Testo e foto di Tania Mauri
Al confine tra Italia e Slovenia si coltiva questa cicoria dal colore rosso accesso e dal gusto delicato, un‘eccellenza che richiede tanta manodopera e tempo.
C’è chi predilige i bouquet di fiori pregiati, chi di semplici margherite o tulipani, ma c’è anche chi potrebbe apprezzare un bouquet di Rosa di Gorizia, il famoso radicchio rosso coltivato tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia. La storia della Rosa di Gorizia (in sloveno: Goriski Radic) risale già ai tempi degli Asburgo, ma le prime fonti scritte comparvero nel volume “Gorizia – la Nizza austriaca” del 1873, scritto dal Barone Carl von Czoernig-Czernhausen, vissuto a Gorizia nella seconda metà dell’800. Nel volume, tra la descrizione dei legumi coltivati nella città, viene citata anche una “cicoria rossastra” coltivata nella piana tra Gorizia e Salcano e – in misura minore – nelle aree periferiche della città.
Coltivata in piccole quantità, è molto ricercata dagli chef di tutto il mondo per il suo sapore dolce, malgrado faccia parte della famiglia delle cicorie, e per la bellezza delle sue foglie. Tra questi c’è chi, come Ana Roš, chef due stelle Michelin con il suo Hiša Franko a Kobarid (Caporetto), sostiene da sempre i produttori della sua terra, la Slovenia, e ne esalta i prodotti, come nel caso della Rosa di Gorizia.
A pochi chilometri dal suo ristorante infatti c’è il paese di Solkan, una frazione del comune di Nova Gorica al confine con l’Italia, dove trova origine e viene coltivata da alcuni piccoli produttori. La sua coltivazione, i cui segreti vengono gelosamente custoditi, dura circa 8/10 mesi e la sua particolarità viene tramandata di generazione in generazione da due secoli. Gli agricoltori più anziani hanno sempre prodotto questo tipo di radicchio che – per le aziende tipiche di questa zona che avevano orto e stalla – rappresentava una tra le poche colture che permetteva di assicurarsi un certo reddito durante l’inverno.
La semina viene fatta in primavera in campi dove convivono anche altre infestanti che non disturbano la pianta, anzi, la proteggono nei periodi più caldi dalla siccità e permettono di far crescere la radice che trae nutrimento in profondità. Dopo qualche mese, viene falciata – senza essere danneggiata – affinché continui la sua crescita impetuosa fino ai primi freddi, alle prime brinate.
Quando le rose sono quasi “mature” vengono estratte dal terreno a mano, accorpate in mazzi e portate in un luogo privo di luce e una temperatura mite così che le rose possano “sbocciare” nel loro tipico rosso accesso e purpureo. La “forzatura” – che dura dai 15 ai 20 giorni – è fondamentale per la buona riuscita del prodotto, che riprende a vegetare e sviluppa il cuore, acquisisce un sapore dolce e le foglie diventano croccanti, oltre a prendere il caratteristico colore rosato. I mazzi sono poi fatti riposare (un tempo i contadini li mettevano sul letame così che il calore liberato dalla fermentazione, preservava il radicchio dai danni provocati dal freddo e ne conferiva il colore rosato).
Il bocciolo, ovvero il cuore delle foglie più tenere, viene poi selezionato e diviso dalle parti più esterne quasi marce. Ogni cespo viene pulito a mano con tecnica e maestria così da non danneggiare il fiore e mantenere solo le foglie più sane e belle. Prima di essere venduto però bisogna fare un ulteriore lavoro di pulizia: i mazzi vengono tolti dal loro letto, slegati, si tolgono le foglie esterne, la radice viene accorciata e viene lasciato solo un tocchetto che serve a mantenere intatta la forma della rosa e ad aumentare la conservabilità. Lo scarto totale è di circa l’80%.
La sua produzione non è di tipo intensivo e questo garantisce al prodotto un mercato di nicchia, che rende la Rosa un’eccellenza il cui prezzo è alto (tra i 25 e i 40 euro al kg) a causa della necessità di manodopera e dei lunghi tempi di coltivazione. La Rosa di Gorizia è considerata la regina delle verdure invernali, la più bella, ricca di sapori e antiossidanti utili alla salute, croccante e dolce al palato.
Poi, ha un’estrema versatilità in cucina. Viste le sue caratteristiche si può gustare cruda, appena tagliata, in insalata o accompagna con patate lesse e fagioli (c’è anche chi aggiunge un uovo sodo) olio extravergine e qualche goccia di aceto di vino. Ana Roš la adora cruda e la utilizza nei suoi piatti gourmet ma, per uno sfizio veloce, consiglia di tagliare sottile la radice (perché non si butta via niente!) e friggerla: non ve ne pentirete!