Se anni, amori e bicchieri di vino non si contano mai allora siamo a cavallo. Dopo una brevissima giornata trascorsa all’edizione 2025 della fiera internazionale Slow Wine a BolognaFiere, sicuramente si perde il conto dei vini assaggiati, ma non quello delle persone e dei mondi conosciuti.
Nata quattro anni fa con “soltanto” quattrocento cantine, alla sua quarta edizione Slow Wine Fair ha ospitato più di mille produttori (con oltre cinquemila etichette) provenienti da ventinove Paesi e circa quindicimila visitatori tra professionisti e appassionati, tutti pronti – calice in mano – a fare il giro del mondo attraverso quell’unica bevanda, che con le sue infinite sfumature accompagna e scandisce la storia dell’umanità fin dall’alba dei tempi: il vino. Però, più che una bevanda, il vino è un prodotto agricolo, è il risultato del lavoro di vignaioli e vignaiole in primis, ma anche di enologi ed enologhe, di professionisti che si occupano della sua comunicazione e della promozione così come della distribuzione.
Sono state più di cento le conferenze e le masterclass di questa edizione, con un focus sugli argomenti salienti del settore: dai packaging innovativi ai vitigni dimenticati all’economia circolare che ruota attorno alla produzione del vino, passando per lo stato dell’arte dei vini italiani nel mondo e per la narrazione della biodiversità dei luoghi attraverso il vino. Vincente si è rivelata anche la collaborazione con SANA Food (fiera dedicata ai prodotti biologici in linea con i principi Slow Food di filiera corta e controllata) che ha raccolto 250 aziende buone, pulite e giuste nel suo spazio espositivo, arricchendolo di degustazioni, show-cooking e workshop.
Ma torniamo all’evento di Slow Wine: in quanto studentesse dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, parte integrante della comunità di Slow Food e appassionate di vino non potevamo perderci l’occasione di partecipare. Il poco tempo a disposizione e il rischio di non rimanere sobrie dietro l’angolo ci hanno costrette a fare una selezione. Con una enorme mappa in mano grande più di noi, abbiamo tentato di scegliere i produttori con cui soffermarci in base alle zone di produzione, ma poi, dato l’elenco infinito e la persistente indecisione ci siamo date all’esplorazione più assoluta camminando tra i banchetti e scegliendo in base a istinto e ispirazione. Nota di merito: nessuno stand era più evidente dell’altro, il marketing delle singole aziende era pressoché inesistente. Finalmente ci siamo trovate davanti un’esposizione basata sul lato umano, sui volti e sulla sola capacità di trasmettere passione e competenza. Per fortuna le persone erano protagoniste e il vino faceva da tramite per raccontare le loro storie.

Siamo passate dall’Etna alla Georgia, dalla Francia alle Marche e al Piemonte, con qualche rapido stop in Giappone, in Croazia e in Slovenia. Abbiamo percepito attitudini, assaggiato vini e ascoltato storie diverse, ognuna parte di un contesto a sé stante e il tutto presentato in un modo sorprendentemente democratico. Realtà più o meno piccole e conosciute, con approcci al mondo del vino differenti, ma tutte pronte a raccontarsi non curandosi delle loro diversità ma solamente della propria unicità. L’incontro con Giuseppe Paolì dell’azienda Sive Natura – a Catania – ci ha rapite: con lui abbiamo discusso dell’espressione del territorio nei loro vini, soprattutto il Carricante tra il versante est dell’Etna e la Val di Catania. Oltrepassando il confine nazionale invece, siamo rimaste stregate dalla chiacchierata con Nika Jeiranashvili, dell’azienda Kolagis, che produce vino dal 1887 in Georgia, nella regione di Kakheti. Ex avvocato per i diritti umani, Nika ci ha raccontato come, oltre a produrre vino in puro stile georgiano – quindi utilizzando lunghe macerazioni e affinamento in anfora – in azienda producono anche vini in “stile europeo” con macerazioni più leggere e affinamento in acciaio, per avvicinare in maniera graduale il consumatore europeo al “gusto” dei vini georgiani.

È capitato più di una volta che, terminate le degustazioni, i produttori esordissero con frasi come: “ma noi non facciamo solo vino eh”. A quel punto offrivano anche olio o liquori da loro prodotti. Un gesto gentile per mostrare con fierezza la multifunzionalità dell’azienda, che oggi è una tendenza (o forse una naturale conseguenza) che contribuisce ad aumentare la biodiversità agricola e il benessere dell’azienda stessa. Detto questo, non vediamo l’ora di tornare? Yes. Oui. Sì. Ja! Ma abbiamo imparato la lezione, ci prenderemo più di un giorno e faremo un piano d’azione organizzato al minuto per conoscere più persone, più luoghi, più vini e più mondi.