Intervista
Premiata Trattoria Italiana
Una cucina sulla stufa a legna come 200 anni fa
Una chiacchierata con Federica Rossini dell’Albergo Ristorante Cacciatori a Cartosio
Testo di
Sandra Salerno
Foto cortesia
Una cucina sulla stufa a legna come 200 anni fa
8 minuti

Nell’era dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie sempre più evolute, c’è ancora chi cucina come 200 anni fa, utilizzando strumenti come la stufa a legna, che ci riportano a un passato di ricordi felici, quando le nostre nonne si dedicavano alla preparazione dei pasti per tutta la famiglia. Proprio come succede al Ristorante Albergo Cacciatori a Cartosio, in provincia di Alessandria.

Fondato nel 1818, in quella parte di Piemonte che guarda da vicino la Liguria e che dalla Liguria coglie tutta una serie di ispirazioni oltre a godere delle eccellenze gastronomiche di un territorio rigoglioso, che nasce tra terra e mare. Cartosio così diventa una tappa imprescindibile per l’unicità del luogo, del fatto che quando arrivi ai Cacciatori stai entrando nella cucina di Federica Rossini e di Massimo Milano, che ti accolgono nella loro casa e raccontano cosa c’è di buono per cena. “Dell’accoglienza, della cucina e dell’ospitalità ne abbiamo fatto la ragione della nostra vita”. Federica lo recita quasi fosse un mantra.

Federica, ci può raccontare come la famiglia Milano è giunta a Cartosio?

Grazie ad approfondite ricerche di un amico storiografo negli archivi vescovili e municipali, si è arrivati a stabilire la data dell’arrivo della famiglia Milano a Cartosio (nel 1642), dal paese di Nocco (NO). All’epoca Cartosio apparteneva al Marchesato del Monferrato, era un paese di confine molto importante. A metà del 1700 il podestà del paese iniziò a pagare la famiglia Milano per aver dato da mangiare alla guarnigione. Giungiamo al 1818, dove troviamo la Regia Patente, un documento che attestava il rinnovo dell’attività di locanda e vendita tabacchi. Per questo motivo la data di inizio ‘certificata’ dell’attività di ristorazione riporta questo anno specifico.Trovo sia una cosa bellissima che la stessa famiglia sia evoluta, cambiata, sono riusciti a dare vita a un progetto così importante che “cavalca i secoli”. E, se posso permettermi, una data molto significativa è quella della stufa a legna, che è del 1952, una signora che non mandiamo in pensione.

Ci racconta i piatti storici dei Cacciatori?

Tra i piatti storici troviamo i tagliolini, i ravioli, il pollo alla cacciatora. Già quando in cucina c’era mia suocera abbiamo sempre lavorato molto sugli antipasti di verdura, seguendo la stagionalità, e tutta una serie di prodotti del territorio che cambiano a seconda dei mesi di coltivazione. Sono ricette storiche, che riproduciamo di anno in anno. Vorrei precisare che la maggior parte dei piatti che sono in carta, soprattutto certe preparazioni come le Torte salate o il Pollo alla cacciatora, vengono cucinati sul momento, sulla stufa a legna; non li abbiamo pronti nel frigo.

La fretta è da sempre nemica della buona cucina

Sono d’accordo. Ancora oggi, il fatto che noi cuciniamo praticamente tutto sul momento alcune persone non lo recepiscono e pensano che in cucina ce la prendiamo con comodo. I clienti abituali lo sanno e comprendono che ci sono dei tempi tecnici da rispettare. Vorremmo che questo punto fosse percepito da tutti: chi si siede a tavola al ristorante dovrebbe avere voglia di rilassarsi, lasciarsi andare e per qualche ora prendere la vita con un po’ più di calma.

Si nota un cambio, anche se impercettibile, sul menu

Vorremmo che chi arriva qui capisse che noi non siamo fossilizzati su un’idea di cucina che deve essere per forza quella. Nell’evoluzione c’è anche il fatto di voler far comprendere che dietro alla semplicità di un piatto c’è sempre e comunque un grande studio, che nulla è improvvisato. La clientela al giorno d’oggi è multi-variegata: ci sono gli habitué, che ci conoscono da anni e tornano spesso per i nostri classici, ma sanno che possono trovare anche delle novità. Amiamo raccontare quello che è il nostro percorso anche a chi non è mai stato qui. Ci sono sempre i fuori carta a seconda della reperibilità dei prodotti. Quando abbiamo delle tavolate più numerose capita che ci chiedano determinati piatti, già provati, i nostri classici. Come lo stinco che richiede una lunga preparazione, oppure la faraona. Questo senso di esclusività è molto apprezzato dagli ospiti.

Quanti coperti servite?

Con il menu per tutta la sala, in particolari periodi dell’anno come Natale, Pasqua e Ferragosto, contiamo circa 30 coperti ma tendenzialmente ci fermiamo a 20-22 per poter servire al meglio tutti gli ospiti. Le persone devono arrivare a Cartosio, perché come sapete non siamo su una rotta turistica. Proprio per questo motivo dobbiamo far vivere un’esperienza unica.

