Mini-storia
cucina e motori
Prendere a morsi il mito, delle Supercars
Il ristorante Cavallino e tutti quei cortocircuiti della mente da rimettere a posto a Maranello
Testo di
Andrea D’Aloia
Foto cortesia
Prendere a morsi il mito, delle Supercars
12 minuti

A volte capita di vivere cose molto più sottili – e complesse – dei nomi che hai a disposizione per raccontarle. È un mondo intero che ti viene incontro, e inizia a scorrerti davanti a una velocità diversa: piccole meraviglie dell’ingegneria intellettuale, che comprimono lo spazio e sminuzzano il tempo, facendo compiere in verticale traiettorie che siamo abituati a immaginare orizzontali, ridisegnando le mappe mentali e i sogni della gente.

Maranello è quel genere di luogo capace di far riscrivere le geografie, di sistemare enciclopedie. Bisognerebbe mettersi qui, armati di santa pazienza, a ritarare ogni nostro strumento percettivo, e a rimettere in ordine cortocircuiti della mente provocati da cose illogiche che invece qui sono accadute, e continuano ad accadere, ogni giorno da ottant’anni. Si scrive Maranello, si legge Ferrari: un binomio indissolubile dal 1943, quando Enzo Ferrari spostò qui (da Modena) le sue officine meccaniche, con la feroce volontà di perseguire e cogliere risultati sportivi assai superiori a quella che allora era la “dimensione” della sua piccola azienda. Sappiamo com’è andata: un’epica scandita da standard altissimi, costellata di successi leggendari e momenti sportivi iconici, che hanno fatto del cavallino rampante uno dei brand più riconosciuti, influenti e rispettati al mondo.

Nel tempo il Drake ha preso il centro del mondo dei motori e lo ha spostato nella provincia italiana: c’è niente di più inimmaginabile?

A pensarci bene qui fanno qualcosa di ancor più straordinario: cose molto reali, e concrete, a livelli mai visti, ma che dalle cose grattano via una qualche razionalità, trasformando tutto in emozione. Lavorano sul mito, dettaglio dopo dettaglio, un millimetro dopo l’altro. La Ferrari ha saputo travalicare confini e i numeri dell’élite che può permettersi un bolide rosso: è immaginario collettivo, fatto culturale, tifo sfegatato, graffio profondo nell’eccellenza del savoir faire del Belpaese. Estetica, funzionalità, esperienza: tutto diventa maledettamente importante, affinché ne possiamo tradurre e riassumere la genialità, il fascino, l’efficacia, in un principio che è puro movimento.

Il Ristorante Cavallino è un luogo iconico in questa storia. Si trova nel mezzo, tra l’ingresso storico della fabbrica in via Abetone Inferiore e il gioiellino tutto acciaio e vetro rosso che è il nuovo reparto corse, progettato dagli architetti francesi Jean-Michel Wilmotte & Associés. Era una fattoria con stalle, in principio, poi ha ospitato la mensa dipendenti, e solo nel 1950 ha aperto al pubblico: un’osteria semplice, che proponeva piatti ed eccellenze locali dell’Emilia-Romagna gastronomica. Ferrari veniva ogni giorno, con orari e rituali precisi: qui incontrava amici, piloti, dirigenti e clienti, firmava contratti, seguiva le corse, e pasteggiando con familiari piatti della tradizione, come tortelli burro e salvia, risotto al parmigiano, bollito misto immaginava futuro e se lo progettava.

Quattro anni fa il locale è stato completamente rinnovato grazie alla collaborazione con il celebre architetto franco-iraniano India Mahdavi, che ha curato ogni dettaglio del restyling sviluppando i codici espressivi del mondo Ferrari, contando sulla gestione e sulla visione di Massimo Bottura e della Francescana Family, che qui ha deciso di dare nuovi impulsi ai grandi classici della cucina modenese. È la cultura di un certo tipo di mangiare: lento, intelligente, colto, attento ai valori, a una certa integrità, alla conservazione del passato, del valore della pazienza, della durata del tempo, della precisione.

Capiamoci: al Cavallino avrebbero potuto inventarsi qualsiasi cosa. Invece hanno deciso di mantenere l’anima e la coerenza della trattoria, ma portandola a un livello più alto e donandogli nuove prospettive.

