Il nuovo progetto bistro-logico, e a sfondo autarchico, di Lorenzo Costa & Vecchia
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Ahimè
“Gli ho fatto una corte spudorata. Più che a una bella gnocca”, ironizza e provoca in dialetto bolognese Lorenzo Costa. “Ho cominciato a illustrargli le potenzialità del terroir verde intorno a Bologna per scorrazzare in moto e portare a spasso il cane. Doveva venir qui per una collaborazione non vincolante, invece poi si è lasciato conquistare dal progetto. Ed eccoci pronti a partire”. Ettolitri di goliardia in questo incipit, ma non si vola così distanti dalla realtà. Anzi, la nascita di questo rapporto è una prova in positivo del potenziale salubre dei social in epoche alienanti. Vittima della suddetta corte infatti, non una bella ragazza, bensì un altro Lorenzo: Vecchia il cognome sul documento, che non ha nulla a che fare col suo tasso anagrafico. Classe ’92, è il più giovane dei tre Lorenzi (me compreso) presenti in questa atipica intervista. Per comodità, proveremo a chiamarli Lorenzo C & V.
DUE LORENZI IS MEGLIO CHE ONE – MAKE BOLOGNA GREAT AGAIN
Ci troviamo nello spazio quasi ultimato di Ahimè, new opening nella grassa, dotta e rossa città emiliana. Nome che potrebbe sembrare un’esclamazione disillusa, ma che significa tutt’altro. Si tratta della prima parola scritta in chat da Lorenzo V a Lorenzo C, in risposta al quesito sui motivi di chiusura del suo ex ristorante. Per i meno aggiornati, Lorenzo Costa è un giovanissimo ristoratore (appena 30enne) che negli anni si è prodigato con ingegno, talento e perseveranza nella riabilitazione della scena gastronomica locale. Figura determinante nell’incremento mediatico e qualitativo del bolognese, che l’ha visto inaugurare tre insegne di successo al motto di “Make Bologna Great Again”: l’osteria contemporanea Oltre, il ramen-gyoza bar Sentaku, l’hamburgeria underground Nasty. Ahimè, gli è toccato partorire anche il quarto, quando ha intercettato Lorenzo V sui social, approfittando di un suo periodo di pausa. Vecchia infatti, era reduce da due esperienze concatenate di traguardi e sfortunate chiusure dovute a vacillamenti della sua ex-proprietà. Entrambe condensabili nell’entità del Ristorante Volm, nell’hinterland meneghino. Indirizzo virtuoso, che qualche anno fa aveva generato un’ampia gamma di consensi, consacrandolo come chef in veste individuale.
“Ho passato gran parte di gavetta e formazione tra gli stellati, fino all’apertura del mio locale” racconta Vecchi. “Poi, quando forzatamente ho dovuto chiudere, mi son reso conto che volevo tornare a un contatto più libero e autentico con il cibo. Con la natura e con l’agricoltura. Cucinare per far star bene la gente e tornare a far star bene anche me stesso. Senza cestinare il background precedente, ma trasformandolo in uno stile più godibile, istintivo, divertente. Quando Lorenzo mi ha scritto e poi invitato a Bolo, l’idea era di venire a impostare qualche piattino easy per accompagnare l’offerta enologica della nuova insegna. Non di piazzarmi fisso in cucina. Invece son subentrate amicizia e affinità ben oltre le aspettative. Il gioco ci ha preso facilmente la mano”.
SIMPLE PLACE FOR DAILY USE
Gli occhi luccicanti di entrambi, mentre illustrano gli ambienti e la linea del locale è già una schietta lastra emotiva di questo progetto. Decisamente unico e non etichettatile nell’esoscheletro che i due Lorenzi si sono prefissati in mente. Cominciamo a dire che Ahimè non sarà né un’enoteca né un ristorante vero e proprio. Nonostante la vasta scelta enologica, l’approccio trainante è quello bistronomico nel ricambio agile e quotidiano delle vivande (secondo reperibilità di materie prime). Ma con un’andatura che vuole coprire l’intero arco della giornata. Dalla mattina alla sera, quasi no-stop. Si potrà venire per un gran caffè (monorigini e specialty approach, selezionato dalla Torrefazione Terzi) e uno snack dolce/salato homemade (il pâté en croûte fa capolino nella lista). Transitando per un calice di vino e qualche piatto da consumare singolarmente o da condividere in totale libertà. Si, perché grande attenzione è rivolta allo spirito conviviale: trasposto in forma di un tavolone grezzo in noce, riservabile interamente da famiglie o gruppi di amici. Tante altre anime poi, a scandire gradi di fruizione differenti nel medesimo luogo: bancone vista-cucina (simpaticamente tinteggiata in rosa) per aperitivi e in futuro percorsi degustazione; mensola aggrappata alle ampie vetrate che affacciano sull’esterno per assaggi disimpegnati; tavoli singoli da pochi coperti per una ritrovata intimità. La struttura sorge, tra l’altro, a neanche 100 metri dalla gemellata osteria Oltre. Voltando l’angolo in ideologico raccordo di intenti e continuità filosofica di rivalutazione urbana, già avviata da Costa nel tempo.
