Diego Guerrero tiene in mano una copia del suo libro di cucina del 2016, intitolato irreductible1 (“indomabile”). Un ritratto di Diego, a grandezza quasi naturale e molto realistico, si staglia dalla copertina bianca e spoglia del libro, sfidando l’inesorabile incedere del tempo. Guerrero ha appena festeggiato il suo 50° compleanno pochi giorni prima.
In Spagna la crisi di mezza età si chiama “la crisis de los 50” e, dopo avergli augurato “feliz cumpleaños”, gli chiedo se sente qualche sintomo della temuta sindrome. Colto alla sprovvista, mi respinge la domanda troppo personale con tutta la grazia che riesce a sfoggiare con così poco preavviso.
Crisi? Quale crisi? Neanche per sogno!
In realtà, Diego Guerrero assomiglia ancora incredibilmente al suo ritratto di copertina di quasi dieci anni prima. Certo, ora indossa gli occhiali, ma il suo sguardo è ancora provocatorio sotto una patina di cordialità professionale. Ha ancora una testa piena di riccioli indisciplinati che un rocker invidierebbe. Ha corso più di 10 km prima di andare al lavoro quella mattina e sfida sé stesso a creare 50 nuovi piatti all’anno per DSTAgE, il suo ristorante all’avanguardia con 2 stelle Michelin nel sofisticato ma bohémien quartiere Las Salesas di Madrid.


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