Testo e foto di Lorenzo Sandano
Una pizza romana, di qualità, è possibile. Solo questione di sviluppo culturale e mediatico. È noto come, da parecchi anni, sia la pizza per eccellenza – quella napoletana – sia la focaccia/pizza gourmet stile Nord Italia (ma anche la pizza Al taglio/in teglia, merito di personalità come Gabriele Bonci), abbiano beneficiato di attenzione e fermento da parte degli addetti al settore. Processo che ha sdoganato vari fattori: la costante ricerca rivolta alle materie prime; la cura maniacale per lieviti e lievitazioni; la sperimentazione di nuove tipologie di forni e modalità di cottura. Da un lato, alzando sempre più il livello. Dall’altro, generando anche mode eccessive e piccoli nuovi mostri. Altrettanto non si può pienamente dire per la versione circoscritta nei confini capitolini – seppur parzialmente diffusa in diverse zone d’Italia – caratterizzata da un’identità ancora poco intaccata da una mediaticità così spinta. La pizza romana canonica, battezzata dai locals scrocchiarella, presenta prerogative distanti dalle altre tipologie di pizze: grammatura minore dell’impasto, realizzato con lievito di birra e olio di oliva (o di semi nel peggiore dei casi), idratazione piuttosto bassa e stesura al mattarello. Per conferire una struttura molto sottile, sfogliata e croccante durante la cottura in forno a legna (350 gradi circa), con tempi più lunghi rispetto alla napoletana, arrivando anche a 3 minuti. Fin qui tutto bene, “ma il problema è l’atterraggio”. Nel caso specifico, a parte rari esempi innovativi che stanno nascendo nella Capitale, il difetto maggiore della pizza romana è quello di contemplare spesso materie prime scadenti o dozzinali. Tra i pizzaioli veterani di questa scuola, spesso viene associato il concetto di prodotto popolare, a quello di esercizio non degno di cura o ricerca. Da qui, la voglia di riscatto e rivoluzione.
Back to the Pizza… Romana, ma guardando al futuro.
Così, la ciclica riabilitazione del vintage risuona anche nel modo gastronomico: dando vita a nuovi interpreti della romana scrocchiarella, in una veste ricercata, tecnica, ma capace di preservare le caratteristiche principali di questa classica preparazione. La pizzeria 180 grammi, a Roma, rientra positivamente in questa nuova categoria. Aperta da pochi mesi, già con ottimi risultati, nel quartiere periferico di Centocelle, spazio pulito e moderno, con rimandi retrò dallo spirito popolare, e un bel laboratorio a vista. Artefici del progetto – al motto di “Back to the pizza” – i due pizzaioli GoodFellas Mirko Rizzo e Jacopo Mercuro. Il primo, titolare della vicina pizzeria al taglio Pommidoro (autodidatta, ma con un’illuminante palestra formativa al Pizzarium); il secondo, giovane talentuoso ex-proprietario della pizzeria Mani in Pasta di Ostiense, proveniente dalla old school del maestro pizzaiolo Angelo Iezzi.
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