“Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza.” Johann Wolfgang von Goethe Affollamento, stupore, progetto d’impresa giovanile fuori da ogni logica finora da me conosciuta. Un’insolita incredulità si muove in quella parte della vita dove ancora non è radicata la convinzione che tutto è possibile. L’impatto è scettico ma non esclude stima e curiosità. L’allestimento del banco esterno post conferenza stampa poi è irresistibile. Gli ingredienti sulla pizza sono un’esplosione di gioia. Una palette piena di vividi colori. Tutti i sensi iniziano a essere coinvolti, tante emozioni si succedono e la delizia di questi tranci mi accompagna alla scoperta di quel “cosmo”, come acutamente verrà poi descritto, appena conosciuto. Piove. Ombrello. Pezzo di pizza ancora da finire. Bus. Martellamento costante di pensiero. Ma chi sono? Come hanno fatto? Da dove spunta questo Forno Brisa? Dopo qualche visita al laboratorio, tanti colloqui e due articoli, passano i mesi e lo scetticismo diviene collaudato sodalizio. Siamo a fine marzo, in pieno lockdown, e il tempo mi è propizio per iniziare questo viaggio. I dialoghi intrapresi, intervista dopo intervista, toccano corde profonde, segno che, per quanto sia dura non cogliere l’energia che l’incontro in presenza ti dà, non sarà certo uno schermo a fermare le percezioni del cuore, quelle che più contano. Mettetevi comodi. Caffè, tisana, drink, quello che volete. Qui, nello staff del Forno Brisa, sono esperti in tutto. Passo dopo passo scopriremo un universo dove ogni sogno viene realizzato, dove il senso di comunità, l’aiuto, la coesione, la valorizzazione delle persone non sono un imperativo ma un’innata condizione dell’essere.


Lab. Età media 23. Partiamo dai retroscena. I luoghi dove si decide tutto e dove il tutto si crea. Il laboratorio in Bolognina (il Lab) ha dei murales dalle atmosfere street style così affascinanti da rubare lo sguardo anche ai più succulenti e profumati dolcetti in bella vista appena sfornati. Reminiscenza. “Sono diventato un ometto qui” mi racconta Leo, indiscusso pizza-architect del Lab. Recente è il suo approdo all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG), come insegnante, insieme alla squadra di Forno Brisa. “Ho conosciuto David Zilber[1] durante un Master in Fermentazioni. Incredibile, il numero uno. Siamo andati a cena insieme e gli ho mostrato le foto dell’impasto rosa – creato con carote viola fermentate – con cui ho preparato le pizze con topping di pollo marinato alla birra e manzo alla tequila. Fichissimo. Quando le ha viste è impazzito e siamo diventati amici”. I talenti qui non hanno ostacoli nel fiorire. Insieme a lui c’è Rafi, bangladese, prima assunzione fatta 4 anni fa dai pionieri (Davide Sarti e Pasquale Polito) che avviarono il Forno. In pochi mesi da lavapiatti è diventato pizzaiolo e poi responsabile del reparto. “Ho lavorato in ambienti molto duri… poi ho incontrato il Forno Brisa che mi ha salvato la vita”. Quando arrivò iniziavano alle 10 a.m. e chiudevano la giornata con 9 teglie di pizza. Adesso chi è di turno inizia alle 5 a.m. e ne stende 70. Poi si è aggiunto Nahid anche lui dal Bangladesh. Ora ha 19 anni. Non parlava italiano ma Rafi si è fidato di lui e gli ha insegnato tutto. Ormai sono come fratelli. Linea temporale di successione per trasmettere una conoscenza che possa portare benefici a tutti. Qui i segreti non esistono. Nemmeno per Charles, altro pezzo di mondo del Lab. Belga, è amore quello tra lui e il cacao che l’ha portato a vivere tre anni in Perù dove ha scoperto come realizzare un cioccolato indimenticabile, ora trapiantato al Forno. Anche lui membro del team della pizza, si impegna con ardore nello sperimentare, una condizione costante degli artigiani Brisa. “La cultura dell’impasto, del sapore, delle texture, la croccantezza abbinata a cose morbide, i grani usati. La pizza è una base. Poi puoi andare dove vuoi”. Dal Brasile arriva Yan. Studente di ampia visione.
