Tre donne e tre storie diverse in Piemonte, per un concentrato di passione e caparbietà che in alcuni casi abbatte i confini nazionali e conferisce un sapore universale al nuovo corso dell’artigianalità agroalimentare italiana. Con la complicità territoriale dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG) targata Slow Food.
Spesso si sente dire che gli italiani, in particolare quelli delle generazioni più recenti, non hanno voglia di “sporcarsi le mani”, di impegnarsi nei lavori più faticosi e di mantenere vive le tradizioni dei genitori o dei nonni. Senza voler entrare nel merito di considerazioni legate a come si è evoluta la società moderna o di discorsi ancor più complessi riferiti alla globalizzazione e alle logiche geopolitiche (tra i tanti argomenti che si potrebbero affrontare), è innegabile che mantenere vivo il sapere antico di certe produzioni è diventato in molti casi una pratica piuttosto complicata. Ecco perché acquisisce grande valore la presenza sul territorio nazionale di una realtà come quella dell’Università di Pollenzo, che, in Piemonte, funge da fondamentale punto di riferimento nel mantenere vive le tradizioni delle varie tipicità dell’agroalimentare italiano e nel portarle all’attenzione delle nuove generazioni attraverso lo studio e la pratica sul campo. E che, oltretutto, ha contribuito in poche stagioni a globalizzare in maniera piuttosto originale un mondo contadino solo ai nostri occhi immutabile e fermo, con risultati oggi a dir poco sorprendenti. Per questioni facili da immaginare, un effetto piuttosto evidente lo si è avuto con maggior incisività sul territorio piemontese, già ricco di suo di eccellenze gastronomiche (qui la lista è talmente lunga e passa attraverso nocciole, peperoni, formaggi, carne, cioccolato e vino, che è più facile interrogarsi su cosa manchi in questa regione quando si parla di prodotti d’eccellenza…) e soprattutto perché chi ha avuto modo di passare dalle aule di Pollenzo si è ritrovato poi a frequentare i campi, le colline e le montagne vicine alla scuola. Abbiamo focalizzato l’attenzione su tre giovani donne che, con una modalità e un vissuto diverso tra di loro, rappresentano magnificamente il futuro delle tradizioni contadine italiane. Anche quando la carta d’identità curiosamente riporta come luogo di nascita l’India o la Germania.
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