Una chiacchierata con Antonia Klugmann, Francesco Orini e Severino Garlatti Costa
Testo di Eugenio Signoroni
Foro cortesia di Aplumb
Birra e ristorazione, un rapporto dall’enorme potenziale che però, a ormai più di venticinque anni dalla nascita del movimento artigianale, fatica a decollare.
Eppure, le premesse c’erano e ci sarebbero tutte, a cominciare dalla scelta fatta nei primissimi anni di utilizzare una bottiglia che fosse simile, almeno per dimensioni, a quella del vino. Ma non solo: una gamma con almeno sempre un paio di prodotti semplici e gastronomici, una variabilità aromatica e gustativa impossibile da trovare in qualsiasi altra bevanda, un prezzo certamente caro se confrontato con il mondo della birra “classica”, ma assolutamente concorrenziale se il paragone si fa con il vino e, infine, una qualità e una presenza sul territorio nazionale dei birrifici artigianali sempre più solida.
Certo, da un lato c’è un cliente da formare e incuriosire e dall’altro un mondo della sommellerie classica, e più in generale della ristorazione, un po’ pigro quando si tratta di birra e poco disposto a scommettere sulle potenzialità di questa bevanda. Ma sono convinto – è un po’ una mia fissa lo ammetto – che quando questo settore si accorgerà davvero della birra artigianale italiana ci si inizierà a divertire.
È anche per questa mia convinzione che mi ha fatto particolarmente piacere leggere, ormai qualche tempo fa, che Antonia Klugmann non solo aveva scelto di proporre una birra nel suo percorso di abbinamento, ma che aveva anche contribuito alla sua creazione.
Ho così deciso di intervistarla per chiederle quale sia il suo rapporto con la birra e da dove sia nata l’esigenza di prodursene una dedicata al ristorante. Oltre a lei ho intervistato anche Francesco Orini fondatore dell’azienda agricola Prima Radice e fotografo, che da anni fornisce all’Argine a Vencò diversi prodotti agricoli e segue il frutteto del ristorante e ha recentemente avviato un proprio marchio di birre, e Severino Garlatti Costa dell’omonimo birrificio che ha fattivamente prodotto la Aplumb (questo il nome del prodotto), una Berliner weisse profumata con susine dal colore rosa pastello e caratterizzata da un olfatto sottile nel quale il frutto emerge con tutta la sua delicata fragranza e da un palato fresco e scattante, sussurato nelle componenti aromatiche ma di bel carattere.
Antonia Klugmann
Ti piace la birra?
Sì, mi piace molto. Mi piace soprattutto la personalità di alcune Ipa. Amo le birre amare, forse sono le mie bevande preferite fuori dal contesto lavorativo.
A tuo parere, quale potrebbe essere il potenziale di questa bevanda in un ristorante come il tuo?
Credo che la birra possa essere prodotta in modo interessante e possa essere bevuta in accompagnamento a un menu degustazione. Visto, però, il concetto stesso di menu la birra deve rispecchiare lo stile della cucina che accompagna. Da qui l’idea di creare Aplumb, una birra su misura per L’Argine a Vencò.
Perché una birra alla frutta? E perché proprio la susina?
Da sempre sono un’amante della frutta. Provenendo dal Nordest l’idea che la frutta possa essere utilizzata in chiave salata è per me naturale. Nel tempo la mia sensibilità rispetto alle sue sfumature è accresciuta e sempre di più ho sentito la necessità di creare o scoprire tecniche nuove che mi consentissero di utilizzarne ogni parte.
La frutta, infatti, ha in sé ogni tipo possibile di sapore: acido, sapido, amaro e ha consistenze molto interessanti. L’importante è osservare il frutto nella sua totalità e provare a riscriverlo attraverso la complessità delle preparazioni.
Gli alberi di susina sono i più numerosi del nostro frutteto a Vencò e, nel corso degli anni, abbiamo cercato di sfruttare al massimo e sempre in modo diverso la grande quantità di frutti raccolti, utilizzando tecniche diverse. Penso al brodo preparato con estrazione a caldo, all’aceto ma anche a tutte le preparazioni che portano la frutta a essere conservata a lungo: essiccazioni, macerazioni e fermentazioni di tutti i tipi.
