Barfly
no-alcohol
Trend inarrestabili e nuove forme di socialità
Il nostro modo di consumare alcol sta cambiando
Testo di
Chiara Buzzi
Foto cortesia
Trend inarrestabili e nuove forme di socialità
4 minuti

Quanto è importante oggi saper costruire una proposta analcolica all’interno del proprio cocktail bar? E quale tipo di domanda supporta questo genere di offerta?

Stando agli ultimi dati emersi dalle ricerche dell’IWSR (International Wine & Spirits Research), tra il 2022 e il 2024, il segmento analcolico ha conquistato 61 milioni di nuovi consumatori, superando i 38 milioni della categoria low-alcohol. “I dati rivelano che i nuovi utenti, più giovani rispetto alla fascia demografica media, mostrano una frequenza e un’intensità di consumo superiori. Questa tendenza riflette un calo generale del consumo di alcol, con i volumi pro capite nei mercati analizzati scesi al 80% rispetto ai livelli del 2000”. Quindi apparentemente si beve di più ma diverso, e nello specifico, sempre meno alcol.

Si prevede in generale che il solo comparto analcolico registrerà entro il 2028 una crescita di oltre quattro miliardi di dollari di volume d’affari. Gli appartenenti alla Generazione Z e ai Millennial sono, a quanto pare, i più interessati a provare nuove alternative analcoliche. In parallelo le imprese stanno incrementando l’offerta, tanto che il numero di nuovi prodotti no-low alcol immessi sul mercato è praticamente triplicato dal 2019 al 2023.

Martina Bonci, bar manager di Gucci Giardino 25 a Firenze, ci ha raccontato di come nel suo caso, vuoi per tipologia di locale, vuoi per la posizione centrale di passaggio e di grande attrattiva per il turista, il focus sull’analcolico sia sempre stato presente. “Abbiamo lavorato su questa categoria di drink sin dall’apertura, in quanto la richiesta è sempre stata alta e oggi è decisamente aumentata. Gli analcolici sono drink a tutti gli effetti, basta con quest’idea che possano essere un modo di bere più scadente. Le tecniche che usiamo sono le stesse, con le dovute accortezze”. Pensiamo, ad esempio, alla mancanza di uno spirito che, qualora si lavori con degli assemblaggi di prodotto funzionali al servizio – i così detti batch – aiuti alla conservazione del preparato. Nel caso di una ricetta analcolica questa componente viene a mancare e la shelf life del prodotto cambia di conseguenza.

“Abbiamo notato che sono sempre più numerosi coloro che, nell’ottica di lunghe serate in compagnia, festeggiamenti o ricorrenze, si approcciano alla bevuta in modo sistematico ma avveduto. In che modo? Ci chiedono di alternare un cocktail alcolico a uno no/low alcohol, così da evitare eccessivi carichi alcolici. Da questo punto di vista, il mercato ci ha dato un grande aiuto perché la tipologia di nuovi prodotti a bassa gradazione è cresciuta in maniera esponenziale” continua Martina. Non v’è dubbio sul fatto che, attualmente, il portfolio di spiriti analcolici sia molto ampio, variegato, e ricco di prodotti sempre più interessanti. Ci sono esempi di bitter zero alcol, o amari no alcol che presentano una struttura e un profilo aromatico di grande livello, nonostante la mancanza di un kick alcolico.

Susie Goldspink, responsabile delle analisi sulle bevande no/low presso l’IWSR ha dichiarato: “Man mano che la categoria delle bevande analcoliche matura, i consumatori cercano più di una semplice assenza di alcol. Vogliono prodotti che offrano gusto, complessità ed esperienze di consumo complete. Questa evoluzione sta spingendo la categoria verso nuovi orizzonti, incoraggiando i marchi a innovare e a migliorare la qualità e la varietà”. I parametri sui quali è bene investire restano gli stessi del mondo dei distillati.

Oltre alla moderazione, aspetti come gusto, disponibilità e brand awareness stanno diventando determinanti, soprattutto nelle sottocategorie emergenti come i ready-to-drink, che mostrano un tasso di crescita annuale composto del +10% fino al 2028. Conclude Bonci:

“L’aspetto, il colore, il glassware, l’uso del ghiaccio. Le attenzioni riposte nell’ideazione e nella costruzione di un cocktail alcol free sono le stesse di una ricetta alcolica. Premesso che nel nostro menu la maggior parte dei drink risulta di facile bevuta, fresco, e leggero in gradazione, il mio modo di rapportarmi è lo stesso tra le due categorie. Anzi, l’analcolico – a essere onesti – – presenta sempre qualche sfida aggiuntiva proprio perché la struttura del drink risulta meno stabile, le texture sono più difficili da lavorare, occorre prestare attenzione alla dolcezza di tanti nuovi prodotti e all’uso di un ghiaccio elegante e cristallino”.

Come è facile dedurre, anche il fattore prezzo si sta progressivamente allineando a quello di un cocktail normale. Le nuove produzioni hanno spesso costi importanti e il tempo di lavorazione e preparazione di una ricetta no/low alcohol non è per nulla inferiore a un cocktail tradizionale.  Che vi piaccia o meno l’idea, è arrivato il tempo di esplorare questa categoria con maggiore profondità, sia dal punto di vista dei professionisti che da quello dei consumatori.

Guardate il lato positivo, meno mal di testa al risveglio, uscite più lunge e nuove frontiere di gusto.


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