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design in cucina
La carica dei 100 (+1) di Arclinea
La celebrazione della cucina come spazio relazionale attraverso il gesto italiano di Riccardo Camanini
Testo di
Greta Contardo
Foto di Arclinea – cortesia
Foto della serata di Greta Contardo
La carica dei 100 (+1) di Arclinea
7 minuti

“È un onore cucinare in una cucina così”. Riccardo Camanini è lì, in piedi, con la compostezza di chi maneggia il sacro. Siamo a Milano, nello showroom di Arclinea in via Durini 7, nel cuore pulsante della Design Week. Ma lui sembra scollegato dal clamore, immerso in una concentrazione calma che ha qualcosa di liturgico; le mani si muovono sicure e delicate tra gli strumenti. Davanti a lui, non una semplice cucina, ma un palcoscenico: il modello Proxima di Arclinea, severo e sensuale.

Riccardo Camanini, anima e chef del Lido 84 a Gardone Riviera, lo conosciamo bene, ed è l’ospite d’onore di una cena carica di significato. E non poteva che essere lui – artigiano colto, sperimentatore umile – a incarnare lo spirito di questa celebrazione: 100 anni di Arclinea, ovvero cento anni di design, di bellezza e di cultura che si fanno luogo. Cucina come architettura, ma anche come antropologia, come spazio di relazione. Infatti, la cucina per Arclinea, non è mai stata solo una stanza. Da cent’anni l’azienda interpreta questo spazio come crocevia di gesti, emozioni, riti quotidiani. Uno spazio vivo, organico, che cambia con noi, che ci accompagna. Non l’idea astratta, non solo l’arredo, non solo la stanza con i fuochi e i pensili. La cucina come epicentro della casa. Come spazio emotivo prima che funzionale. Paesaggio antropologico, sociale, culturale. In una parola: italiano.

Arclinea nasce nel 1925, nel Vicentino in un connubio tra la falegnameria di Silvio Fortuna (il fondatore) e la sua trattoria; la fusione tra cultura del design e cultura del cibo era chiara fin da subito, così come l’attenzione particolare verso il cibo. Il legno, in casa Arclinea, è sempre stato più di materia: è memoria, è gesto artigianale. È progettazione che ha il sapore delle cose ben fatte, con cura, come un ragù che cuoce lento. E così la bottega di Silvio Fortuna Senior (così si chiamava) diventa Arclinea e nel 1960 inizia la produzione di serie di mobili da cucina. Nel 1963 arriva Claudia, la prima cucina con elettrodomestici incorporati: una rivoluzione. Negli anni 80 l’azienda comincia a lavorare con architetti esterni e a fine anni 90 il sodalizio con Antonio Citterio segna l’inizio di una nuova epoca: quella in cui la cucina non è più solo un mobile, ma un’architettura da abitare, dove ogni dettaglio ha un senso. E la cucina diventa così lo spazio della cultura del cibo. Da lì, una costellazione di modelli iconici, tecnologie invisibili ma essenziali, superfici che raccontano. Camminare nello showroom di via Durini è come entrare in una sinfonia. Ogni modello di cucina è una variazione su un tema antico, il convivio, ma con un’attenzione spasmodica per il dettaglio, con una capacità incredibile di far convivere estetica e tecnica, legno e metallo, tradizione e avanguardia.

Gianni Fortuna, CEO Arclinea
Antonio Citterio

100 anni da celebrare con 100 ingredienti

Torniamo alla Milano Design Week 2025, a quei 100 anni da celebrare. Camanini è uno che la cucina la pensa prima di farla. Parla di strumenti come un liutaio, riconosce nelle superfici la voce dell’artigianato. E in quella sera ha avuto un compito simbolico: interpretare alcuni dei 100 ingredienti del progetto Arclinea 100 YEARS, 100 INGREDIENTS, attraverso il 101esimo ingrediente: la cucina. Già, perché senza lo spazio, il gesto non esiste. Senza lo strumento, il pensiero resta sospeso.

