Alzi la mano chi non ricorda Sailor Moon. Vi vedo, siete tutti con le braccia conserte. Quella paladina della giustizia vestita da marinaretta è un’immagine indelebile degli anni 90. Io che in quegli anni ci sono nata, sono cresciuta con il mito di Bunny – la protagonista impacciata, goffa, ghiotta e un po’ frignona – con i suoi scettri, la sua coscienza sotto forma di gatto nero e il magico “potere del cristallo di luna”. Ho sempre pensato che non esistesse nessuna supereroina in grado di superare sentimentalmente quel personaggio, poi ho incontrato Sailor Butter e i miei assiomi d’infanzia si sono sciolti come burro al sole. Perché noi illuminati (o fulminati) gastro-matti sappiamo bene che non c’è niente che il burro non possa aggiustare e il super potere di questo personaggio è proprio il burro. Sailor Butter è Diletta Zenna, pasticciera classe ’89 originaria di Pontelongo, un paese della Bassa Padovana con meno di 4000 abitanti che è noto come “il paese dello zucchero” per la presenza di uno dei più importanti zuccherifici d’Italia. Sailor Butter non è un nome che si è data lei e nemmeno gliel’ho dato io: l’ha tirato fuori una sua amica specializzata nell’arte del ricamo che, per omaggiare la loro amicizia fatta di burro e amore per i carboidrati, le ha regalato una T-shirt alla marinara con ricamato un cuore con una brioche e l’emblematica scritta “sailor butter”. Quando Diletta me l’ha mostrata ho capito che Sailor Butter era la paladina della giustizia che avrei voluto avere da bambina. E ora l’ho trovata.
Conoscete Diletta Zenna? Se sì, bravi, siete sul pezzo. Se no, lasciate perdere un attimo Instagram e continuate a leggere. Diletta è una pasticciera fuori dagli schemi, con un percorso sui generis: la vita con le mani in pasta è per lei una seconda (forse anche terza) esistenza. “Non ho una formazione classica in pasticceria” dice subito senza mezzi termini. E questa è decisamente la sua parte più bella, nonché la più difficile e ambigua. Non avere background culturali ed esperienziali in materia le ha sempre consentito di apprezzare tutto, di provare forti emozioni e di avere costantemente la pelle d’oca, il pinotto come lo chiama lei in dialetto, per qualsiasi cosa le provochi euforia.
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