“Per definire un tipo di farina qui usi sempre anche il nome di chi la produce – commenta, entusiasta di aver trovato un luogo dove la componente umana è al centro di tutto – anche ora in questa situazione di emergenza ognuno porta un contributo. L’apertura genera condivisione che è in realtà una moltiplicazione”.
Crescono esponenzialmente, infatti, il valore e la ricchezza di vita che questi giovani apportano all’azienda, un modello di business felice. Una condizione che parte dal seme, coltivato in piena libertà nei campi abruzzesi di Nocciano dove Pasquale, originario del posto, ha deciso di utilizzare il sistema del miscuglio evolutivo diffuso dal genetista Salvatore Ceccarelli. I benefici sono infiniti sia per la natura che per il benessere della persona. Il 35% della farina utilizzata per il pane prodotto dal Forno viene da lì, il resto da altre realtà, tutte virtuose. Artigiani maneggiatori di questa preziosità sono Chiara e Gianluca. Il mestiere del fornaio riscopre così il suo intrinseco valore. Come un’artista compone una tela, questi giovani di talento plasmano il cibo che più ricorda la semplicità, le nostre origini, la convivialità. “Ho davanti la figura di mio nonno che lo taglia stringendolo al petto”. Rievoca Chiara arrivata qui per uno stage così come Gianluca. “Se c’è un problema ci aiutiamo – mi racconta – non c’è invidia, non c’’è competizione, ci si diverte e si impara, sempre. E questo è il valore aggiunto di Brisa”.



In poco tempo sono diventati il team del pane, esperti nel creare pagnotte rupestri, un Pane Agricolo Radicale come lo definiscono loro. Chiara ha pensato di usarle come tele e incidere i tratti di famosi dipinti. Un dialogo tra le arti. Interconnessioni che affiorano in ogni direzione. Il team del Lab prosegue con una new entry: Jack. Scuola alberghiera, esperienza in Francia e poi gavetta in una trattoria. “Ciò che mi colpisce qui è la totale assenza di una scala gerarchica. Tutti ascoltano tutti. Pareri, consigli e critiche”. Anche lui come in tanti sogna di aprire una sua attività. Se tante realtà sostenibili come la loro emergessero, il mondo cambierebbe. Sì, poiché è il cibo il fil rouge che unisce i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dall’ONU nell’Agenda 2030. Cambiare alla radice la dimensione sociale, ambientale ed economica nella direzione di uno sviluppo sostenibile, è cambiare l’umanità. Mangiare una pagnotta, un croissant, un dolcetto, una colomba o un panettone pensando al bene che fai al mondo cambia la vita. Siamo in zona pasticceria ora. Le leader sono Michela e Claudia. Il lavoro che occorre per produrre questi dolci principi delle festività è di tre giorni. La pasta madre è il punto più critico. E se tutto andasse storto? Michela ammette che può succedere ma mi spiega che “Si cerca di fare tante piccole accortezze in modo da diventare super scrupolosi e capire. Io voglio imparare il più possibile qui e un giorno aprire il mio forno”. Questa prima costellazione del cosmo Brisa si conclude con Ilaria, farmacista, diplomata all’Accademia Niko Romito, coordina tutta la logistica. Arrivata per una ricerca è rimasta incastrata divenendo un grande punto di riferimento per tutti. Nel firmamento continuano a spuntare brillanti stelle.

