Due giovani chef, Alessandro Bartoli e Giulio Canavese, tornano in Italia dopo aver affinato le loro competenze in ristoranti stellati all’estero, tra cui il rinomato Disfrutar di Barcellona, dove si sono conosciuti. Con un bagaglio di esperienze internazionali e una grande passione per la cucina, Alessandro e Giulio portano in tavola un mix di creatività, tecnica e tradizione rivisitata, pronti a sorprendere i palati più esigenti. Àlea Ristorante è il loro ristorante in un piccolo borgo arroccato sulle colline astigiane, Castell’Alfero e si propone così come un luogo di innovazione gastronomica, dove l’eccellenza e la ricerca sono al centro di ogni piatto. È una recentissima apertura che sta già facendo parlare di sé.
Alessandro Bartoli è partito a 17 anni per andare all’estero con la voglia di imparare e crescere come chef, il suo percorso gastronomico lo ha portato in diversi Paesi, ognuno dei quali ha contribuito in modo unico alla sua formazione. In Germania e Svizzera ha avuto l’opportunità di lavorare in ristoranti di alto livello, affinando le sue tecniche e imparando le basi della cucina internazionale. Successivamente, si è trasferito in Inghilterra, dove ha svolto uno stage presso Dinner by Heston Blumenthal, un’esperienza che gli ha permesso di immergersi in un ambiente di cucina innovativa e di alta precisione. Poi è approdato in Spagna, un Paese che ama profondamente, dove ha lavorato per tre anni presso Dani García Cocina con Tradición, un ristorante rinomato per la sua cucina creativa e radicata nelle tradizioni locali. Ha anche avuto l’opportunità di collaborare con Ricard Camarena e di lavorare presso Disfrutar, due esperienze che hanno arricchito il suo approccio alla cucina moderna e alla presentazione dei piatti. Il suo percorso prosegue poi in Belgio, al Boury, un ristorante che gli ha permesso di approfondire le tecniche di cucina contemporanea. Infine, ha avuto l’onore di fare uno stage presso Noma in Danimarca, uno dei ristoranti più innovativi al mondo, che ha rappresentato un punto di svolta nella sua carriera, aprendo la mente a nuove idee e approcci culinari. Questa lunga esperienza internazionale gli ha dato una visione ampia e variegata della cucina che ora è entusiasta di mettere a frutto tutto ciò nel suo ruolo di chef in Àlea Ristorante.
Dopo aver conseguito un diploma con indirizzo scientifico, Giulio Canavese decide di seguire la sua vera passione: la pasticceria. Ha intrapreso un percorso che lo ha portato a scoprire e approfondire le sue capacità. Dopo pochi anni di esperienza sul campo, ha sentito il bisogno di perfezionarsi ulteriormente e ha deciso di conseguire il diploma di pasticcere presso ALMA, la rinomata scuola di cucina fondata da Gualtiero Marchesi, che rappresenta un punto di riferimento per i professionisti del settore. Questa formazione gli ha permesso di affinare le tecniche di pasticceria classica e moderna, aprendogli nuove prospettive e competenze. Ha iniziato poi a lavorare in cucine stellate, tra cui Disfrutar e Glam, dove ha potuto mettere in pratica le sue competenze e sviluppare un approccio creativo e innovativo alla pasticceria. Queste esperienze in ambienti di eccellenza gli hanno permesso di confrontarsi con tecniche avanzate e di perfezionare la sua capacità di creare dessert sorprendenti. Desideroso di ampliare ulteriormente le sue conoscenze, Giulio si è trasferito in Francia, un Paese con una tradizione dedicata ai dessert molto ricca e prestigiosa. Qui ha lavorato presso il ristorante Georges Blanc, uno dei ristoranti più rinomati del Paese, dove ha avuto l’opportunità di crescere professionalmente e di assumere il ruolo di premier chef de partie e ha potuto affinare le sue tecniche di pasticceria e imparare nuove metodologie, integrando la tradizione francese con le sue esperienze precedenti. Il suo percorso, ricco di esperienze in ambienti di alta cucina e di formazione continua, lo ha reso un professionista completo e appassionato, pronto a portare la sua creatività e competenza anche in Àlea Ristorante. Abbiamo fatto qualche domanda ad Alessandro e Giulio per conoscerli meglio.


