Testo e Foto di Luca Sessa
Se fosse possibile scattare una fotografia dello stato dell’arte della ristorazione questa ritrarrebbe di sicuro uno scenario fatto di incertezza e (a volte vani) cambiamenti. Regole, orari, disposizioni e colori dell’emergenza stanno stravolgendo equilibri e abitudini e quindi ritrovarci a parlare di una nuova apertura fa uno strano (ma piacevole) effetto. Roma infatti non si ferma, con la sua bellezza e le sue anomalie, i ritmi inusualmente normalizzati e la persistente voglia di godere del piacere di poter mangiare fuori casa. A Prati, quartiere sempre foriero di novità, c’è una nuova insegna, quella di Carter Oblio, nome misterioso e atmosfera nordica per un locale che lascia intravedere da subito un interessante potenziale. Cosa vuol dire aprire nel corso di una pandemia? Significa alternare stati d’animo contrastanti, vivere momenti d’euforia e altri di sconforto, cadenzare gesti e attese. Ma può rappresentare anche l’opportunità di modificare un progetto per renderlo ancor più attuale, lasciandosi guidare dallo spazio quale elemento guida per caratterizzare un ambiente. L’artefice di tutto questo è Ciro Alberto Cucciniello: esperienze all’estero e da Scabin, molti anni al comando della brigata di Settembrini, indirizzo storico del panorama romano, ha utilizzato l’anagramma del suo nome per dare origine a quello del ristorante. Una “firma” usata in gioventù, che richiama l’idea di identità che contraddistingue il nome del locale.
Una realtà che nasce con l’obiettivo di creare una comfort-zone essenziale che possa consentire all’ospite di concentrarsi sull’esperienza gastronomica. Tavoli in legno, infissi in ferro e pareti grigie, il frutto di un meticoloso lavoro artigianale, corroborato da ampie vetrate che permettono di osservare Roma in movimento e di godere in questi giorni di una inaspettata calma. Forme e distanze, geometria e materiali, un ambiente grande ma al tempo stesso intimo, uno stile volutamente nordico frutto dei tanti viaggi di Ciro Alberto e di una profonda passione per la filosofia hygge, basata sul senso di comodità, sicurezza, accoglienza e familiarità.
Quale tipo di cucina è associata a un luogo così tanto pensato? Un’idea gastronomica libera da sovrastrutture, che non vuole etichette, che poggia sul concetto di estemporaneità nella sua accezione positiva, un insieme di sapori tradizionali che trovano forme personali. Un pensiero che si traduce in un menu molto agile, composto da pochi piatti (stagionali) per ogni tipologia di portata, lasciando intravedere l’importanza che viene data all’ingrediente principale di ogni proposta. Partiamo con un tagliere (e non cestino) del pane molto interessante, tra focaccia e grissini, passando per due tipologie di pane e un olio extravergine irpino di piacevole intensità.
L’entrèe, un Cannolo di mais ripieno di spuma di baccalà e broccolo, croccante e avvolgente, ci introduce alla prima portata, il Crudo stracotto e bruciato (manzo stracotto e in tartare, con puntarelle e colatura di alici), piatto interessante perché riesce ad abbinare al sapore pieno una divertente freschezza che non stanca il palato. È poi il turno del Risotto alla Genovese di maccarello affumicato con polvere di polpa e buccia di cipolla, un piatto che gioca su scure cromie e su un gusto che poggia molto su affumicature e bruciature, che avrebbero forse bisogno di una punta di acido per contrastare l’effetto un po’ monocorde.
Si prosegue con il Pollo al fieno, patate alla camomilla, misticanza di campo, piatto davvero goloso ricco di sapore e croccantezza, contrasti e abbinamenti che trovano un equilibrio che si sposa bene con l’opulenza del boccone. La portata che chiude il percorso salato è l’ottimo Bun di anatra, sciroppo di mirto e cipollotto agrodolce arrostito: cottura ottimale, avvolgenza complessiva ben riuscita, l’assenza di posate a completare un’esperienza anche fisica. Il nostro pranzo, accompagnato nel corso delle portate prima da un Verdicchio marchigiano e poi dal Lagrein Franz Haas, è chiuso dalla Torta di miele, panna acida e birra, proposta coerente con il resto del menu e in perfetta armonia con tutti gli altri sapori.
Via Giuseppe Gioachino Belli, 21
00193 Roma (RM)
Tel.: +39 391 464 9097