Un’evoluzione che sa leggere i luoghi, i contesti e interpretare la contemporaneità dei tempi, offrendo ai clienti esattamente l’esperienza che si aspettano di trovare qui. Arrivano da ogni angolo del globo, e – se vogliono – vengono accolti da Borlenghi e gnocco fritto, salumi prelibati, opulente tagliatelle al ragù, gli immancabili Tortellini (del Tortellante, altro progetto collegato alla Francescana Family), succulenti carni alla brace, o preparazioni più elaborate, come il celebre (e instagrammatissimo) Crème caramel al Parmigiano Reggiano 36 mesi, cipolla e Aceto Balsamico Tradizionale Villa Manodori, o il Cotechino alla Rossini (il menu degustazione Benvenuti in Emilia è un successo dall’esordio, ed è ancora disponibile al prezzo popolare di 65€).

A giugno è stato presentato un nuovo, percorso: Supercars, nato dal dialogo e dal confronto tra la cucina del Cavallino – nelle mani e nel talento degli chef Riccardo Forapani e Virginia Cattaneo – e il Centro Stile Ferrari, diretto da Flavio Manzoni. Si tratta di un tassello che completa le esperienze che si possono vivere qui, girando in pista, o visitando La Cittadella Ferrari e i Musei di Modena e Maranello (solo questi ultimi richiamano in Emilia più di 800mila visitatori l’anno) e che vuole celebrare (in sette portate) sei modelli iconici che hanno fatto la storia del marchio e, più in generale, delle auto sportive nel mondo. Super-auto da sogno, che – nel momento della loro commercializzazione –rappresentavano l’apice ingegneristico, tecnologico e stilistico della maison (in Ferrari è tutta una questione di lavoro di squadra, molti particolari meccanici ed estetici derivano direttamente dalle conoscenze del reparto corse e dalle vetture di Formula1) e hanno definito nuovi altissimi standard, ricalibrando i desideri dei facoltosi clienti e dei collezionisti.

“È stato davvero intrigante interpretare con i nostri piatti le storie delle Supercars Ferrari e delle persone che ci sono dietro”.

Racconta Riccardo Forapani, carpigiano, classe 1985, 13 anni in Osteria Francescana prima di prendere le redini del Cavallino. “Per più di due mesi ci siamo interfacciati con il Centro Stile alla ricerca dei dettagli più significativi che rappresentassero ciascuna delle auto, ma anche i contesti storici che hanno attraversato e segnato, le innovazioni delle soluzioni meccaniche, ingegneristiche ed estetiche di assoluta eccellenza introdotte di volta in volta. C’è stata grande ricerca nei sapori, negli ingredienti, nell’intensità che volevamo raggiungere. Volevamo un menu con gusti decisi e brucianti, con un grande impatto visivo, che sapesse esprimere potenza, velocità, ma anche il sogno ed un finale che vuole lasciare una porta aperta al futuro”. Per raggiungere queste sintesi, hanno messo in campo abilità tecniche, precisione, una capacità del tempo di lavoro che non è soltanto talento, non soltanto genialità: è anche mano che gira, ad alto livello.

Ecco i piatti, allacciate le cinture.

288 GTO
Speedform

288 GTO (1984)
Ostriche del Gargano alla brace, accompagnate da una gelatina di pomodoro e ciliegie marasche che riproduce le linee della GTO, spuma di mozzarella, olio al basilico. Un connubio sapido/marino, acido, dolce e amarognolo davvero molto elegante, che “vuole essere un tributo al made in Italy”, spiega Forapani. “Abbiamo immaginato i gentleman-driver di inizi anni 80, sempre affascinati dalla Dolce Vita, che guidano la loro Supercar in costiera e si fermano a mangiare un boccone: mozzarella e pomodoro, o un’insalata di mare hanno fatto impazzire gli stranieri in Italia”. La GTO è l’auto che inaugura il mito delle Supercar Ferrari: il primo modello di serie vicinissimo a un’auto da corsa che sia mai stato prodotto. Motore biturbo, materiali speciali, linee Pininfarina: è di una bellezza e un’eleganza senza tempo. Uscì con questo slogan: “Potete avere la vettura in qualsiasi colore vi piaccia, a condizione che vi piaccia il rosso!”. Ne furono prodotte 272 esemplari, ovviamente tutte in Rosso Corsa, e oggi hanno quotazioni milionarie.

