Reportage
sailor butter
Sogni appena sfornati
I nodi di Diletta Zenna
Testo di
Greta Contardo
Foto di
Anna Corai
Da Cook_inc N. 34
Sogni appena sfornati
17 minuti

Alzi la mano chi non ricorda Sailor Moon. Vi vedo, siete tutti con le braccia conserte. Quella paladina della giustizia vestita da marinaretta è un’immagine indelebile degli anni 90. Io che in quegli anni ci sono nata, sono cresciuta con il mito di Bunny – la protagonista impacciata, goffa, ghiotta e un po’ frignona – con i suoi scettri, la sua coscienza sotto forma di gatto nero e il magico “potere del cristallo di luna”. Ho sempre pensato che non esistesse nessuna supereroina in grado di superare sentimentalmente quel personaggio, poi ho incontrato Sailor Butter e i miei assiomi d’infanzia si sono sciolti come burro al sole. Perché noi illuminati (o fulminati) gastro-matti sappiamo bene che non c’è niente che il burro non possa aggiustare e il super potere di questo personaggio è proprio il burro. Sailor Butter è Diletta Zenna, pasticciera classe ’89 originaria di Pontelongo, un paese della Bassa Padovana con meno di 4000 abitanti che è noto come “il paese dello zucchero” per la presenza di uno dei più importanti zuccherifici d’Italia. Sailor Butter non è un nome che si è data lei e nemmeno gliel’ho dato io: l’ha tirato fuori una sua amica specializzata nell’arte del ricamo che, per omaggiare la loro amicizia fatta di burro e amore per i carboidrati, le ha regalato una T-shirt alla marinara con ricamato un cuore con una brioche e l’emblematica scritta “sailor butter”. Quando Diletta me l’ha mostrata ho capito che Sailor Butter era la paladina della giustizia che avrei voluto avere da bambina. E ora l’ho trovata.

Conoscete Diletta Zenna? Se sì, bravi, siete sul pezzo. Se no, lasciate perdere un attimo Instagram e continuate a leggere. Diletta è una pasticciera fuori dagli schemi, con un percorso sui generis: la vita con le mani in pasta è per lei una seconda (forse anche terza) esistenza. “Non ho una formazione classica in pasticceria” dice subito senza mezzi termini. E questa è decisamente la sua parte più bella, nonché la più difficile e ambigua. Non avere background culturali ed esperienziali in materia le ha sempre consentito di apprezzare tutto, di provare forti emozioni e di avere costantemente la pelle d’oca, il pinotto come lo chiama lei in dialetto, per qualsiasi cosa le provochi euforia.

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