La pizzeria/friggitoria intergalattica di Jacopo Mercuro a Roma
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
Illustrazione di Federico Taddeucci
Original images by ESA/Hubble projected on a tv screen and used as background for this shooting by Alberto Blasetti
Ritorneremo a viaggiare. Lo riporto più come augurio che come affermazione assoluta. In un periodo ove l’unico assoluto che possediamo – io e il fotografo Alberto Blasetti – rimane l’appetito. Per questa Fase 2, ci accontentiamo di solcare rotte galattiche da casa nostra, rispettando ancora le norme di tutela Covid. Un’odissea negli impasti a domicilio dunque. Ammirando monoliti di fritti panati e spicchi di pizze orbitanti, che atterrano dall’interspazio direttamente nelle nostre abitazioni. No, non abbiamo ripreso contatti con gli spacciatori post-quarantena. O meglio, in qualche modo forse sì. Il nostro pusher prediletto di pizza romana è tornato a bordo della sua astro-pizzeria di quartiere: l’imbarcazione stellare 180g Pizzeria Romana di Centocelle by Jacopo Mercuro. Scatenando nei nostri ventri gorgoglianti, uno stato di eccitazione da colossal cinematografico. Avevamo già narrato gli esordi di questo indirizzo proprio sulle pagine di Cook_inc. qui. Ma molte novità – a velocità della luce – sono intercorse dall’alba new school della pizza romana. Brandita e scagliata verso il futuro come l’osso roteante dal palmo dell’ominide kubrickiano. Tra le più recenti e contestuali news, l’offerta Delivery insieme a un format inedito, dedicato esclusivamente al comparto friggitoria. Ancora pizza (?) penseranno alcuni lettori. Sì, perché la pizza a domicilio è cosa sacra. E in questo caso non parliamo di un banale adattamento confezionato e recapitato a casa: l’approccio meticoloso e fantascientifico di Mercuro, lo ha condotto a ripensare da zero la sua metrica di impasto, per assicurare massimo risultato anche nel pre-post trasporto casalingo. Calcoli, prove e sperimentazioni che manco il supercomputer HAL 9000 saprebbe partorire. Per cogliere a pieno tale processo – e apprendere lesue riflessioni sul tema – ci affidiamo al canonico QuarantineQuest.
Un breve periodo di pausa di riflessione a cavallo del primo periodo di quarantena. Poi la ripartenza in doppietta con l’attività di pizzeria e un nuovo progetto legato alla friggitoria. Quando/come avete realizzato di scegliere e di impostare queste offerte delivery?
Il primo periodo è stato devastante quanto produttivo, a casa era un sali e scendi di emozioni, una volta sei carico al massimo, in altri momenti hai il morale sotto le scarpe. Progettare da casa è stato complicato, ma è stato un tempo utile per ricaricare le pile e per sperimentare, tanta sperimentazione che ci è servita per la riapertura. Come avrete modo di provare abbiamo rivoluzionato tutto, dalla pizza ai fritti, avevamo bisogno di una scossa.
Erano già formule aderenti alla vostra offerta? Esistevano o esistono delle criticità da affrontare?
Da 180g abbiamo sempre dato poco spazio all’asporto, il delivery invece mai fatto in tutta la mia vita. Da 180g si facevano più turni anche durante la settimana, era impossibile poter soddisfare la richiesta delle persone che chiedevano la pizza da portare via. Il primo giorno di delivery è stato un inferno, è tutto un altro lavoro che si svolge in tempi diversi e compressi, a oggi quel battesimo per fortuna sembra già un lontano ricordo.
Il format dei fritti di 180g, seppur accennato nei mesi precedenti, è una novità che si prospetta vincente anche per situazioni future. Raccontaci come è nata e in cosa consiste.
La nostra friggitoria è sempre stata molto apprezzata, lo considero un nostro fiore all’occhiello, è una friggitoria moderna, che come tutto quello che facciamo guarda al futuro. C’è un lavoro chirurgico dietro, un lavoro che mi appassiona quanto il mondo dei lievitati, è il mio modo di avvicinarmi alla cucina. In occasione della Città della Pizza dello scorso anno, siamo andati a Milano portando la nostra friggitoria. Nonostante avessimo portato un numero considerevole di fritti, siamo andati sold out in pochissimo tempo, lì mi è scattato qualcosa. Per Milano era una novità assoluta; c’è la voglia di creare un format replicabile sotto 180g friggitoria romana.