San Felice Store. Solo con il tempo, facendo ciò che hai davanti, emerge quello che è più affine alla tua essenza. I sogni li alimenti così, con l’esperienza. La vita diviene dunque un mosaico di straordinaria bellezza. Anche Clementina ha trovato la sua dimensione passo dopo passo. Si laurea come interprete, passa al mondo del counseling per poi riscoprirsi Manager dello Store Brisa di San Felice. “Venivo da un posto di lavoro in cui non stavo bene. Qui ho trovato una realtà partecipativa, divertente. Al colloquio mi chiesero cosa avrei cambiato dell’azienda, cosa non funziona a prima vista. Ho detto cinque cose e dopo due settimane le abbiamo messe in pratica”. Clem ha vissuto in Cina e in vari altri paesi come Inghilterra, Spagna e Israele. E riconosce quanto la multiculturalità ti permetta di capire cose che altrimenti non capiresti. Poi c’è Giorgio, l’uomo del reparto caffè. Abile nel metterti a tuo agio, quest’anno è volato in Honduras – lui è di origine ecuatoriana – a visitare le piantagioni. Erano 13 anni che non tornava in America Latina. “Quello che c’è dietro una tazzina di caffè è poesia. Vedi animali, stili di vita, cibo, persone, i problemi e come li affrontano. Solitamente con il sorriso stampato in viso”. Anche qui il sorriso non manca mai. Con Giorgio affrontiamo il tema delle difficoltà. Quelle interiori. “Condividere costantemente il macro-obiettivo e costruire al suo interno un proprio obiettivo personale fa sì che tu veda ogni ostacolo come una sfida non un motivo per mollare”. E chi rimane, evidentemente, è chi veramente ci crede. Cileno di nascita, bolognesi i nonni, Mario è un altro pilastro dello Store. “Saper guidare, insegnare, ascoltare, imparare a gestire anche la mia vita privata e capire quali siano le priorità, sono cose che ho imparato qua”. E le tue origini? “Mi hanno insegnato il rispetto per l’insieme. Secondo me questo riavvicinamento tra vita urbana e contadina è il futuro ed è quello che lasceremo ai nostri figli”. Anima sensibile è anche Sara. Amante dello yoga e dei viaggi, con una spontanea inclinazione all’accoglienza e alla cura dell’altro, ha portato un contributo unico e prezioso al Forno: l’ascolto. “Non di qualcuno che parla – precisa – l’ascolto della situazione, il percepirla, farla propria e agire”. Alla ventesima intervista online il format si è consolidato e con Nike – mia compagna di viaggio – abbiamo creato una specie di salotto telematico. Stessa ora, circa, ogni giorno, conversiamo con i ragazzi delle loro vite, del futuro di Brisa e di cosa possiamo fare per cambiare il mondo.
Castiglione Store. 24 anni, danese, sta studiando psicologia all’Università e al contempo si sta laureando in una scuola del suo paese d’origine per fare l’insegnante perché pensa che siano competenze utili per imparare a interagire con le persone. E lei in questo è davvero brava. La sua capacità di far stare bene gli altri è travolgente: “Quando c’è un dolce c’è la felicità” mi dice Frederikke, Store manager del punto vendita di Castiglione. I ricordi balzano a quando mi riempì di prelibatezze e sorrisi. Da allora mai più dimenticai la crostatina con la nocciola e la confettura di albicocche bio così come il bignè con crema alla vaniglia. L’estasi dei sensi. Pilastro del reparto caffè e che ambisce a evolverlo è Lorenzo. Anima green con sguardo rivolto al training. Sua è la missione plastic free nel forno. “La prima azione è stata eliminare le bottiglie grandi da un litro e mezzo. Il prossimo sarà mettere delle torrette”. Qui quello che si dice, si fa. Questo è anche il modus operandi di Sara, solare e instancabile lavoratrice – una laurea in economia – non solo è abile nella parte tecnica ma anche nel rapporto con i clienti verso i quali riserva la massima cura e attenzione. Fare rete è nel loro DNA. Davide infatti, altro membro di Castiglione, studi in enologia e viticultura. Vorrebbe ampliare il reparto dedicato al vino, anch’esso in continua evoluzione. Cantine da visitare, scambi agricoli da realizzare e vino naturale per tutti. Il legame ancestrale con la natura dirige ogni decisione e azione. Ha partecipato ad alcune vendemmie e ha preso parte all’avviamento del progetto vinicolo di anfora condivisa di Davide Longoni, Panificio Moderno e Forno Brisa in collaborazione con l’azienda agricola De Fermo.

