Testo di Ilaria Mazzarella
Foto cortesia We Love Pasta/Unione Italiana Food
La “spaghettata social” più grande al mondo. Il Carbonara Day è la giornata dedicata a una ricetta di pasta molto amata e condivisa. E discussa. A oggi oltre 1.4 milioni sono i contenuti su Instagram dell’hashtag #Carbonara. Ideato dai pastai di Unione Italiana Food e supportato IPO – International Pasta Organisation, il Carbonara Day ha raggiunto in 5 anni una platea potenziale di oltre 1 miliardo di persone, diventando un appuntamento imperdibile per food influencer, media, cuochi e appassionati che desiderano condividere opinioni a proposito di questo piatto e, più in generale, sul rapporto tra tradizione e contaminazione in cucina.
Proprio la carbonara, anno dopo anno, continua a far discutere tracciando una divisione manichea insanabile tra puristi e innovatori: per il sesto anno, martedì 6 aprile, attraverso una maratona social si potrà assistere a una full immersion di curiosità, consigli pratici e ricette “sbagliate” che hanno dato vita a quella che consideriamo la ricetta odierna. Si inizierà alle ore 10 con un live twitting per proseguire alle 12 con la diretta social sui canali di WeLovePasta, che vedrà protagonisti i pastai di Unione Italiana Food e “King of Carbonara” Luciano Monosilio, assieme allo youtuber Wilwoosh, moderati da Eleonora Cozzella, foodwriter skillatissima sul tema pasta.
“Ognuno di noi prima di arrivare alla sua ricetta ‘perfetta’ è passato attraverso svariati tentativi spesso anche fallimentari” commenta lo chef Luciano Monosilio. “Le ricette si modificano nel corso del tempo perché cambiano i contesti e cambiano gli ingredienti; la Carbonara è sempre in evoluzione e ne esistono già tante varianti. Per me è un piatto più moderno che tradizionale e non mi scandalizzo davanti alle versioni che si allontanano dalla ricetta originale perché viviamo in un mondo globalizzato e ogni Paese tende a interpretarla secondo i gusti e il reperimento degli ingredienti. Quella della Carbonara è sostanzialmente una tradizione che si rinnova, anche se per me l’unica vera Carbonara resta quella con il guanciale”.
Pietra dello scandalo recente è stata la Smoky Tomato Carbonara americana, opera della cuoca Kay Chun apparsa su The New York Times, che ha indignato il web ma – almeno per una volta – ha unito gli italiani in un sol coro: per il 95% degli italiani se c’è il pomodoro non si può chiamare Carbonara. Una presa di posizione netta, con cui i pastai italiani presentano il tema del prossimo Carbonara Day: #MyCarbonara.
Ma cosa significa #MyCarbonara? Per i puristi esiste solo una maniera per farla e cinque ingredienti canonici: pasta, guanciale, pecorino, uovo, pepe. Gli innovatori invece credono che, essendo la pasta un piatto versatile, non debbano esserci limiti alle reinterpretazioni di questa ricetta. La verità sta nel mezzo: non esiste la carbonara perfetta, ma quella “perfetta per me”; #MyCarbonara, appunto. A patto, s’intende, che il tocco dell’autore rispetti lo spirito della ricetta originale.
Secondo Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai di Unione Italiana Food, “La Carbonara è il piatto preferito di molti e anche il mio. Fantasia o necessità possono dare vita a ricette ispirate a questo piatto. Ma allora non chiamatela Carbonara. La Carbonara è una sola, come Venezia. Poi ognuno ha i suoi segreti e l’equazione della Carbonara ideale deriva da gusti personali o abitudini familiari. Quest’anno vogliamo far vedere che anche usando solo gli ingredienti classici si può ottenere la Carbonara ‘perfetta per me’”.
Una ricetta dalle origini incerte
Si dice che la Carbonara sarebbe nata nel 1944 dall’incontro fra la pasta italiana e gli ingredienti della Razione K dei soldati americani (tuorlo d’uovo in polvere e bacon). Risalendo la Penisola, i militari americani accompagnavano la Razione K agli spaghetti per integrare la dose di carboidrati. Questa tesi è supportata anche da Marco Guarnaschelli Gotti, autore della Grande Enciclopedia della Gastronomia. Una seconda ipotesi ne attribuisce la paternità ai carbonai appenninici (carbonari in romanesco), che lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. La carbonara in questo caso sarebbe l’evoluzione del piatto detto Cacio e ova, di origini laziali e abruzzesi. Un’ultima ipotesi ricondurrebbe la genesi della ricetta alla cucina napoletana, individuando nel trattato del 1837 Cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti una possibile origine della pietanza. Nella ricostruzione dello storico della gastronomia Luca Cesari, la Carbonara fa la sua comparsa sulle riviste di cucina negli anni Cinquanta e nella sua storia è stata preparata con prosciutto (o coppa) e funghi; con uova, parmigiano e vongole; con aglio, gruviera e parmigiano. E che dire della versione di Ugo Tognazzi, con panna, peperoncino e brandy, cucinata per centinaia di americani durante un tour promozionale negli States?