Mi sono innamorata della birra alla ciliegia di Francesco Orini, che non solo mi sembrava interessante dal punto di vista teorico: dal punto di vista pratico era sorprendente con questo colore brillante e rispettoso delle caratteristiche della ciliegia.
Avendo noi una quantità così alta di susine e lui di prugne gialle, ho pensato che potesse essere stimolante per entrambi fare una birra alla prugna.
Hai in mente un piatto in particolare al quale abbinarla?
Al ristorante abbiamo deciso di abbinare Aplumb a Midollo, rapa rossa e crauti. Si tratta di midollo cotto rosa servito tiepido con sopra crauti fermentati e una glassa ottenuta da una riduzione in purezza di una centrifuga di rapa rossa.
Credi che ci saranno altre birre in futuro?
Sono curiosa di capire come i nostri ospiti percepiranno e interpreteranno Aplumb. Oltre alla complessità di gusto, che caratterizza comunque tutte le birre che mi piacciono, l’aspetto più interessante è il processo di produzione artigianale. Ogni singolo dettaglio, infatti, può essere condizionato da micro-scelte del birrificio. Ho capito come la birra, percepita dalla maggior parte del pubblico come un prodotto meno complesso rispetto al vino, sia invece un baluardo dell’artigianalità e della sensibilità del produttore. I dettagli artigianali non sono evidenti ai più anche perché siamo abituati a delle birre industriali in qualche modo senza anima. Ma, in realtà, la birra è il risultato di ingredienti agricoli sottoposti a particolari processi di lavorazione, proprio come il vino; l’approvvigionamento degli ingredienti interviene sul territorio, modificandolo, condizionandolo. Si possono, così, anche e valorizzare delle scelte agricole sostenibili per processare la materia prima utilizzata: grani, orzo, luppolo e in questo caso frutta.
Puoi raccontarmi un po’ di più della tua collaborazione con Francesco Orini?
Francesco Orini è da sempre un amico. Credo che siano diversi i legami, i puntini che ci uniscono. Sicuramente una sensibilità molto simile rispetto al giardino, alla natura e al paesaggio. Lui è diventato nostro fornitore di ingredienti essendo un agricoltore diretto ma ci siamo conosciuti ben prima, quando la sua attività principale era la fotografia. Francesco è un fotografo di paesaggi e di vigneti e attraverso la sua profondità emotiva mi ha insegnato ad apprezzare tutta una serie di sfumature del territorio e della fotografia che è una mia grande passione.
È anche una persona capace di mettere insieme competenze diverse per un progetto. È un esperto di birra e vino che è stato in grado di costruire per noi un progetto su misura fungendo da “trait d’union” tra la nostra realtà e il Birrificio Garlatti Costa.
Ho trovato la birra sottile e precisa, essenziale e netta, proprio come i tuoi piatti. Quanto hai contribuito alla ricetta?
Il mio contributo è stato limitato. Dopo aver cercato di comprendere quelli che sarebbero stati i passaggi tecnici nella produzione, ho fornito delle indicazioni di massima iniziali a Francesco, considerando anche quanto avevo colto assaggiando la sua birra alla ciliegia. Volevo che l’acidità non fosse troppo spinta e che la birra fosse bevibile da un pubblico appassionato, ma non per forza tecnico. Volevo anche fosse mantenuta una corrispondenza con le caratteristiche naturali della susina e della prugna. Le nostre susine sono state consegnate al birrificio per la fermentazione dopo essere state denocciolate a mano e pastorizzate a 85 °C con la buccia. Francesco, invece, ha consegnato le sue prugne gialle e tonde a purè. Questo mix di varietà volevo fosse valorizzato nel sapore finale della birra.
Francesco Orini
Quali sono le caratteristiche delle susine utilizzate in questa birra?
Le susine a Vencò sono di varietà Stanley, la classica californiana a buccia viola, polpa giallo-verdastra, mediamente dolce e acida. Quelle di Prima Radice, la mia azienda agricola, si dividono in diverse varietà storiche rustiche, da quelle rosse, piuttosto aspre, a quelle gialle, molto saporite e dolci.
Puoi raccontarmi un po’ di più della tua collaborazione con Antonia Klugmann?
