fragranza delle pietanze. È un lavorone che va studiato e rodato giorno per giorno.
Che sistema di Delivery utilizzate?
Per il momento ci ordinano al telefono o via SMS, Facebook, Instagram. Dopodiché prenotiamo il corriere per le consegne. Ma stiamo valutando di stringere una partnership con qualche società che si occupa di delivery, per farci inserire stabilmente nella loro piattaforma.
Riuscite a mantenere il vostro stile e la vostra filosofia di cucina anche in questo formato?
Endo: Ci proviamo con molto impegno e speriamo che questo passi al cliente. Considerando il periodo abbiamo scelto di togliere le preparazioni di crudi, sensibili agli sbalzi di temperatura. Favorendo un’idea di bentō con ricette calde o cucinate. Del resto la filosofia che muove le nostre scelte è rimasta invariata: adesso si sente ancor di più l’importanza degli ingredienti. Gli ingredienti che usiamo sono quelli locali e di qualità, selezionati dai nostri fornitori, verso cui nutriamo grande fiducia. Si tratta di ortaggi coltivati in permacultura, carni tracciabili e da allevamenti etici, uova alla canapa ricche di nutrienti (ma senza doversi preoccupare del colesterolo). Una cucina giornaliera e salubre, con condimento delicato e soprattutto homemade.
La clientela sta rispondendo bene?
Masako: I principali nostri clienti attuali lavorano negli enti giapponesi presenti a Roma. Siamo ben felici di servire loro dato che loro lavorano anche per il nostro bene e possono essere sotto stress in questo momento. Poi i nostri clienti affettuosissimi. Nell’occasione di accettare gli ordini e prenotare per loro il corriere, ci scambiamo diversi messaggi di conforto. Spesso, dopo aver mangiato mi mandano un messaggio caloroso, anche con la foto del bentō, con complimenti e incorraggiamenti. In questo momento, stiamo addirittura stringendo ancora di più i legami. Probabilmente se avessimo scelto di lavorare con la piattaforma avremo incassato di più, ma il delivery diventava impersonale. Inoltre, ora è solo Endo a cucinare in prima persona, quindi probabilmente non ce l’avremmo fatta a rispondere a richieste troppo numerose. Comunque è cresciuta ancora la gratitudine che proviamo verso questi nostri preziosi clienti. E a quelli nuovi che possiamo e potremmo conoscere.
È una forma di attività sostenibile per lavorare in questo momento critico per tutti? La ristorazione può farci affidamento?
Masako: Dipende dal tipo di ristorazione e anche dallo spirito dello chef e della politica del gestore. Doozo è un posto camaleontico, abbiamo fatto tanti cambiamenti. Inoltre, siamo giapponesi: per noi il mutamento è all’ordine del giorno. Accettare la calamità senza stare troppo a lamentarsi fa parte del nostro DNA. Anche se è sempre faticoso proporre qualcosa di nuovo, bisogna prenderlo come una sfida. Dopo questo, magari noi saremo più forti o ingegnosi di quello che eravamo. Non lo possiamo sapere, ma saremo diversi sicuramente.
Quali sono i consigli per consumare al meglio le pietanze del Bentō? Che strumenti casalinghi consigliate?
Masako: In genere per noi il bentō è una cosa che si consuma freddo (l’amido nel riso bianco caldo si trasforma in amido resistente, che rallenta l’assorbimento). Grazie a questo, nonostante mangiamo carboidrati, lo zucchero nel sangue non arriva al picco improvvisamente. Già lo stesso fatto di masticare di più porta benefici, infatti quella dell’onigiri è un’usanza tradizionale e saggia. Comunque sia, noi insieme al bentō magari sorseggiamo una tazza di tè calda oppure una zuppa di miso (abbiamo riproposto delle palline di miso solubile homemade dette misodama sulle quali versare dell’acqua calda per ottenere una zuppa di miso istantanea). Tuttavia, si può togliere il cibo dalla scatola e sistemare sui piatti che preferite, per poterlo riscaldare (alcune cose possono essere scaldate con il forno a microonde, come ad esempio i contorni e il riso, ma le pietanze principali, fritte o panate, sarebbe meglio se venissero riscaldate nel forno e, invece, le polpette in padella). Il piacere del godersi il momento rimane l’aspetto cruciale a prescindere dalle tecniche.
Siete fiduciosi per la ripresa della ristorazione romana dopo la quarantena?
Endo: Sì. Perché quando una situazione precipita verso il basso, non resta che risalire. Forse cambieranno un po’ di cose, alcune non strettamente positive. Ma crediamo che nasceranno anche moltissime cose belle e nuove come in parte la nostra esperienza con i bentō delivery.
Bentō Delivery Report – Tasting & Shooting Quarantine Mood
The Day After. Sempre su WApp. A pacco consegnato.