Origini a parte, ingredienti e comandamenti della Carbonara come la mangiamo oggi sono stati una conquista recente, fatta di tentativi, errori e sottrazioni. Un graduale less is more che, limando il superfluo, ha isolato guanciale, uovo, pepe e pecorino, nel segno della semplicità che contraddistingue la nostra cucina mediterranea. Insomma, chi si scandalizza per alcune ricette horror di oltre confine farebbe bene a leggere i ricettari d’epoca nostrani! Assieme agli ingredienti si evolvono anche le tecniche di cottura: per decenni l’unico modo per renderla cremosa prevedeva l’aggiunta della panna. Solo negli ultimi 15-20 anni, invece, un approccio più scientifico, una ricetta codificata e la disponibilità di utensili hanno reso la Carbonara perfetta alla portata di tutti.
5 ingredienti: la guida dei pastai per una carbonara su misura
Una Guida attenzionata, ingrediente per ingrediente, realizzata da Unione Italiana Food assieme a “King of Carbonara” Luciano Monosilio rivela come anche il minimo intervento possa cambiare il risultato finale.
Guanciale. Dà alla Carbonara l’elemento croccante e il sapore di concia, mentre il suo grasso dona al piatto incisività. Prima si elimina la parte esterna con la cotica e il pepe. Poi il taglio: a strisce sottili è più croccante e sapido, a dadini è croccante all’esterno e fondente all’interno risultando meno sapido e più masticabile. Per ottenere questo risultato, lo chef Monosilio lo taglia a dadini di circa 0,5 cm e lo fa rosolare in una padella fredda (antiaderente se si usa l’induzione, in ferro se il fornello è a gas) prima a fuoco basso, poi a fuoco morbido. Il guanciale va scolato dal suo grasso – così rimane croccante – che andrà tenuto da parte per essere poi amalgamato, in parte, al composto di uovo e formaggio.
Uovo. Uno per commensale, ma solo tuorlo o intero? Ci sono due scuole di pensiero e, nel mezzo, chi suggerisce la proporzione aurea di un uovo intero ogni 3 tuorli. Cambia il gusto (il solo rosso d’uovo è più intenso), ma anche la preparazione. Dato che le proteine di tuorlo e albume hanno temperature di coagulazione differenti, con l’albume che cuoce prima, il rischio è ottenere una cottura poco omogenea e di avere una crema o troppo viscosa o troppo granulosa. Con i soli tuorli, la cottura e la pastorizzazione sono più semplici.
Pepe. Andrebbe macinato al momento. Il pepe nero dona più profumo al piatto rispetto a quello bianco.
Formaggio. Per i puristi solo pecorino romano. Un mix di formaggio di pecora e vaccino rende il piatto meno sapido e più avvolgente e morbido, adatto, quindi, a più palati. Lo chef Monosilio utilizza un mix di Pecorino e Grana in un rapporto 60-40.
Pasta. È la protagonista del piatto, che amalgama il gioco di sapori e contrasti del condimento e gli dà profondità. Spaghetti, come da tradizione, o pasta corta? Entrambi, ma con risultati diversi. Nel caso degli spaghetti, il condimento li avvolge quasi come fossero una pasta all’uovo, mentre rigatoni o mezze maniche riescono a “catturare” condimento e guanciale, diventando così un tutt’uno con gli altri ingredienti.
Cinque errori da evitare secondo Luciano Monosilio
1. Rosolare il guanciale con olio. Al guanciale per essere “felice e rosolato” basta il suo grasso.
2. Aggiungere aglio, cipolla, prezzemolo. Il grasso del guanciale dà alla Carbonara tutta l’incisività di cui ha bisogno. Altri odori sono superflui o controproducenti. Interferiscono con l’aroma balsamico e speziato di pepe e guanciale e tolgono al piatto i suoi colori tradizionali.
3. Usare la pasta fresca o all’uovo. Nella Carbonara si usa solo la pasta secca, quella di semola di grano duro.
4. Mescolare condimento e pasta a fuoco acceso. La Carbonara non è una frittata di pasta, per questo uovo e pasta si incontrano sempre fuori dal fuoco, per evitare che il composto si stracci perdendo la sua cremosità e favorire la cottura dell’uovo con il calore della pasta.
5. Aggiungere la panna: una consuetudine del passato e lì deve restare. Per rendere la Carbonara cremosa al punto giusto, basta trattare il condimento come uno zabaione salato: mettiamo tuorlo e formaggio in una bastardella, li mescoliamo assieme a metà del grasso del guanciale e scaldiamo il composto, sempre mescolando, a bagnomaria, aggiungendo, se necessario, poca acqua di cottura. Per capire quando il composto è pronto e l’uovo pastorizzato, c’è il segreto dello chef: si immerge il dorso di un cucchiaio e con il dito si traccia una riga sulla velatura. Se la crema non cola, è pronta.