Il punto debole della pizza a domicilio risulta sempre la resa dell’impasto e dei condimenti: spesso compromessi dal trasporto e dagli sbalzi di temperatura. Con la vostra pizza questo non accade. Sappiamo che hai studiato un impasto nuovo, pensato appositamente per il modello delivery. Puoi raccontarcelo?
Purtroppo è così, la pizza nel cartone perde molto in consistenza e i condimenti tendono a rovinarsi. Il mio primo amore è stata la pizza in teglia, che dal mio punto di vista è la pizza più tecnica, se fatta bene. Ho deciso di riportare sulla pizza tonda romana le nozioni della pizza in teglia, un prodotto da rigenerare che può rimanere croccante anche nel cartone e che con le dovute accortezze può anche essere scaldata dal cliente. Siamo molto felici del prodotto che vi stiamo portando a casa, ma ovviamente puntiamo a migliorare ancora.
Grandi materie prime con abbinamenti studiati al millimetro. Avete sempre dato risalto a produttori di nicchia nel vostro lavoro. È semplice mantenere questo tenore e un rapporto attivo con i fornitori a seguito dell’emergenza Covid?
La materia prima è tutto, non c’è un ingrediente lasciato al caso, ci piace che la storia della nostra pizza possa essere accompagnata da storie di persone che come noi fanno del loro lavoro un credo. Se prima i condimenti erano studiati al millimetro, oggi lo sono ancora di più, abbiamo deciso di non proporre delle pizze a noi care perché perderebbero molto durante il tragitto, abbiamo capito cosa possiamo fare e cosa no, sarà un modo per apprezzare ancora di più il momento che la pizza arriverà direttamente al tavolo. Bisogna combattere la crisi, ma non risparmiando sulla materia prima, sarebbe la prima mossa perdente. Dovrà esserci ancora più comunicazione con quelli che non chiamo fornitori ma compagni di avventura, che con il loro lavoro fanno parte della nostra pizza.
Metodo di conservazione, packaging, consegna. Come lo avete impostato?
Anche lì nulla è lasciato al caso, quella è la nostra immagine, il nostro biglietto da visita, vogliamo che nelle case entri 180g in tutto e per tutto. Il cartone della pizza ha la nostra stampa, il box dei fritti ha i nostri stickers firmati da Manolo Morrone, mai come quest’anno abbiamo centrato il tema 2020 Odissea nella Pizza. Ma vorrei precisare che non sarà importante solo il packaging, ma tutta l’immagine social: abbiamo rafforzato molto la nostra parte grafica che aiuta il cliente a capire cosa stiamo facendo e come.
Che sistema di delivery utilizzate? Quali piattaforme consigliate? Coprite l’intero perimetro di Roma?
Abbiamo deciso fin da subito di non uscire dal quartiere; anche se abbiamo creato un prodotto che può essere rigenerato, non mi fa impazzire l’idea che la pizza faccia un tragitto troppo lungo, nelle mani di persone (sicuramente professionali), ma che non conosco. Cosa ancora più importante, fin da subito ho detto che era il momento di aiutare le pizzerie di quartiere, ci ha fatto piacere la grande richiesta, ma era il momento di dividersi più possibile il mercato, così da poter galleggiare tutti. Ne abbiamo approfittato per coccolare il quartiere, che ringraziamo per la pronta risposta.
La clientela sta rispondendo bene?
Come ti dicevo, il quartiere ha risposto oltre ogni aspettativa, non lo dimenticherò. Con l’apertura dell’asporto è cambiato di nuovo tutto, ci siamo resi conto che la gente preferisce di gran lunga scendere da casa e ritirare la pizza, ci fa veramente piacere vedere le tante persone che ci hanno accompagnato in questi due anni e mezzo di attività.
È una forma di attività sostenibile per lavorare in questo momento critico per tutti? La ristorazione può farci affidamento?
La pizzeria in generale potrebbe vivere anche solo di asporto, ci sono molte attività che già prima della crisi svolgevano esclusivamente questa attività, ma per un ristorante la vedo più dura. Il delivery per conto dei vari gestori è problematico per le alte percentuali che prendono sul nostro incasso, l’asporto diretto invece ci mette in condizione di poter lavorare bene. Quando abbiamo aperto al delivery eravamo 3 ed è stato un grande sacrificio, ma abbiamo subito preso il toro per le corna; grazie di cuore a Claudia e Simone che mi hanno aiutato a superare un momento complicato. Con l’apertura dell’asporto abbiamo reintegrato due ragazzi dalla cassa integrazione, l’obiettivo è quello di ricreare la famiglia di 180g il prima possibile, lavoriamo sodo anche per quello.