Galliera Store“C’è tanta creatività, tanta flessibilità. È questo che permette all’azienda di crescere”. Così esordisce Lucio, Manager di Galliera. Con lui, che ama stare con le persone, approfondiamo come sia riuscito a conquistare questo ruolo. “Prima di essere assunto il mio obiettivo era diventare responsabile di negozio e da qui a 5 anni avere la mia attività. Ho lavorato dando il mio 120% ogni giorno e ci sono arrivato. Per l’altro obiettivo è come se qui lo avessi realizzato”. Altro membro del team è Lorenzo, 22 anni, laureato in Scienze Gastronomiche all’Università di Parma. Molto sensibile al tema della sostenibilità vorrebbe applicare i suoi studi al Forno come ad esempio trovare proteine vegetali che possano sostituire quelle animali. “Penso che sia necessario per il Pianeta e per la propria salute limitare il consumo di carne. Occorre non essere estremisti e dare una visione complessiva della situazione per sensibilizzare le persone a questi temi”. Customer Care di Galliera è Ciro. Migliore amico di Leo, la sua priorità è coccolare il cliente. “Alcuni mi mandano anche il buongiorno e la buonanotte per messaggio, per lo più anziani. E le ragazze over 65 mi dicono che sono bellissimo”. Sua è la gloria di aver raggiunto un record di vendite panettoni. “L’obiettivo era 200, ne ho venduti più di 500. Questa esperienza mi ha fatto molto crescere e mi ha fatto vedere che ho tante potenzialità. Ora con Monica mi sto dedicando alla caffetteria. Ha piacere che faccia io il filtro. L’allievo che supera il maestro”. Anche Monica, come Giorgio, ha vissuto un’intensa esperienza in Perù, nelle piantagioni. “Sono stata ospitata da un capo indigeno. Ci ha raccontato che grazie al lavoro svolto da 7Elements ha potuto curare sua moglie malata di tumore. Con il caffè, così come con il pane, puoi salvare una persona dall’altra parte del mondo”. Esperto di caffè è anche Antonio. 5 anni a Buenos Aires, il Sud America qui va per la maggiore, e poi Londra. Il primo del Forno a diventare papà. A Brisa ci è rimasto perché si è sentito come in una grande famiglia. “Io spero di portare con le mie esperienze non solo conoscenze tecniche ma anche di vita e culturali. Il mio obiettivo era avere una roastery: poter tostare un caffè e servirlo nello store di Galliera la location storica, la prima a essere stata aperta”. Obiettivo raggiunto. Antonio è oggi il tostatore del Forno.
Chi pose le fondamenta. “Porca miseria questa è una delle cose alla Forno Brisa”, esordisce Pasquale. Trentasette interviste non sono poche ma se vuoi conoscere a fondo qualcosa non devi risparmiarti. E alla fine, quando il valore che hai di fronte è immenso, quello che ricevi è sempre più di quello che dai. “Avete una squadra straordinaria”, replico io.
“Le persone sono tutte belle. Forno Brisa è un terreno dove puoi crescere. Il prodotto rimane, sono stato in Lab due settimane e ho scritto dieci pagine di appunti sulle accortezze della produzione della colomba (meglio nota come Coolomba, ndr), ma il benessere ora è l’obiettivo principale”.