Il Progetto delle Premiate Trattorie Italiane

Il progetto delle Premiate Trattorie Italiane è nato nel 2012, ci hanno chiesto di entrare nel 2017 (e la cosa ci ha fatto davvero molto piacere) con un ingresso ‘ufficiale’ dal 2018. Ci siamo ritrovati da subito in sintonia, la volontà di comunicare e promuovere il territorio di appartenenza, raccontare le tradizioni familiari attraverso la cucina e le ricette. Teniamo a sottolineare che siamo cuochi, non chef. Anche se non amiamo le etichette. Contano attualmente 21 insegne lungo tutto lo stivale che condividono gli stessi valori.  Il progetto è nato grazie all’intuizione di Sergio Circella de La Brinca (Genova) di Federico Malinverno del Caffè de La Crepa (Cremona), Alberto Bettini di Amerigo 1934 a Valsamoggia (Bologna) e di Avguštin Devetak dell’omonina Locanda di San Michele del Carso (Gorizia). C’è il desiderio di ampliare il numero dei soci, ma l’idea è di non superare la quota di 30 insegne, per non snaturare il senso del progetto. Prima di far entrare un nuovo locale si vagliano i profili, bisogna valutare le differenti identità. Sono necessarie determinate caratteristiche. Ci deve essere il desiderio di portare qualcosa all’interno dell’associazione, un valore aggiunto verso gli altri ristoranti, perché ci autoalimentiamo, con nuovi progetti, nuove idee, sinergie.

Federica ci regala due tips, due chicche sul territorio?

Certo. Vi suggerisco una gita a Sassello (SV). Macelleria Giacobbe (Piazza Giacomo Rolla 7) per i salumi artigianali e altri prodotti gastronomici e per gli amaretti morbidi la Pasticceria Giacobbe, a pochi passi dalla macelleria.

Quando è entrata ufficialmente in cucina?

Ho fatto gli studi classici. Arrivo da laureanda a un corso di analisi sensoriale di secondo livello con l’università di Piacenza e il Centro Studi Formazione Assaggiatori di Brescia. Dopo il corso mi si è aperto un mondo! Di conoscenza e modo di pensare sul e per il cibo. Inizio come consulente e nel 2006 conosco Massimo (Milano), mio marito. Il mio arrivo ufficiale nella cucina de I Cacciatori è nel 2009. Forse era destino che approdassi alla cucina, perché sin da ragazzina amavo collezionare ricette ritagliate dalle riviste e archiviarle in dossier appositi che conservo ancora. Ho sempre avuto una buona cultura del cibo anche se in casa non avevo esempi di donne che cucinavano perché sia mia mamma che mia nonna erano donne che hanno sempre lavorato e cucinavano per necessità.

Da chi ha imparato le ricette storiche de I Cacciatori?

Devo dire grazie a due incontri e ai preziosi consigli che ho ricevuto appena iniziato il lavoro in cucina: quelli di Nadia Santini, che mi disse che anche lei imparò tanto dalla suocera, ricette, trucchi e segreti. Il secondo è quello di Davide Scabin, che mi indicò una strada di tradizione, di storia e identità, netta e definita: “I clienti arrivano da voi per determinati sapori per un insieme di cose. Soprattutto per i saperi, che vengono tramandati”. Inoltre, mi suggerì di assorbire come una spugna tutto quello che vedevo, sentivo e annusavo in quella cucina. Con due personaggi come Nadia e Davide che mi consigliavano la medesima cosa non potevo pensare di fare diversamente. Il primo servizio da sola lo feci il 14 febbraio del 2013 e da allora non sono mai uscita dalla cucina. Per prima cosa comunicammo a tutte le guide di settore del cambio di direzione in cucina. La nostra grande soddisfazione in questo cammino di transizione è stata veder confermate tutte le valutazioni sulle guide gastronomiche. Grande motivo di orgoglio, questa continuità tra la precedente gestione della cucina e quella attuale: la squadra dei Cacciatori funziona bene.

E i punti di evoluzione?

La cucina non è mai rimasta immobile, quello che è tradizione per me è lavorare sugli ingredienti. Significa prendere una ricetta e portarla al 2025 senza stravolgerla. Che non vuol dire prendere un pollo alla cacciatora e scomporlo, ma lavorare su una ricetta tramandata, perché ha alcuni unicum che non si trovano negli altri polli alla cacciatora: dall’olio extra vergine di oliva, al determinato pelato, che deve essere speciale, all’inserimento di alcuni ingredienti. Tutto è cambiato. Per noi l’evoluzione è questa: aver interpretato quella tradizione così importante, in una versione più contemporanea. Anche inserendo e cambiando nuovi piatti, se contiamo che in cucina siamo in due. Ogni 40 giorni il menu cambia, è qualcosa di molto importante, una mole di lavoro immensa da gestire. E poi c’è il confort food per i clienti storici ma anche tante novità per chi non è mai arrivato a Cartosio e può decidere cosa mangiare. Il Vassoio degli antipasti fa parte di questa Evoluzione: c’è la voglia di far scoprire una ricetta, un ingrediente. Come la Bagna Brusca, che è il bagnetto caldo monferrino, che d’estate serviamo al posto della bagna cauda. Il vassoio è un insieme di piatti e tradizioni antiche che a noi serve per raccontare questo territorio. Le proposte sono moltissime e tutte importanti e vale la pena scoprirle.

Posto
Europa/Italia/Piemonte/Alessandria
Albergo Ristorante Cacciatori

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