Quali sono i consigli e i tempi per consumare al meglio i vostri prodotti? Avete predisposto delle indicazioni per indirizzare i consumatori?
Facciamo comunicazione diretta con il nostro cliente, dal social alla semplice linea telefonica. Cerchiamo il più possibile di interagire con i nostri clienti ai quali abbiamo spiegato come poter consumare al meglio la nostra pizza. I fritti sembrano mantenere la temperatura, anche se ti dico la verità sono un amante del supplì freddo, mi fa impazzire, provate anche a casa e poi mi dite.
Questo periodo di crisi condivisa può essere letto anche come un’opportunità per tessere un sistema sano tra ristoratori romani. Fattore in cui avete sempre creduto. Vi sentite dunque vicini e legati ad altre realtà che stanno facendo delivery in questo momento?
Ci siamo confrontati molto con altri colleghi, è il momento di aiutarsi il più possibile per uscire indenni da questo buco nero. I ragazzi di Trecca sono stati i primi a darmi il numero di una piattaforma delivery, sono sempre in contatto con Sarah di SantoPalato e con i fratelli Palucci di Barred, spero di rivederli presto. Tutte le settimane invece riesco a vedere Gerardo del Pork’n’Roll che ci porta il maiale, ci facciamo forza a vicenda. Non si molla!
Siete fiduciosi per la ripresa della ristorazione romana e italiana dopo la quarantena? Pensate che la rete di delivery avrà respiro maggiore e continuativo dopo questo momento storico?
C’è molta programmazione dietro a ogni nostra mossa, ma c’è anche una piccola dose di sana incoscienza che ci spinge a fare dei passi in avanti in una strada buia, purtroppo c’è poca chiarezza sul futuro da parte delle istituzioni, dalle quali non ci sentiamo aiutati, tutt’altro. Il futuro ce lo andremo a creare da soli, come sempre; abbiamo la fortuna di fare un lavoro che amiamo, finché avremo la forza saremo davanti al nostro forno.
DELIVERY REPORT
WApp Interstellar Chronicles
Io: “Torre Spaccata di controllo a Delivery Alb One. Mi ricevi? Velivolo incandescente di cartone pizza e abitacolo con fritti cosmici si preparano all’atterraggio sul tavolo. Identificazione approvata: 180g Pizzeria Romana. Confermi pilota Blasetti? Passo”.
Alberto: “Lore ma siamo arrivati a questo punto? Ma sei uscito a fare due passi come ti avevo suggerito in sta fase due? Cioè, non te posso dire più niente che scapocci proprio. Altro che costellazioni, qui è un big bang di neuroni amico mio. Mannaggia a me che ti ho accennato l’idea di utilizzare sfondi interstellari per lo shooting di questo report. Mi devo star zitto mi sa, che sennò mi finisci risucchiato in buco nero. Comunque la pizza è arrivata sì. Mi pare un livello pazzesco, quasi come appena ordinata al tavolo in pizzeria”.
Io: “Ma possibile che devi sempre smontarmi tu? Lasciami viaggiare almeno con la fantasia. E poi non è colpa mia se mi sovraccaricate di suggestioni. Lo sai che sono un po’ picchiatello. Prima il marchio Odissea nella Pizza in bella vista sul packaging del delivery. Poi tu che rilanci questo setting spaziale. È lecito che io mi figuri a bordo della navetta Discovery One, per approdare con le mandibole su questa pizza fantascientifica. A ogni modo, è un’idea genialoide quella degli sfondi, te lo concedo. E sottoscrivo la visione galattica di pizze e fritti estratti dal box. Appaiono appena sfornati, con condimenti e strutture in forma smagliante. Jacopo ha fatto un’impresa stellare”.
Alberto: “Eh, tu mi provochi e io tiro fuori i miei assi nella manica. Dal sito Space Telescope dell’ESA, si possono trovare panorami pazzeschi, scattati in spazio aperto. Non solo sono gratuiti riportando i crediti, ma mi sembrava anche un’iniziativa super in linea con lo scambio solidale di contenuti che si è sviluppata in questo periodo di emergenza. Poi, ho sempre sognato di scattare pizze in orbita tra pianeti e manti cosmici. Dovrò sovrapporre gli scatti dal monitor a quelli degli spicchi di pizza, ma penso verrà un bel lavoro. Stavolta la sfida la faccio con te e anche un po’ col tuo amato Kubrick. Ahahaha!”