Io e Antonia ci conosciamo da molti anni, nel 2011 ho avuto l’occasione di stare con lei in cucina per qualche mese, lì ci siamo conosciuti e siamo stati reciprocamente uno stimolo: sia per il modo di guardare agli ingredienti, sia per le nostre arti (sono un fotografo). Da alcuni anni mi prendo cura degli alberi del ristorante, oltre che dell’orto, che è un laboratorio creativo a cielo aperto. Quest’anno gli alberi erano particolarmente ricchi di susine, così, visto che Antonia era entusiasta della birra con le ciliegie, abbiamo pensato immediatamente di crearne una insieme con i nostri prodotti.
Hai già usato in passato la frutta per produrre birra; in che modo pensi che questa bevanda possa valorizzare questi prodotti (a livello gustativo ma anche a livello comunicativo)?
Questa è la seconda birra con la frutta che realizzo, ma ne ho diverse in cantiere. Il progetto dell’azienda agricola all’interno del mondo brassicolo nasce dal desiderio di creare delle birre usando le nostre materie prime, proprio per valorizzare i cereali storici e la frutta, sia nelle varietà spontanee che in quelle coltivate, cercando sempre di mantenere o riscoprire quelle più interessanti legate storicamente al territorio.
La valorizzazione è reciproca: il mondo brassicolo artigianale è strettamente legato a quello agricolo e ne favorisce la comunicazione e la conoscenza, mentre l’alchimia con la frutta, a mio avviso, rende la birra maggiormente abbinabile a tavola, specie negli stili in cui l’amaro è poco presente in favore di una maggiore acidità. Con la frutta si aggiunge anche un valore di stagionalità alla birra, rendendola più simile al vino.
Perché una Berliner weisse?
Perché mi piace lo stile acido e moderatamente alcolico che ben si adatta all’aggiunta di frutta.
Hai pensato a qualche piatto di Antonia nel creare questo prodotto o hai avuto altre ispirazioni?
Il processo è stato inverso, è Antonia che a un primo assaggio ha trovato subito un abbinamento.
La birra sarà venduta solo nel ristorante o anche fuori?
Anche fuori. Metà produzione esce con l’etichetta della mia azienda agricola, Prima Radice, i cui principali clienti sono ristoranti.
Severino Garlatti Costa
In che modo è stata impiegata la susina?
La susina è stata snocciolata e sottoposta a una breve cottura per pastorizzarla; quindi, è stata congelata in attesa di essere utilizzata nella birra. Nel birrificio, dopo la fermentazione primaria, abbiamo aggiunto le susine decongelate al serbatoio di fermentazione. Gli zuccheri delle susine hanno stimolato una seconda fermentazione. e una volta ultimata, abbiamo effettuato dei travasi per eliminare il più possibile la polpa delle susine e quindi imbottigliato con rifermentazione in bottiglia.
Hai già fatto collaborazioni di questo tipo in passato?
Sì, mi piace trovare legami con altri produttori: è stimolante e cerco di dare valore ai prodotti locali.
Come è nata la ricetta?
L’idea era di produrre una birra con solo materie prime regionali; perciò, abbiamo utilizzato dei grani antichi crudi che ci hanno spinto a cercare un metodo per gelatinizzare il loro amido (non essendo maltati, fioccati o soffiati); bbiamo effettuato una precottura nel tino di ammostamento a cui poi abbiamo aggiunto acqua fredda per portare l’impasto alla corretta temperatura per iniziare l’ammostamento con il malto. Il luppolo, anche questo di produzione artigianale, gioca un ruolo secondario. Per ottenere la tipica acidità abbiamo utilizzato un nuovo ceppo di lievito non Saccharomyces, classificato come lachancea, il quale durante la fermentazione alcolica produce anche acido lattico.
Non è la tua prima volta con la frutta, cosa ricerchi in questo ingrediente?
La frutta mi offre l’opportunità di creare nuovi bouquet aromatici e di raggiungere nuovi equilibri gustativi: la sua acidità tipica dona freschezza alla bevuta (abbiamo utilizzato anche lamponi, ciliegie e diverse varietà di uva).
N.d.R
Eugenio Signoroni ha parlato di birra artigianale italiana su Cook_inc. 34 attraverso le storie sei birrifici emblematici della Penisola: Birra Baladin, Birrificio Italiano, Birrificio Altavia, Cantina Errante, Birrificio Vento Forte e Birrificio Perugia.