Reportage
torinese e internazionale
Condividere quel qualcosa in più
Nella Nuvola di Lavazza, il ristorante sorprendente e rassicurante di Federico Zanasi
Da Cook_inc N. 28
Condividere quel qualcosa in più
9 minuti

Decine di frammenti di tazzine ricomposte a formarne una più grande stanno al centro di una delle pareti. Mentre scorrono i piatti del pranzo, le guardo e mi sembra che il senso di questo luogo stia lì. Quell’opera di Skizzo non è solo un evidente omaggio al caffè e alla famiglia Lavazza. È il simbolo, chissà se involontario, dell’idea di ristorazione che, servizio dopo servizio, qui ci si impegna a portare avanti, rompendo le consuetudini, gli schemi e i gusti e riproponendoli in una forma che è allo stesso tempo inedita e riconoscibile. Ci torneremo più avanti, ma uno degli aspetti più curiosi e interessanti di Condividere è che mette l’ospite di fronte a un originale paradosso gastronomico: tutto è sorprendente eppure rassicurante

Condividere apre nel 2018, la stampa lo annuncia come la versione torinese del Tickets di Barcellona. Il locale italiano di Ferran Adrià. A guidarlo c’è Federico Zanasi, modenese, cuoco di straordinarie umiltà e tecnica. Diverse esperienze più o meno casalinghe prima di stare per oltre dieci anni insieme a Moreno Cedroni e approdare poi allo Snowflakes di Cervinia. Qui viene notato da Bob Noto che torna un paio di volte a trovarlo senza dire nulla, prima di organizzare una gita, insieme ad alcuni rappresentanti della Famiglia Lavazza, per proporgli di essere preso in esame come chef del ristorante che sorgerà nella Nuvola, la nuova sede dell’azienda torinese di caffè.

Federico accetta e per lui inizia un intenso periodo di formazione e di costruzione che dura quasi tre anni: segue Albert e Ferran Adrià nelle loro attività, cena nei loro locali con l’obiettivo di cogliere cosa funzioni e cosa invece vada migliorato, lavora con Luís García – lo storico maître del Bulli – e con lui immagina quali saranno i tratti che dovranno caratterizzare la sala di Condividere. “Volevo che il servizio fosse gestito da ragazzi giovani, che sentissero questo locale come il loro – racconta Federico – volevo che si presentassero con il proprio nome e che tutti portassero i piatti a tavola e fossero in grado di raccontarli, perché la condivisione che avevo in mente era anche quella delle informazioni oltre che quella della squadra. Un servizio informale e semplice ma attento, appassionato e competente come lo avevo visto più volte all’estero e troppo raramente da noi”.

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