Alberto: “Loreeeeeeeee! Qui il pranzo è arrivato, io già sto scattando. Dai che poi il pollo mi si fredda” (spunte grigie). “Loreeeeee ci sei?!?! Mi sono anche vestito per fare sta cribbio di video-call. Anche se sotto c’ho ancora le ciabatte”. Risposta in sospeso. A seguire. Vocali su vocali a perdersi. Lo ammetto, mea culpa. Per qualche contrattempo accavallato, non siamo riusciti questa volta a mangiare all’unisono. Ma per il numero uno, forse, è stato anche meglio così. Ci siamo goduti avidamente il pasto nelle rispettive abitazioni con l’inaudito piacere del nuovo (per Alberto) e del ritrovato (per me, già cliente di Doozo). Abbiamo scelto bentō di diverse tipologie: Doozo ne mette a disposizione parecchie e a prezzi del tutto abbordabili per le materie prime utilizzate e per la varietà di ricette (considerando anche che sarebbero pasti completi, mentre noi abbiamo sgravato nei quantitativi per la curiosità atavica che coviamo costantemente). Il metodo di degustazione ideale – che Alberto ha definito “Anche se forse era meglio partire dal brodo, io ho mischiato un po’ tutto perché ero curioso e mi dava soddisfazione fare così” – in dialettica giapponese si chiama Kochuchomi e rappresenta l’atto di alternare gli assaggi mescolando i bocconi in un circuito di sapori bilanciati. Abbiamo scoperto che le radici abruzzesi del nostro fotografo sono più nipponiche del previsto.
All’atto pratico, tra lo stupore salivante dell’unboxing (collocato in una bellissima busta rigida con grazia compositiva fuori dal comune), emergono in ordine:
Misodama istantaneo (pallina di pasta di miso homemade da reidratare con acqua calda per creare una miso soup): il brodo pre-citato con entusiasmo dal fotografo, risulta effettivamente un incipit corroborante senza compromessi. Immediato, pratico e leggibile, ma altamente ritemprante nelle sue vesti di zuppa calda da sorseggiare come fosse espressa. “Una portata calorosa e accogliente, inaspettata per un delivery” commenta a ragione Blasetti(proposta work in progress a breve disponibile in menu).
Il Korokke Bentō (Crocchette tipiche giapponesi di patate e cipolla Bio con carne piemontese selezione Liberati, accompagnate da salsa simil BBQ homemade, verdure biologiche e – da raccordo al resto, come per ogni Bentō Box – il classico riso bianco al vapore giapponese con prugna fermentata umeboshi e cipolla agrodolce): setose e insospettabilmente fragranti crocchè Japan style non alterate – nella frittura – dal trasporto. Umide e aromatiche, ma anche molto riconoscibili e rincuoranti al gusto. Per ripristinare il calore, basta una botta in microonde o un tocco di temperatura alla bocca del forno. Pare che Alberto le abbia divorate senza remore, dopo esser sceso dalla sedia in cui si era innalzato per lo scatto. Ah, la salsa stile barbecue denota un timbro acetico davvero elettrizzante dove tuffarcisi sfrontatamente. Ho usato le mani al posto delle bacchette. Tanto nessuno poteva vedermi e ho goduto da morire (prezzo: 15 euro)
Tsukune Bentō (Polpette di manzo allevato allo stato brado selezione Liberati laccate in salsa agrodolce, verdure e riso bianco): piccole sfere lucidate a perfezione, compatte e soffici nella loro corporatura densa e mignon. Su consiglio di Masako, le ho rigenerate in padella sfruttando un po’ del loro sughetto nature, ma anche il microonde è una valida alternativa in tempi di crisi-pigrizia. Assuefacenti già da sole, trovano supporto neutro e rilancio amidaceo se immerse nel materassino di riso con la sferzata acida/salina dell’umeboshi. Strutture casalinghe dall’acuto orientale (prezzo: 15 euro)
Pollo Karaage e Onigiri Bentō (Bocconcini di pollo selezione Liberati, marinati nella salsa con zenzero, panati con la fecola e fritti nell’olio d’arachide + due Onigiri – polpette di riso – uno al gusto shiso rosso e uno ripieno con la tempura di gambero ebiten): dopo il mio viaggio a Tokyo, non solo l’Onigiri è divenuto un salva-pasto ottimale che si è rimediato un posto di lustro nel mio cuoricino. Ma, da inguaribile romano, trovo affascinante l’idea alla lontana di un supplì healty, che in alcuni casi – come questo – racchiude un fritto all’interno, pur non essendo panato. Bensì mirabilmente omogeneo e candido nella texture. Quelli di Doozo mantengono e innalzano le aspettative, con una tenuta del chicco impeccabile. Scartati e sbocconcellati con ritualità cadenzata, quasi spirituale. Il pollo allo zenzero è sorprendente, perché preserva nerbo croccante e tenerezza, senza trasudare il post-fritto del passaggio in delivery. Anche qui potete ravvivarli con un giro in microonde a 160 gradi in modalità combo (grill + power), ma in totale trasparenza io me li sono sbafati con cupidigia – e un po’ di riso e spruzzata di limone in dotazione – esportandoli istantaneamente dalla confezione. Mi starò tramutando in Blasetti? Boni tanto però (prezzo: 16 euro).