Una di quelle rivelazioni che è sempre stata lì. Ma adesso la vista, quella più sottile, l’ha messa a fuoco. “Nella mia testa, ad esempio, l’opzione riduzione del personale durante questo lockdown non è mai esistita. La chiave è che non c’è nessuno che lavora per me o per Davide”. E se il punto di forza sta proprio nell’amalgamare e valorizzare le diversità, tutto è possibile. “Ci siamo incontrati all’UNISG a Pollenzo, frequentavamo insieme il corso di Alto Apprendistato per Panettieri Pizzaioli – racconta Davide, grafico di formazione – avevamo due idee opposte. Io volevo imparare a fare la pizza per scappare a Ibiza. E lui voleva coltivare varietà territoriali di grani teneri abruzzesi. Abbiamo fatto lo stage lui da Longoni e io da Bonci. Quando ho visto per la prima volta il suo banco delle pizze al Pizzarium il mio cervello ha avuto un cortocircuito. La base di patate, il minestrone di verdura e parmigiano sopra, le alici messe di profilo oppure ogni 3 cm, la mortadella così… Ma è legale?”. È stato innamoramento e fonte di ispirazione. Per loro è un continuo mixare: colori, consistenze, sapori, culture, origini, gusti, anche direzioni tanto alla fine la base, l’essenza, converge sempre. La biodiversità a Brisa è l’humus costante per il successo presente e futuro. E il crowdfunding ne è stata la sua naturale evoluzione, una scelta in nome di una finanza diversa, di un’azienda partecipata. Un’occasione per loro di mettersi a nudo completamente, per chiarirsi le idee e prendere delle decisioni. In principio fu come estrarre acqua dal deserto. Porte in faccia dalle banche, tanti no, cambiamenti repentini ma la flessibilità, come ben emerge, è parte del tessuto ed effetto spontaneo di un’unità difficile da scalfire. Una coppia collaudata dagli sforzi quella di Davide e Pasquale forgiata fin dagli albori quando in quei pochi metri quadri che componevano il vecchio Lab, mandavano avanti la filiera produttiva dalle 5 della mattina fino a notte. Non stop per sei mesi. Chapeau. “Pasquale ci ha messo il contenuto e io ci ho costruito il contenitore attorno. Volevamo rendere pop figo cool qualcosa che era bistrattato da tutti.


La gente si chiedeva: come mai lo comunicano così? Cos’è questa roba? È pane? No, ma non è pane. Però ci sono i grani antichi, la pasta madre, e una pagnotta vale 9 mq di terreno… ma che bello fammi sentire questo pane!”. La grafica è spaziale. Racchiude il genio, qui tutti lo chiamano così, di Davide. L’evocazione è della street art, energia vibrante e travolgente. Autentica. La rete rappresenta lo spirito di Pasquale, in origine studente di geografia, panettiere fai da te e dog-sitter.
“Mi piace vedere le persone insieme. Casa mia è sempre stata un porto di mare. Le scelte di base non cambieranno mai. Relazioni e integrità”.
