La svolta consapevole di Eugenio Boer a Milano
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
Ci vuole coraggio a strapparsi un cordone ombelicale di sicurezze, quando tutto intorno a te evidenzia una maturità professionale e umana già largamente appurata. Ce ne vuole di più, forse, quando questo gesto violento combacia col rimettersi in discussione lungo terreni battuti in precedenza. Fronteggiando il proprio io con lo sguardo agguerrito di chi si scruta allo specchio per riconoscersi e ripartire da schegge esperienziali che non ti aspetteresti. Eugenio Boer lo ha fatto e continua a farlo. Rigenerato attraverso la grinta che da sempre ne delinea lo stile. Aizzando il rigore teutonico del suo approccio tiepidamente nordico.
Figlio di un flusso di origini e radici diversificate, a saldare la personalità di un cuoco incapace di arrendersi. Cresciuto rimbalzando dal clima rigido dell’Olanda ai paesaggi italico/mediterranei di Liguria e Sicilia, Boer ha saputo alimentare la sua passione per la cucina fin da piccolissimo. Attingendo e carpendo ogni tratto culturale che ha segnato il suo percorso. Fedele alle proprie idee, ha coltivato una formazione fluente e completa. Capace di contemplare la modernità solo dopo aver interiorizzato basi classiche con una disciplina ferrea e immune da recinti mentali. In viaggio: dal ritrovo siculo di Alberto Rizzo a Palermo (agli esordi) sino al ristorante di Kolja Kleeberg di Berlino. L’eleganza altisonante di Gaetano Trovato all’Arnolfo di Colle Val d’Elsa e a seguire il terroir dolomitico e rigoglioso di Norbert Niederkofler in Val Badia. Poi, l’approdo con scalata di riconoscimenti nel parterre adottivo di Milano: Enocratia, Fishbar e la consacrazione stellata del suo Essenza. Dove le sorti a volte ingiuste della vita, lo hanno costretto a un sentito face to face con sé stesso. Scardinando rinnovate consapevolezze al fronte di perdite non totalmente volute. Così Boer è tornato in pista partendo da quell’io riflesso che non lo ha mai tradito. Anzi, partendo proprio dal suo nome, spesso soggetto a deformazioni di pronuncia: Bu:r Ristorante, sempre a Milano. Per toccare il nuovo, riscoprendo il classico.
Consequenziale al corso intrapreso, uno spazio costruito a sua immagine e somiglianza. Forme e colori dal design caldo e prezioso, coeso alla posizione dell’insegna: nel nido residenziale della borghesia meneghina. Un ecosistema metropolitano che si accosta perfettamente alla svolta stilistica scelta da Eugenio per questa sua avventura solista. Perché la sfida personale non è cessata con l’apertura del suo locale. Lo ha visto cimentarsi sentitamente con una proposta distante da tutto quel che prima era una certezza identitaria. Piatti più snelli, diretti e leggibili. Avvicinandosi al cliente, alla familiarità del convivio, senza traviare il carattere del cuoco.
Un’offerta motivata nel riabilitare quel verbo classicheggiante dal candore burroso che non ha mai cessato di scorrergli nelle vene. Proseguendo simultaneamente l’ascolto di un’indole altrettanto creativa e contaminata: tra Italia, Francia, Nord-Europa e non solo. Componenti mai abbondate in questo passaggio delicato. Che nutre ulteriore energia dalla premura e competenza nel servizio della maître – nonché compagna dello chef – Carlotta Perilli.