Cotoletta di pesce Bentō (fritto di pescato del giorno della Pescheria Galluzzi – prevalentemente spigola – con salsa agrodolce homemade, verdure e riso al vapore): ulteriore rivelazione. Conferma Alberto, ricredendosi a posteriori: “Tra i miei preferiti, perché non me lo immaginavo così saporoso”. Io invece, che ogni tanto ancora ce pijo, l’ho ordinato espressamente nel mio impeto compulsavo da quarantinato. Pazzescamente asciutto e crunchy, vivido nei suoi succhi interni, a rimarcare una deep-fried encomiabile. Nel nostro caso si trattava di uno splendido sarago pescato il giorno stesso. Il bello e il buono della vera spesa di mercato. Lo potete addentare così, articolando le bacchette con furia appetitosa, o accompagnarlo con la coltre di riso bianco per tuffarmi in un mare di gioia individuale. PS: la salsa provoca dipendenza anche se pescata con il dito. Credetemi per esperienza (prezzo: 16 euro).
Oyakodon(Donburi-Kit: ciotola di riso bianco + bocconcini di pollo e cipolla cotti nel brodo e messi nella busta in sottovuoto. Da riscaldare e completare con colata di uovo alla canapa sbattuto, scegliendo il grado di cottura prediletta): termino alla grande, con il piatto che per entrambi si è dimostrato a dir poco estasiante. Non solo per la valenza esecutiva ma per il fattore interattivo che si presta più che mai a questo momento. ”Ti fa sentire un po’ uno chef mentre riscaldi il pollo e poi versi l’uovo scegliendo te quando lo vuoi far rapprendere. Ma al tempo stesso sai di non poter commettere catastrofi perché il piatto in realtà è già composto e studiato alla perfezione” evidenzia il buon Blasetti. Vero verissimo, a prova d’inetto, ma coinvolgente ed intimo in ogni passaggio. Si riacquista vivacità ai fornelli mentre l’intingolo borbotta e si attende il momento giusto per versare l’uovo a cascata (io l’ho lasciato poco cotto a gusto personale) e si trova rinnovata soddisfazione ricoprendo la ciotola di riso a strati con il pollo e l’alga essiccata. Mangiarlo somma gratificazione palatale e psicologica come poche altre cose in questa istantanea temporale complessa. Arigato Doozo!
“Ma hai sentito le verdure? Io ho sballato con quei carciofi? E le frittatine? Mamma che buone?” Bravo Alby. Mi stavo per scordare un aspetto fondamentale: ogni Bentō è corredato da una sfilza di contorni prevalentemente vegetali (da agricoltura naturale/biologica selezione Piccola Bottega Merenda) – detti Fukusai – che mutano a rotazione stagionale e reperibilità quotidiana. Tutti immensamente buoni nella loro microscopica dimensione e perizia compositiva. Tra quelli provati: Alghe cotte giapponesi; Carciofi bio saltati con la salsa di soia a lunga fermentazione, mirin giapponese fermentato 3 anni e spezie shichimi, peperoncino e sesamo; Daikon esciccati Kiriboshidaikon cotti nel brodo con funghi shiitake; Bieta bio saltata con l’olio di sesamo, mirin, sake e sesamo; Finocchi Hijiki marinati in casa; Broccoli bio saltati con salsa umeboshi; Frittattata tamagoyaki preparata con uova alla canapa.
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Io: “Insomma t’è piaciuto? Ok che ho fatto er sola ma sei sparito”.
Alberto: “Scusa Bro, ma ero sul divano sfondato di cibo. Ho mangiato davvero di gusto. Tutto troppo buono e adatto a questo momento. Ci voleva proprio. Che poi st’idea è proprio fica. Mi sentivo molto coinvolto mentre scattavo e preparavo il set a livello professionale, però è stato tutto molto luminoso e placido da riprodurre qui in casa. Con il sole radioso e irraggiungibile da fuori. Sarà anche per l’ottima berretta artigianale che c’era nel pacco. Dovremmo progettarne altri presto”.
Io: “Sicuro, molto felice che ti sia piaciuto. Mi sono sentito un po’ teletrasportato lì anche io mentre scofanavo tutto. Sta storia sfonda ogni barriera, oltre a generare sti commenti sdolcinati. Ma ti sono mancato un pochino si?”
Alberto: “Certo che NO… Scherzo! Ma replicheremo con gli interessi dal vivo quando tutto questo sarà finito amico mio”.
TO BE CONTINUED