Testo e foto di Amelia De Francesco
Il Calamaio, a pochi km dalla città di Lucca e sulle colline che tendono al mare, era un tempo di proprietà di tre fratelli, che conducevano l’azienda agricola per ragioni di mera sussistenza: un pollaio, l’orticello e qualche filare di vigna. I tre fratelli, nella loro semplicità, erano assai moderni, tanto che la leggenda narra che fossero i primi ad avere in casa la vasca da bagno, che mettevano a disposizione dei compaesani proprio come il forno a legna per cuocere il pane.
Lo stesso spirito di gioviale convivialità anima adesso la collinetta, messa a nuovo (o quasi) da Samuele Bianchi, classe ’71, ingegnere civile che la passione per il vino ha in parte rubato alle costruzioni.
Soffio 2017 – Un bianco strutturato, il cui incontro (ormai alcuni anni fa) fu una vera rivelazione. In circa mille bottiglie all’anno (quest’annata sarà imbottigliata verso aprile), trascorre circa 24 h sulle bucce e fa solo acciaio. Base Chardonnay, vitigno scelto per la spalla e la bella struttura, e Petite Manseng come omaggio alla Francia e ai vini dolci francesi, dotati di una spiccata acidità che li rende piacevoli. È il racconto della collina esposta a est, con il sole la mattina, il lato più fresco del Calamaio e chiaramente vocato per i bianchi.
Antenato 2016 (in bottiglia da metà febbraio) – Vecchi cloni di varietà locali (soprattutto Buonamico al 60%) cui si aggiungono poco Merlot e Sangiovese. Un vino balsamico, aromatico e di annata calda stavolta, sintesi di vitigni diversi con maturazioni differenti. Interessante lo studio ampelografico (non ancora concluso) che ha avvinto Samuele convincendolo da subito a dare vita all’Antenato. Niente legno, solo acciaio.
Iolai – Il nome, nota esclamazione lucchese che indica stupore, è tutto un programma. Un vino giocoso, questo Merlot in purezza, che troverete solo in magnum. Che berrete tutta senza nemmeno fiatare.

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