Roberta Corradin, chi ha una certa età se la ricorda. Ha fatto la giornalista gastronomica prima che diventasse di moda, a inizio millennio ha tenuto una rubrica di cucina cult su un noto settimanale, poi ha lasciato tutto, è diventata ristoratrice di successo in Sicilia e quindi ha lasciato tutto di nuovo. È fatta così. Adesso scrive libri (Cannoli siciliani è il fictional memoir della sua vita sull’isola pubblicato nel 2023 per Giunti, Ma i libri lo sanno è il suo ultimo romanzo – pubblicato a giugno 2024 sempre per Giunti – che racconta le cose da pazzi che riescono a fare le donne quando giocano in squadra) e poesie. Anzi, “piccole epiche per cuochi”, le chiama lei. Quando ce le ha lette, ci siamo entusiasmate. Con i versi di M’incarti il sommelier interpreta il tema di questo numero.
Insegnerai tuo malgrado
Caro chef, sto pensando proprio a te.
A te, che quando sei approdato nelle cucine blasonate scodinzolando come uno stagista avevi occhi per tutto, ansioso d’imparare, e ci restavi male quando nella brigata gli altri non condividevano.
Sto pensando a te, che da giovane commentavi con un sorrisetto chissà che cosa si credeva l’executive che aspettava la notte e la solitudine per fare la preparazione del suo piatto signature lontano da occhi indiscreti. Sto pensando a te, che quando lui se n’è andato, hai modificato il sorrisetto in ghigno: sarà contento, ora che si è portato con sé le sue ricette per sempre.
Sto pensando a te, che diventato executive a tua volta, hai dimenticato il passato e custodisci geloso il presente, per quale futuro, poi, te lo sei chiesto?
Sto pensando a te: ma non sarà che la sicumera del successo ti fa male?
Caro chef, penso a te, e chissà com’è, ti penso maschio. Un esecrabile episodio di sessismo, il mio, di cui scandalizzarsi? Sarà. Ma sarà anche che quel frammento di eternità che noi donne ci trasciniamo appresso nel DNA ci aiuta ad avere il senso del fluire e divenire delle cose, della gente, delle ricette, e di noi che le cuciniamo.
Contratti multipli di Apprendistato
Il giovane voleva imparare.
Gli avevano detto che il vecchio
sapeva insegnare.
Sapeva, ma non voleva.
Il giovane allora salì dal vecchio
e gli chiese insegnami.
Il vecchio non disse niente.
Gli diede una pignatta e un mestolo.
E lo mise alla prova.
Lo portò a scalare le montagne.
Gli insegnò a cucinare l’odore del cielo.
Gli fece distillare le nuvole di passaggio.
Mise nelle sue ricette il ricordo dei fiori.
I colori. Gli odori.
Il giovane scese dalle montagne.
Aveva imparato.
Il vecchio allora rimase un po’ lassù,
un po’ nelle ricette che il giovane
cucinò sino al giorno in cui divenne
vecchio a sua volta, e a malincuore guidò
un altro giovane sulla montagna,
a scalare le vette del sapore.