F40 (1987)
Animella, fondo piccante, prugne, aglio nero e mostarda di limone. La F40 è considerata da molti l’icona per eccellenza. L’auto perfetta, per potenza ed estetica. “È stata dura confrontarsi con un mito del genere – ammette Riccardo – nel processo creativo abbiamo dovuto compiere dei collegamenti velocissimi. L’unica maniera per rappresentarla era da dietro: è come quando rincorri qualcosa…la vedi da dietro. O come quando osservi una F40 che sfreccia a tutta velocità e ti volti: le guardi il posteriore. E quello è un dettaglio che riconosceresti sempre, con il suo inconfondibile alettone. La F40 poi è stata la prima Supercar ad avere il motore a vista, e il motore è l’anima della macchina: da qui abbiamo pensato a un’animella, cotta alla brace, laccata con mela leggermente piccante, sotto si trovano limone salato e aglio fermentato, poi il piatto viene ultimato a tavola con una salsa di prugne, in un gioco di dolcezze, acidità e piccante che riflette l’equilibrio tra prestazioni e bellezza. La stampa che riproduce il retro dell’auto al centro del piatto è di erbe aromatiche. È una portata pazzesca. La F40 venne chiamata così per celebrare il quarantesimo anniversario dell’azienda e fu l’ultima Supercar costruita con la supervisione e l’approvazione di Enzo Ferrari. Quando uscì era l’auto stradale più veloce al mondo, con i suoi 324 km/h dichiarati. Venne prodotta dal 1987, in 1311 esemplari. Ultima curiosità: quando qualche mese fa venne ingaggiato Lewis Hamilton come nuovo pilota della Scuderia Ferrari F1, indovinate accanto quale auto ha scelto di farsi fotografare, per la sua prima volta in rosso?

F50 (1995)
Linguine di Gragnano, astice grigliato e la sua bisque, salsa al prezzemolo e gel di limone. La linguina viene cotta in un brodo di pesci e crostacei, poi viene aggiunta un’estrazione di rapa rossa che le dona questo colore rosso intenso, accattivante. Alla base troviamo i bocconcini di astice grigliato al josper, avvolti da salsa verde e aglio dolce. Sopra, a chiudere, la polvere di limone bruciato: è un piatto “rotondo”, avvolgente, che ricorda le sinuosità anni 90 e le linee del bolide made in Maranello. La F50, uscita in occasione del cinquantesimo anno di attività, la prima dopo la scomparsa di Enzo Ferrari, è un’auto tecnologicamente molto avanzata, con materiali e aerodinamica da vera e propria F1 ricoperta (5000cm3 di cilindrata, 400 cavalli di potenza pura). In Ferrari avevano ipotizzato 350 potenziali clienti: ne realizzarono 349, perché “il numero perfetto” sosteneva il Drake, “è una in meno del totale richiesto dal mercato”. Ovviamente sottostimarono parecchio i numeri e l’auto divenne una rarità ricercatissima dai collezionisti di tutto il mondo.

ENZO (2002)
“Questo piatto è un omaggio al fondatore – racconta Riccardo – Dovevo fare qualcosa che gridasse Modena, ma che abbracciasse il mondo. Quindi ho tenuto l’idea dei tortellini, più piccoli di un mignolo – amatissimi da Ferrari (e da Bottura) – e quella del Sorbir” (è tradizione che i modenesi allunghino il brodo con un goccio di lambrusco). Quest’auto è stata collaudata  da Michael Schumacher in persona, dopo la vittoria del suo terzo titolo F1 consecutivo, a Suzuka: fu un anno trionfale. Forapani quindi enfatizza il ponte Italia-Giappone: i Tortellini sono farciti con anguilla alla brace laccata con saba, il brodo tiepido è di coppa di maiale con infusione di tonno essiccato katsuobushi e zenzero. Il lambrusco diventa un concentrato di Grasparossa, miso e grasso di Parmigiano Reggiano, e una volta a contatto con il brodo colora il liquido di un tocco cromatico rosso. Un boccone che unisce radici, vittorie e leggenda. Di F50 ne furono costruite 399, e acquistarla era praticamente impossibile: furono selezionati clienti vip che possedevano già 5 Ferrari, e se la litigarono comunque. È un bolide da 6000cm3 di cilindrata, più di 600 cavalli di potenza pura, più di 350kmh di velocità massima.