AHIMÈ, IL MENU È UN FUORI MENU
Dopo aver letteralmente smontato e rimontato un’ex rosticceria/pasticceria siciliana, i due si sono cimentati nella costruzione da zero di arredi che sommano minimalismo materico a tepore rétro: metallo e legno dominanti, puntellati da boiserie, piastrelle e stoviglie vintage (quest’ultime recuperate dai servizi buoni delle proprie colonne parentali). Fondamentale l’apporto di altri due soci, in questa nuova avventura: Giamma Bucci e Federico Orsi. Il primo, istrionico e poliedrico uomo di sala dall’umorismo contagioso (nonché storico collaboratore di Costa). Il secondo, rinomato vignaiolo/orticoltore/allevatore della vicina frazione Pragatto, che segnerà un’impronta cruciale nello sviluppo dei piatti confezionati da Vecchia. Creazioni che prospettano una rotazione di proposte e abbinamenti da Guinness dei primati.
“Un menu che sarà un costante fuori menu” scherza – manco tanto – Lorenzo C nel presentarcelo. Parliamo di circa 7 portate differenti ogni giorno – di cui l’80% a tema vegetale – variabili secondo il rifornimento quotidiano di verdure e carne dall’azienda agricola di Orsi. Soggette però, a loro volta, a esaurimento scorte e varianti consequenziali nel corso nella giornata stessa. Quel che c’è si cucina, senza compromessi. “Non voglio limitarmi ai fornelli, sperimentando un’idea di improvvisazione ragionata” spiega Vecchia “La fortuna di poter contare su ortaggi di livello e su carne da filiera iper controllata è uno stimolo per non arenarmi su una linea standardizzata. Ogni settimana, orientandomi con le risorse agricole di Federico, imposterò una traccia di preparazioni molto curate tecnicamente ma estremamente accessibili al palato. Sbobinandole poi, con ulteriori fuori pista, nei servizi delle settimane seguenti. Un processo creativo incessante che è quel che voglio ora, provando quasi a non far passare nulla per frigo o abbattitore. Tantissime verdure manipolate in chiave originale, ma di immediata lettura per gli ospiti. E poi qualche proteina animale in coerenza con l’allevamento di polli e maiali sempre da noi curato a ciclo chiuso. Grandi protagonisti anche il pane da grani autoctoni coltivati in proprio e il burro auto-prodotto, che sto sistemando in questi giorni. Ma il fine ultimo, non lo nego, è quello di arrivare a produrci tutto in casa. Auto-sufficienti e in perenne mutamento”.
Tra collaudi e molteplici prove, si rumoreggiano dolci a base di pomodoro e panna montata, più altre appetitose digressioni che preferiamo non spoilerarvi. Una cucina intrepida e sicuramente a prova di noia che – salvo ultimi dettagli strutturali – è pronta ad aprire i battenti già da questa settimana. “Inizieremo con calma, senza party inaugurali eclatanti. Una fascia oraria più blanda dalle 14 alla mezza e solo Giamma e Lorenzo in trincea” conclude Costa. “Il team si amplierà presto con altre figure professionali di rango, che hanno creduto subito nella portata del progetto. Ci lusinga molto che si crei questa hype intorno a Bologna. Ahimè, forse ancora non sappiamo bene cosa sarà nel pratico, ma siam certi di essere tutti gasati come non mai. Un incastro di energie e passioni condivise che, a volte, solo incontri così spontanei e casuali riescono a produrre”.
Ahime
Via San Gervasio 6e
40121 Bologna (Bo)
Tel: +39 051 498 3400