Testo e foto di Marta Passaseo
La questione dei vini naturali è sulla cresta dell’onda da un po’ di tempo ormai. Si susseguono fiere, eventi, degustazioni, tutti a tema naturale, come se questo tipo di vino rappresentasse una moda da indossare, da mettere in mostra. Tuttavia il vino naturale, moda o no, piace sempre di più e poiché il consumatore lo chiede, nei ristoranti lo vediamo comparire nei menu e sugli scaffali con tanto di etichetta pronta a identificarlo. Non è questo però che lo rende diverso dal suo parente, il vino convenzionale, anzi. Si tratta pur sempre di vino solo che, per rifarsi alle parole di Josko Gravner, “a bere vino industriale, si diventa tristi”. E C’era una volta è stata la volta buona per non esserlo affatto.
Ogni anno nel mese di Aprile, le zone del veronese e del vicentino, si popolano di fiere di settore. Oltre al Vinitaly che da alcuni anni propone il padiglione ViVit dedicato al vino naturale, ne spuntano altre e un operatore del settore fa quasi fatica a frequentarle tutte. Quest’anno la nuova arrivata, C’era una volta – prima edizione – ha sbalordito non solo per organizzazione ma anche per qualità di proposta: un massimo di 40 produttori europei, di cui solo 5 Italiani; una cena e un pranzo entrambi a quattro e più mani; stand gastronomici dove mangiare e bere (non di solo vino vive l’uomo) birra e caffè. Insomma, una proposta diversa, persino dalla vicina sorella Villa Favorita che dista da Ponte di Barbarano, luogo dell’evento, appena 11 km.
Villa Traverso Pedrina è stata una bella visione, un po’ defilata ma efficace: tanto spazio e tanto verde dove non solo conoscere nuove realtà vinose ma anche rilassarsi tra una bevuta e l’altra. “Volevamo fare una festa all’insegna del buon vino e del buon cibo, di quelle che non se ne vedono più ultimamente” ci dice uno degli organizzatori. E che sia stata una festa, su questo non ci piove e anche ben riuscita. E i momenti gastronomici? La cena di gala di Sabato 14 aprile era incentrata sul Tema del Fuoco e abilmente eseguita dagli chef Oliver Piras e Alessandra del Favero del ristorante Aga in San Vito di Cadore, accompagnati dallo chef Enrico Vespani del ristorante Osti di Corvara a Corvara, di mani quindi ce n’erano sei e vi assicuro che hanno infiammato gli animi. Domenica 15 aprile invece c’è stato un pranzo a quattro mani dove gli chef Shigheru Nakaminato, del Bunon di Tokio e Carmelo Chiaramonte, etneo e Chef errante, hanno preparato 6 pietanze da abbinare ad altrettanti vini dei produttori presenti all’evento. Un modo per dimostrare che la sinergia tra cibo e vino non è mai in esaurimento e che anzi, cerca sempre nuovi canali attraverso i quali espandersi. E i vini invece? Ve ne indichiamo cinque, da bere tutto d’un fiato e, perché no, anche con calma.
Gut Oggau – Rosé blend 2016 That’s a real family reunion
La gelata dell’estate 2016 non ha lasciato scampo neppure a Oggau, la più antica cittadina austriaca del vino rosso, come recitano molte guide, situata accanto al lago di Neusiedl. L’azienda certificata Demeter è a conduzione familiare e interamente gestita da Eduard e Stephanie Tscheppe-Eselböck. Questo rosé è un concentrato di Blaufrankish, Zweigelt, Rosler con una mineralità che sa difendersi da qualunque tipo di maltempo, persino quello dell’animo.
Jean-Yves Peron – La grande Journée 2013
Il nome sembra quasi voler fare il verso alla giornata strepitosa che abbiamo trascorso ma non è affatto cosi. Altesse in purezza (meglio conosciuta come Rousette de Savoie) per questo vino che chiameremmo Orange (ma Jean-Yves non vuole) e che non si scopre subito. 2 mesi di macerazione cui seguono altri 2 mesi in barrique vecchie. Non v’inganni la scorrevolezza, diventa rampante in bocca non appena si sente a suo agio.
Sepp e Maria Muster – Erde 2015
Quello che colpisce in persone come Sepp Muster è la chiara misura zen delle sue parole come dei suoi gesti. Una filosofia che abbraccia l’intera azienda, di 12 ettari totali, situata nella Stiria meridionale. Ciò che colpisce dei suoi vini invece è la pulizia, oltre che la bontà, nonostante l’assenza di chiarifiche e filtraggi. Erde non lo vedi subito, è conservato in una bottiglia di terracotta, “la scelta della bottiglia non è data dall’estetica, usiamo la terracotta perché permette al vino di ammorbidirsi più velocemente”. Dopo un anno di macerazione, questo 80% Chardonnay e 20% Sauvignon resta però integro in tutta la sua pienezza.
François Grinand – Les Etapes 2011
Piccolo viticoltore del Rodano con 2,5 ettari totali, lavora seguendo la naturalità del territorio. Les Etapes è un Pinot nero che fa macerazione carbonica per circa 15 giorni e poi un successivo affinamento dagli 8 ai 15 mesi in barrique usate. Naso dritto e floreale, in bocca diviene vibrante senza perdere mai freschezza.
Lammidia – Bianchetto 2017
Ci sono delle credenze nel nostro Bel Paese che è difficile scacciare, come il malocchio che in abruzzese si dice appunto lammidia. Davide e Marco, viticoltori a Villa Celiera, hanno trovato la soluzione: la signora Antonia che compie la formula per scacciarlo e… le fermentazioni partono che è una meraviglia. Trebbiano al 100%, per questo Bianchetto che fa una notte sulle bucce e poi via, di corsa nel cemento, dove resterà 5 mesi ad affinare. Le alte temperature del 2017 non hanno dato tregua ma i 700 metri s.l.m. hanno trovato modo di affermarsi in una prorompente acidità.
Tutti i vini sono distribuiti da Wine Indipendent à https://goo.gl/xA4GFT
Si ringraziano Fil Rouge per la splendida selezione di formaggi che ha foraggiato il mio aperitivo (indimenticabili il Comté 18 mesi di stagionatura e il blue del Moncenisio) e la birra di Brasserie Des Voirons.
C’era una volta e speriamo ce ne siano molte altre, ancora!