Un tour tra le corde emotive della Chef, tra produttori, memorie istriane e le novità di Hisa Franko
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Hisa Franko
Discovering Istria
L’ultimo step del tour ci conduce verso un salto a ritroso nel vissuto di Ana Roš, riconciliandosi al presente: direzione Istria, ove la chef ha trascorso una parte importante della sua infanzia in una casetta, acquistata in passato dai suoi genitori, che tutt’ora individua come rifugio affettivo per rigenerarsi. Questo lembo di terra affacciato sul mare – culturalmente tanto connesso alla Croazia quanto all’influenza italiana – cela risorse eno-gastronomiche di pregio che la cuoca ha sempre amato (non usa altri pomodori se non quelli istriani per la sua passata) e che ha scelto di divulgare grazie al sostegno dell’amministrazione locale. Il rapporto diretto con il giovane sindaco di Verteneglio – volenteroso nel risollevare il ruolo dell’agricoltura – l’ha motivata a creare un network tra produttori e contadini di zona, oltre introdurre i Foreing Farmers quale esempio agricolo impattante e sostenibile.
L’approdo a Brtoniglia (nome croato di Verteneglio) svela subito una prima perla, ovvero l’Hotel San Rocco: piccolo Eden di accoglienza a gestione familiare che sorge immerso negli uliveti secolari (altra coltura principe di questi lidi) e si distingue quale struttura che per prima sul territorio ha ricevuto una menzione dalla guida Michelin per il tenore del suo ristorante. Tullio Fernetich e la sua famiglia riportano una cura spasmodica nella valorizzazione degli ingredienti locali, oltre a produrre in proprio alcune varietà di olio extravergine che lasciano il segno. Grazie al suo supporto, condiviso con l’ente del turismo, scopriamo chicche iconiche dell’artigianato alimentare: in un clima di festa e folklore, adorabili signore del posto ci preparano i tipici “fusi” (pasta fresca tirata al ferretto) in sugo di gallina; crauti stufati con una deliziosa pancetta autoprodotta; nonché salumi e prosciutti istriani dal grasso nobile, figli della norcineria indigena.
Per il comparto caseario ci spostiamo di qualche chilometro, nel villaggio di Grobice, ove da circa 20 anni Branko Radoševic con sua moglie Kristina realizzano formaggi con un approccio ligio al ciclo chiuso. Allevano nei prati delle colline limitrofe circa 200 pecore e qualche esemplare di mucca, entrambe libere di alimentarsi al pascolo per ottenerne un latte sano e tracciabile.
Trasformato poi in forme a pasta semidura che partono da una stagionatura di 6 mesi. Oltre al pecorino (qui chiamato skuta), realizzano un’ottima ricotta e un semi-stagionato a latte misto (ovi-vaccino), specializzandosi nel tempo anche nella produzione di caciotte al tartufo nero (altro vanto di queste zone).
Esplorando l’Istria nella sua interezza, non manca un’escursione in barca a caccia di astici blu con alcuni intrepidi pescatori (il bacino Adriatico qui si mostra generoso di varietà ittiche d’ogni sorta) e un approfondimento sui vitigni simbolo – terano, refosco, malvasia –caratterizzati dai suoli a terra grigia e bianca (oltre a quella rossa e nera) che regalano sentori floreali spiccati, mineralità e un corpo denso una volta vinificati.
L’epilogo, dopo cotante scoperte sul potenziale istriano, vede Ana Roš (affiancata dal fido Leonardo) cimentarsi in una cena con la squadra del ristorante del San Rocco. Apparecchiati a bordo piscina con musica dal vivo, appuriamo in forma commestibile il suo vero amore per questa terra: quasi improvvisando il menu, in base alla spesa giornaliera, riesce a rilegare piatti d’indomabile classe e potenza gustativa, orchestrando il meglio delle materie prime autoctone con l’ausilio di qualche vegetale portato in dono dai farmers per l’occasione.
L’atmosfera è serafica, cibo e vino rimpolpano il buon umore, tanto che la nostra cuoca si mette a danzare tra gli ulivi al termine del servizio. Riaffiora quel suo lato rilassato e gioioso colto all’incipit del viaggio, stipulando un raccordo emotivo con il benessere che questa regione trasmette ai suoi visitatori, non solo in gergo gastronomico. Per chi stima questa infaticabile chef inoltre è l’ennesima prova di quanto tutto quel che fa per riabilitare territori poco noti non sia frutto di una forzatura morale: è una predisposizione spigliata e limpida di tutto il cuore che riversa in ogni gesto del suo lavoro.