Enzo
F50

LaFerrari (2013)
Storione, gelatina di peperone, fondo di carne, nero di seppia, asparagi bianchi, caviale Oscietra Calvisius.“Non è una Ferrari, è LA Ferrari: la somma di tutto ciò che è la nostra azienda e di tutto ciò che sappiamo fare” disse l’allora Presidente Luca Cordero di Montezemolo. I 499 esemplari vennero venduti tutti prima della presentazione. Poi fu costruita la n.500, venduta all’asta (a 7 milioni di €) per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto del 2016 nel centro Italia. LaFerrari è la prima ibrida HY-KERS di Maranello: un progetto estremamente ambizioso che unisce un motore termico V12 da 800 cv con un motore elettrico da 120 kw. Potenza complessiva: 963 cavalli. È anche la prima ad avere doppio colore: carrozzeria rossa, tetto nero. Anche il piatto doveva essere un “ibrido”: l’interno diventa un cuore di asparagi bianchi cotti pochè e marinati, all’esterno storione bianco su cui sopra viene poggiato il suo caviale, intorno c’è un chutney di pomodoro e sotto un fondo di vitello e nero di seppia: animale, pesce, vegetale dunque. Il tutto viene circoscritto da un anello di peperone arrosto: visivamente il piatto si ispira al design dei fanali posteriori, perché questa è l’ultima vettura ad utilizzare questa soluzione visiva.

F80 (2024)
Piccione, cipollotto, rabarbaro, rosa e abete rosso. La F80 è l’ultima Supercar – in ordine cronologico – uscita dalle officine di Maranello: l’apoteosi del know-how e della tecnologia del cavallino rampante. La prima a motore ibrido (termico v6 ed elettrico) interamente sviluppato, testato e realizzato da Ferrari, 1200 cavalli di potenza, 200kmh in 5 secondi. Il legame con le gare di durata è forte: l’architettura e vari componenti derivano dalla 499P, vincitrice delle edizioni 2023 e 2024 della 24 Ore di Le Mans. Ce ne sono soltanto 799 al mondo, e costano 3,6 milioni di euro l’una. Nel piatto gli chef hanno lavorato sulla tecnica, per raggiungere l’essenza: la cottura gentile del piccione affievolisce la ferrosità del volatile. È servito il petto, da gustare a bocconi pieni, opulenti, scarpettando nel suo fondo. A creare l’evoluzione di sapori al palato pensano l’acidità del cipollotto marinato all’alchermes e la balsamicità data dal fondo di abete rosso e dal rabarbaro. I petali di rosa edibili, questa la finezza visiva, sono sistemati sulle carni ricordando le fenditure dell’aria posteriori, posizionate sul motore dell’auto.

F80
LaFerrari

Speedform
Zabaione, Aceto Balsamico Villa Manodori e marasche. C’è una frase di Enzo Ferrari che più di tutte racchiude il pensiero di questa straordinaria maison. Recita: “La migliore Ferrari che sia mai stata costruita è la prossima”. E non si fa fatica a far tornare in mente le parole di Massimo Bottura: “Nel mio futuro ci sarà sempre futuro”. Il menu Supercar non poteva che chiudersi così, con un dessert che è una porta spalancata su quello che verrà, una conclusione che guarda alla tradizione e accelera verso il futuro: una bavarese di zabaione, con un cuore di marasche e aceto balsamico che visivamente richiama le linee delle  vetture utilizzate nei test di aerodinamica, all’interno della galleria del vento. Speedform significa proprio questo: dare forma alla velocità, creare una rappresentazione fisica dell’aria che scivola lungo le superfici dell’auto.

Allineati a un certo gusto e a una certa idea di bellezza, qui stanno costruendo un vocabolario visivo e sensoriale unico, traiettorie disegnate da un compasso. Quello che ti rimane non è un’idea, non sono concetti…è uno stato d’animo, una cosa che ti accade, un colore che hai nell’anima, qualcosa che ti resta.

Posto
Italia/Emilia-Romagna/Modena/Maranello
Ristorante Cavallino

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