La Milano Design Week rappresenta l’inaugurazione di un panorama di iniziative artistiche e culturali che si succederanno durante l’anno al fine di promuovere i valori del marchio Arclinea con un pizzico di convivialità e tanta cucina. In primis, il progetto 100 YEARS, 100 INGREDIENTS che è un libro fotografico e da cui è derivata la mostra che ha arricchito lo spazio di via Durini nella settimana del design. È un coffe-table book raffinato, un atlante poetico del gusto che ritrae cento immagini di ingredienti rappresentativi del patrimonio gastronomico italiano. Le fotografie di Amélie Ambroise, artista francese, sono ritratti in still-life (l’art direction è firmata Juma, nda): si tratta di ingredienti nudi, catturati prima della trasformazione. Ogni scatto è un atto d’amore per la materia prima e il linguaggio visivo è quello del collage con livelli di senso, suggestioni, anatomie. Anche l’aglio ha un’aura, anche un radicchio può commuovere. La selezione degli ingredienti è curata da Giovanni Marabese, antropologo del cibo e risulta in un viaggio da regione a regione, per raccontare la biodiversità italiana attraverso i suoi sapori più autentici. È la materia prima che incontra la cultura. È la cucina che torna a essere linguaggio.

Non è solo estetica, è una dichiarazione d’intenti: valorizzare la biodiversità alimentare, ricordare la ricchezza sensoriale dell’Italia, regione per regione. Ogni ingrediente è un frammento di paesaggio, di dialetto, di memoria. Dice Riccardo Camanini, introducendo la cena: “Abbiamo pensato di rappresentare la cucina italiana, che è fatta di primi piatti. Quindi stasera il menu sarà un po’ atipico e sarà formato nei piatti principali da paste e riso, interpretando alcuni dei cento ingredienti”.

Quale miglior dimostrazione di una cucina se non con la cucina?

Amaranto, nocciola, miso di pane, cavolo nero. Una madeleine di ceci che sa di infanzia mediterranea. Yacon, burro, miele soncino affumicato dolce. Una tartelletta con ricotta affumicata e pomodorini gialli che sembra l’estratto di un’estate. Un brodo di funghi secchi e marsala che profuma d’autunno con l’idrolato di abete rosso. E poi ancora: Fusillone tiepido con pomodori verdi marinda, pistacchi e basilico; Pasta al forno con gamberi, peperone crusco, broccoli e curry verde; Riso con cavolo rapa, anguilla affumicata e fritta, nocciole e ruta.

Ogni piatto è un esercizio di equilibrio. La materia prima è protagonista, ma non gridata. Camanini la lascia parlare con delicatezza, come un direttore d’orchestra che conosce i silenzi. Accompagna con il gusto un’idea di cucina che sia italiana, viva, evolutiva. Accanto ad Arclinea, in questa sinfonia sensoriale, c’è Miele. Una collaborazione tra due marchi che condividono valori profondi: qualità, affidabilità, bellezza funzionale. Camanini lo dice con chiarezza: “Spesso nei ristoranti stressiamo i macchinari fino al limite. A casa, con Miele, la performance è uguale. È un piacere privato, egoistico”. L’elettrodomestico diventa strumento musicale. Non si vede, non interrompe, sostiene. La tecnologia non è esibita: è al servizio, è parte del gesto.

Tutto, in questa serata, converge verso un solo centro: la cucina come spazio relazionale, luogo artistico e domestico insieme. Dove ci si guarda, ci si racconta, ci si nutre davvero, non solo di cibo. La forza di Arclinea è proprio questa: non vendere cucine, ma creare ecosistemi di relazione. Ogni progetto è una grammatica nuova per abitare il quotidiano. Ogni finitura racconta una filosofia, ogni dettaglio porta con sé una scelta di campo. Arclinea, nel suo secolo di vita, ha saputo mantenere viva una tensione poetica. Ha portato avanti la grande lezione del design italiano: creare non solo oggetti, ma storie da abitare. E in questa epoca in cui tutto cambia velocemente, il gesto di cucinare resta tra i pochi ancora capaci di rallentare il tempo, di renderci presenti.

Gianni Fortuna, CEO di Arclinea, lo dichiara senza esitazione: “Vogliamo innovare nel design, ma anche sostenere la cultura gastronomica”. E questo anniversario è l’occasione perfetta per farlo con generosità. Le fotografie di Amélie saranno messe in vendita su Artsy.net, e i proventi (al netto delle commissioni) andranno a sostenere le rette universitarie di studenti meritevoli all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

La cultura chiama cultura. La cucina chiama futuro.

E mentre Camanini ripone i suoi utensili, con la calma di chi sa che anche il silenzio è parte del discorso, resta addosso una certezza: la cucina è il nostro vero teatro. E Arclinea, da un secolo, ne scrive i copioni più belli.


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