Risotto in omaggio a Nino Bergese
Il risultato pone in prima linea la rivalsa della godibilità. Solcando tracciati altamente tecnici e citazioni storiche oltre-tempo. Dall’appetitoso e incisivo aperitivo, girovagando nel vissuto di Boer: Pastina liquida al pomodoro (a evocare gusti tradizionali in formato quasi infantile), Focaccia ligure con farina multicereale olandese, Blinis di salmone e aneto dalle nuances nordiche. In crescendo: humus, sostanza e tepore casalingo nell’Uovo con lenticchie in doppia-consistenza, lardo e tartufo. Concessione alla rotondità senza soffocare l’ardore di texture e contrasti. Poi un memorabile sunto delle doti di Boer, come il Risotto in omaggio a Nino Bergese (riso alla parmigiana con ristretto di fondo acidulato). Esercizio che convoglia la potenza inviolabile dell’haute cuisine in un abito quanto mai essenziale, fine e moderno.
Non da meno l’opulenza elettrizzante del Piccione in salsa périgourdine (jus, riduzione di vino, foie gras e tartufo nero): transitando dalla magnificenza di cotture classiche francesi alla Bitterballen di coscia di piccione (polpetta tipica olandese), con il twist acetico delle pere macerate nel sidro e degli scaloni glassati a mestiere. Si chiude con l’affettività materna del dessert Latte e Miele: confortante, pieno e complesso. Al pari di questa neo-identità ristorativa restaurata con coraggio da un Eugenio Boer ormai rinato.
Eugenio Boer
Nota della redazione:
Eugenio Boer è “il sicario olandese dallo sguardo di ghiaccio” dell’articolo Milano spara – Roma risponde” su Cook_inc. 25. Scrive Lorenzo Sandano: “la ricchezza di questo chef, risiede proprio nel tendere al perfezionismo tecnico, solleticando al tempo stesso corde emotive ancestrali. Come la sua Polpetta, in omaggio al papà: “L’unico piatto che sapeva cucinare. E che per questo ha un valore inestimabile” ricorda. Classicissimo impasto di carne bovina e suina, pane bagnato nel latte, pochi aromi. Per una semplicità casalinga e incisiva. A irrobustirne il nerbo, doppia panatura in uovo e pangrattato e un bagno caldo e ricostituente in burro chiarificato. Arrivando a cottura con candidi ciuffi di burro freddo. A laccare il boccone finale, in minimalismo quasi spirituale, una salsa super lucida e vellutata di pomodoro, tirata al burro anch’essa. La poetica del less is more, che si verticalizza fino a toccare altitudini contemporanee. Come quel famoso colpo dritto al bersaglio, che non lascia scampo. Al godimento primordiale”.
Ecco la ricetta delle Polpette al burro nappate al pomodoro in omaggio a Papà di Eugenio Boer.
Per le polpette
300 g di carne di manzo
100 g di coppa di maiale
100 di g pane ammollato nel latte
35 g di prezzemolo tritato
1 uovo intero
sale q.b.
pepe q.b.
Passare le carni al tritacarne con maglia media, mischiarle e ripassarle. Aggiungere il pane ben strizzato dal latte e condire con prezzemolo, sale e pepe. Dare la forma e far riposare in frigo.
Per la panatura
1 uovo
300 g di pangrattato
burro chiarificato q.b.
burro demi-sel q.b.
Prendere le polpette e fare una doppia panatura. Friggere in padella lionese con burro chiarificato e burro demi-sel. Una volta fritte, asciugare le polpette su carta assorbente.
Per la salsa di pomodoro
1 kg di pomodori datterini
1 cipolla ramata
200 ml d’olio extra vergine di oliva taggiasca
1 spicchio d’aglio in camicia
sale q.b.
pepe q.b.
Tagliare i pomodorini e con l’aiuto di uno scolapasta togliere i semi. Nel frattempo in padella cucinare l’olio con l’aglio in camicia e la cipolla tagliata a julienne, salare subito in modo che cuocia nella sua acqua e caramelli lentamente. Aggiungere i pomodorini, lasciar cuocere, frullare tutto e passare al setaccio.
Per completare il piatto
Ripassare le polpette fritte nel sugo in padella per pochi minuti.
Bu:r di Eugenio Boer
Via Mercalli ang. Via S. F. D’Assisi
20122 Milano (MI)
Tel: + 39 02 6206 5383