Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Juri Chiotti
Ha la barba un po’ incolta e i capelli arruffati, ma dagli occhi zampilla energia incalcolabile e ben indirizzata. Troviamo Juri Chiotti all’evento RistorExpo di Erba, mentre è pronto a salire sul palco con l’approccio unico che contraddistingue lui e la sua filosofia esistenziale; presentando un collettivo di artigiani e produttori a sé affini, legati al progetto Humus Job e alla realtà già citata degli Antagonisti di Melle. I lavori del suo nuovo locale sono in dirittura di arrivo, ma la testa di questo cuoco sembra continuare a correre a oltranza lungo nuovi selciati di etica, rispetto, condivisione e tutela gastro-culturale. Proprio tramite il circuito di Humus Job, infatti, diverse realtà agricole o aziendali accumunate dalla medesima direzione lavorativa, possono unirsi e sostenersi a vicenda raggiungendo nuove soglie di sostenibilità lungo un po’ tutta Italia. Juri porta naturalmente con sé il gruppo degli Antagonisti, insieme alla realtà dell’orto di Cresco (situato sempre in zona Val Varaita) e alla società enologica BracciaRese. Varie identità più che mai unite alla sua formamentis e alle fattezze sempre più concrete che sta prendendo il suo Reis, nell’inedita location di Chiot Martin.
“La stufa a legna centrale è piazzata e funzionante; impiantistica e pavimenti sono finiti – spiega Juri – ora tra le varie cose stiamo terminando i rivestimenti in legno e pensando anche al barbecue da tavolo. L’aspetto che mi rende orgoglioso, ora che tutto si sta allineando, è che i falegnami mi hanno detto che è il primo lavoro che fanno senza acquistare un solo pezzo di legno. Eggià, perché proviene tutto da noi senza alcun margine di spreco o abuso ambientale. La sala principale è quasi ultimata e fa un effetto incredibile con le ampie vetrate rivolte verso il panorama esterno e il camino anch’esso rivestito in legno locale. Per dare un ulteriore senso di appartenenza territoriale, abbiamo persino recuperato le antiche rastrelliere che servivano a essiccare le castagne e le useremo per delimitare l’area office. Ho passato ore a pulirle una a una. Così come le vecchissime porte della struttura riutilizzate per lastricare l’ingresso. Sembra assurdo detto da me, maniaco perfezionista quale sono, ma sta prendendo proprio l’aspetto che desideravo. Abbiamo ritagliato anche un’area separata per il dehors, situata fuori dal corpo principale e sto levigando a mano dei tavoli di recupero insieme a materiali e pezzi restaurati dalla stalla di mio padre. Si mangerà su ripiani grezzi, ma senza alcuna tendenza finto-nordica. Qui è tutto autentico e sudato fino all’ultimo centimetro”.
È ipnotizzante sentirlo descrivere con tale enfasi e trasporto la forza di volontà riposta in questa nuova insegna. Ma, come ormai ci ha abituato Chiotti, la sua manovalanza non si limita al piano architettonico e strutturale. Proprio con Lorenzo e Pietro di Cresco, insieme a Fattorie dei Paiei e al gruppo Brigate Contadine, si è messo già a rimediare barattoli di conserve, sottaceti e sottoli che esporrà nel nuovo ristoro. Inoltre, è in procinto di produrre un sidro insieme ai ragazzi di Sidreria Craveri Lamberti, partendo dalle mele autoctone di Chiot Martin. E per quanto riguarda l’assetto del Reis ha già ben nitide le sue idee consolidate in questi mesi di chiusura.
“Abbiamo individuato un responsabile di sala e cantina: Piero Primatesta – che si definisce un “gran bevitore” – dall’esperienza rodata al timone di un’enoteca storica di Torino. Per noi è un passo importante investire sulla sala, ma proprio grazie a Piero vorremmo definire un focus sui vini di montagna come non si è mai fatto da queste parti. Poi, ho in programma un cambiamento significativo anche nella tempistica del lavoro per quel che sarà la nuova brigata: su un piano idilliaco mi piacerebbe restare aperto solo venerdì, sabato e domenica a pranzo e cena, lasciando che gli altri giorni si dedichino alla formazione reale sul campo.
Tra coltivazione dell’orto, allevamento, raccolta e tutto ciò che circoscrive il modello di ristorazione rispettosa a cui ambisco da anni. Credendo nella collettività e riponendo fiducia nel fattore umano si può davvero parlare di sostenibilità. Passando inevitabilmente per la conoscenza del prodotto e della terra. Quando aprirò vorrei enfatizzare questo concetto cucinando davvero solo quello che ho a disposizione in un determinato periodo. Estremizzando, se possibile, ciò che già facevo nel vecchio locale. La cosa buffa? Parlo e penso già alla cucina, ma ancora non ho pronte le stoviglie. Proprio qualche giorno fa ho preso contatto con un ceramista di Saluzzo, ma soltanto per i piattini del pane – ride – ormai la mia vita è questa, a stretto contatto con la natura tutt’intorno, immerso in un pascolo tra i due cani pastore che ho preso di recente. È l’unica strada percorribile per raggiungere gli obiettivi gastronomici che mi sono prefissato. Le porte potrebbero aprirsi già dalla fine di questo mese, ma come agli inizi dell’impresa non voglio pensarci troppo. Quando sarò pronto farò un post bello tosto e partirò”.