A bruciapelo: Fine dining. C’è o sta morendo? Risponde Alessandro Bartoli.
A.B: Secondo me non se ne è mai andato. Le cose da seguire a mio parere sono poche ed essenziali: bisogna trattare bene il cliente, sia a livello di prezzo che con la proposta, il servizio. Alla fine non è una questione di fine dining o no. È una questione di essere corretti, sia eticamente che professionalmente. Senza voler lucrare in un momento delicato come questo.
Lo si nota dalla carta, sia nei menu degustazione che la carta vini. C’è un bel equilibrio.
A.B: Il nostro discorso è semplice: vorremmo far avvicinare più persone alla nostra idea di cucina e mantenere dei prezzi corretti ci sembrava la cosa più intelligente. Così da avere un bacino di utenza più ampio. Il menu alla carta lo si costruisce selezionando i piatti da quelli degustazione.
C’è una bella visione sul mondo vegetale, poche proteine (selezionate e calibrate). È una scelta che deriva anche dalle esperienze passate?
A.B: È una scelta nostra, ci piace sperimentare e non è assolutamente voler seguire una moda. E poi, visto che ormai siamo in una stagione calda, ci sembrava logico iniziare con una carta più leggera. Giulio è bravissimo nella pasticceria e con i gelati che declina anche in versione gastronomica per accompagnare antipasti e secondi, un intrigante mix di dolce e salato. Ha una visone molto più tecnica anche nei piatti salati ma anche di accostamenti di sapori, a mio parere ha un ottimo palato. I pasticceri sono polivalenti, ma ci piace lavorare in team, è stimolante.





A proposito, questo pre dessert con le ciliegie in carpione. Avete osato e avete azzeccato il piatto!
G.C.: Volevamo creare qualcosa di originale, fresco, che avesse lo scopo di pulire la bocca tra il fine pasto e il dessert. Una piccola porzione, perché se fosse stata più abbondante sarebbe risultata stucchevole. Ho usato un aceto di Jerez e una parte di aceto di mele per la marinatura delle ciliegie. Il liquido di governo lo adopero come una salsa. Utilizziamo le Ciliegie Ferrovia che arrivano da Saluzzo. Cerchiamo di lavorare il più possibile con agricoltori e artigiani locali.
Siete qui da un mese, in carta qualche piatto testato in precedenza o tutte nuove creazioni?
A.B: La Lingua grani di senape e camomilla è il piatto che avevo presentato per San Pellegrino Young Chef Academy 2024, è diventato un signature dish e a seconda della stagione lavorerò sugli abbinamenti vegetali. Una preparazione lunga: salamoia per 24 ore e poi sottovuoto per 18 ore, poi la brasiamo. Resta molto morbida. Sta piacendo tanto. Stiamo comunque affinando tutto il menu, d’altronde è un test cucina anche per noi. Alcuni piatti resteranno in carta altri verranno sostituiti.
Dove guarda la cucina di Àlea?
Vogliamo guardare al cliente, alle persone che arrivano fino a qui devono trovare qualcosa di diverso ma che le faccia stare bene e con il desiderio di tornare. E, soprattutto, avvicinarli a una cucina contemporanea che sia comprensibile, devono capire cosa hanno nel piatto, anche se sono accostamenti inusuali. Ma nulla di così astratto o complicato. Il gusto ci deve essere sempre.

Mi sembra di aver percepito la volontà di voler proporre un percorso equilibrato, tra tecnica e materia prima, che si ispira alla materia prima, istintivo.
G.C.: Ci deve essere sì ricercatezza ma anche familiarità nel gusto e negli accostamenti anche se possono sembrare un po’ più particolari. Al momento non c’è un’idea chiara, siamo appena nati. Ma vogliamo che i clienti siano contenti e che tornino con il sorriso e un bel ricordo. In questo momento sono piatti menu istintivi, che guardano ai prodotti, alla materia prima. Non abbiamo avuto tempo di elaborare un discorso più filosofico/concettuale. Al momento in carta c’è la nostra visione di cucina, come l’abbiamo pensata.
Al momento vi sentite come in una grande libreria, con tantissimi libri sistemati un po’ alla rinfusa e state cercando di mettere ordine.
Proprio così, stiamo cercando, con i giusti tempi, di implementare la nostra libreria.