Special Guest & more“Fare impresa – prosegue Pasquale – è stata una cosa nuova, però tutti ci hanno incoraggiato e hanno creduto in noi. Abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo ed è sempre arrivata la verità”. Dall’universo si diramano altri fili dorati di storie, di persone che mai per un secondo hanno mollato il colpo; di stare con loro e soprattutto di credere in loro. Brisa d’altronde è un effetto domino di amicizie, di legami sinceri che con coraggio affrontano quello che si presenta e insieme lo superano. C’è Uovo Dj con cui condivisero il percorso di Teglia Paradise Pizza[2], il primo reparto pizza dove lavorarono anche Leo e Ciro; c’è Davide Longoni, maestro sotto tanti punti di vista e caro amico. Imparare dai migliori, “rubare le ricette”[3] e farle proprie, è uno dei loro punti di forza. C’è Matteo Piffer, altro prezioso amico. C’è la rete dei PAU (i Panificatori Agricoli Urbani) creata nel 2018 da Davide (Longoni), Matteo e Pasquale, forte esempio di come il confronto continuo, l’assenza di avidità o di egocentrismo, permetta a tutti di crescere e migliorare illimitatamente. Ci sono anche Ferdinando Giannone, nutrizionista, l’uomo di scienza e di coscienza che li affianca in tutta la parte di ricerca e sviluppo; Michela Salvatelli, la figura per loro fondamentale per imparare a gestire un’azienda e Adriano Zago, che sul vino prodotto in biodinamica è il loro fidato consigliere. Daniele, altro membro del team, partito dal banco ora nel commerciale, prima di arrivare al Forno stava perseguendo il suo sogno, diventare il miglior maître del mondo. Quando si accorse di non essere felice. “Li vedevo sempre così sorridenti, tranquilli e contenti. Mi sono licenziato e mi sono unito a loro”. Con un entusiasmo irrefrenabile il suo desiderio ora è di avvicinare ristoranti che desiderino avere prodotti di qualità. Poi c’è Gregorio con cui tutto iniziò e che, anche se da qualche mese ha preso la sua strada, rimane un elemento fondamentale del Forno. Le ore di lavoro nel Lab, i sogni, i progetti condivisi, un pezzo di vita. “Brisa è tanta roba messa insieme con estrema coerenza e fedeltà alla linea. È una nebulosa piena di roba bella”. È quello che si percepisce anche da fuori e che mi racconta Chiara, moglie di Davide.
“Tra loro c’è un approccio molto maturo. Sto cercando di imparare da questo e di portarlo nelle mie relazioni personali. Tutto quello che hanno realizzato è venuto fuori in modo genuino, dal loro impegno e dalla loro forte passione”.
Cuore di mamma invece è Susanna, mamma di Davide e scoppiettante sostenitrice del progetto da sempre nonché pilastro, fino a poche settimane fa, del settore amministrazione. “Quando vai in negozio vedi tutti questi ragazzi davvero convinti, che vogliono davvero spaccare il mondo. Nulla sembra essere un ostacolo. C’è sempre lo stimolo per fare, per trovare una via, andare avanti e realizzare il sogno”. Piena di vitalità e solare è Nike, meravigliosa tessitrice di legami. Nel team si destreggia tra il marketing e la comunicazione. Laureata in Storia, amante del food e delle riviste di food dove per un periodo lavorò; Davide e Pasquale la conquistarono con una dedica scritta su una cartolina: “Lascia stare gli altri”. Decise che sì, era arrivato il momento dell’esclusiva. “Qui ho toccato con mano la possibilità del cambiamento. Per esempio, quando parliamo di Save the Zolla – uno slogan, ma anche il nome della pagnotta di 2 kg prodotta con il grano derivato da 9 mq di terreno – vogliamo sensibilizzare sull’importanza della selezione delle farine per avere un impatto positivo sulla terra. L’economia a Forno Brisa è del benessere ambientale, sociale, etico. E questo è veramente chiaro ogni giorno”. Il benessere è anche al centro della chiacchierata con Laura. Settore amministrazione, dispensatrice di buon umore, moglie di Pasquale e per questo, ma non solo, onnipresente, si definisce un caterpillar emotivo. “L’impegno per loro non è un exploit, un picco e poi scende la botta. No. È un impegno costante, di tutti i giorni fatto di sacrifici. Trovo che ci siano costanza e coerenza nel dire quello che facciamo e fare quello che diciamo. Niente di più né di meno. Questo mi piace un sacco”. Se dovessi pensare a tutte le essenze unite, cosa è diventato oggi dopo solo cinque anni Brisa? “Un cosmo. È sconfinato, è infinito. Se penso a Mario, a Clementina, a Frederikke con la sua dolcezza, Ilaria, Rafi, anche alle persone che hanno preso strade diverse, credo che tutti abbiano lasciato una traccia, come una stella che anche se non la vedi più, rimane la sua scia nello spazio”.