Io: “Abbè, poi ero io quello che partiva de capoccia vero? Mo ti metti in competizione anche con un mostro sacro del cinema? Ok, vediamo che riesci a combinare. Ma non ti lancio nessuna scialuppa di salvataggio. Né per il ritorno sul pianeta terra né per il consueto fritto infreddolito. Fritto che tra l’altro, in parte già mi tiene compagnia nel pancino. A più tardi cosmo-photographer”.
Supplì guanciale, pecorino e piselli: prima di questo incontro ravvicinato (del decimo tipo) non immaginavo si potesse rendere ancora più romano e ancora più godurioso un simbolo dello street food capitolino come il supplì. Immaginate la sontuosità di una gricia, colorata dal brio primaverile dei piselli freschi. Conditeci un risotto dal chicco tuonante e dalla manteca sontuosa. Panatelo con un mix speziato di pan grattato e cipolla bruciata che sprona salivazione e fibrillazioni ancestrali. Missione compiuta.
Sampietrino di tonnarello cacio & pepe: dalla frittatina di pasta campana ai supplì di spaghetti brevettati qualche anno fa da Bonci, noi buongustai ci eravamo già imbattuti in monoliti deep-fried di queste fattezze. La versione sampietrino coniata da Jacopo però (in omaggio alle pietre di cui sono lastricate le strade di Roma) esibisce un ulteriore upgrade nel gusto e nel portamento. Decorticato a mani nude il croccantissimo involucro panato, si può ammirare la cremosità formosa e avvolgente di una cofana di tonnarelli. Come appena impiattata nella meglio trattoria der centro. Facili entusiasmi a parte, parliamo davvero di un lavoro straordinario che rasenta la perfezione. Carboidrato cotto al dente; amalgama umida e bilanciata tra sapido/piccante/aromatico di pepe e pecorino; morso dalla soddisfazione apocalittica. Colossale.
Gateau di patate fritto: non ho mai appoggiato l’affermazione “fritta è buona pure una ciavatta”. Perché il fritto è un’arte che va celebrata dall’ideazione all’applicazione, sino alla fatidica digestione finale. Di certo – dopo aver provato i prodotti della friggitoria 180g- potrò affermare che “fritto è bono pure un gateau”. Più buono dell’originale se possibile. Perché il team di Mercuro ha estrapolato il meglio di questo piatto napoletano – il cuore morbido e filante di prosciutto fumé, mortadella, patate e fiordilatte – conficcandolo in un disco volante di pangrattato. Pronto a radere al suolo ogni vostro senso pudico. Tepore popolare in assetto futurista.
Mozzarella in carrozza con prosciutto cotto alla brace: oltre al quesito irrisolto sui confini dell’universo a noi noto, la squadra di 180g ha prodotto un interrogativo ulteriore: esiste limite all’evoluzione dei fritti realizzabili e al godimento che possono causare sull’essere umano? La risposta ci appare in forma di un parallelepipedo super crispy (permeato da panatura che ricorda il panko nipponico) che cela a sua volta un tramezzino lipidico di fiordilatte e prosciutto affumicato della premiata norcineria Pork’n’Roll. L’assaggio spazza via ogni domanda o questione, prendendo possesso del corpo e delle connessioni nervose come lo Xenomorfo di Alien. Appagamento letale, che vale ogni briciola di dubbio rimasta a gravitare in sospeso.
Pizza stracciatella e alici: il primo contatto extra-terreste con la pizza base rossa a domicilio, lascia echeggiare tra le sinapsi una singola affermazione: “questa si che è una pizza romana!” Disco sottile e crunchy, ma bollato il giusto per sorreggere la borraccia lattica di burrata, stracciata lungo l’intera superficie. Soluzione per non incombere nel rischio gavettone. Salsa di pomodoro densa, saporita e rinfrescata dal nerbo balsamico dell’origano bianco di Sicilia. Le acciughe di Sciacca si adagiano trionfanti sul latticino, sfoderando salinità carnosa che stimola contrasto a ogni boccone. Un’idea contemporanea di pizza, che si esalta nella semplicità e nel tributo accorato alla vecchia scuola.
Pizza patate, provola e cotto: manifattura moderna e abbinamenti tradizionali convivono su questi impasti come non mai. Merito del tocco maniacale di Mercuro nell’equilibrio dei toppings e nella disposizione di elementi pre/post cottura. In questo caso – su base ulteriormente sottile e stirata – le patate scubettate con perizia e la provola fusa, sedimentano un campo da gioco elettivo per le falde di prosciutto arrosto. Un timbro di gusto primordiale, che risorge sulle orme di un’insolita leggerezza. Ne potreste finire due senza il terrore dell’arsura o delle convulsioni notturne nel letto. Blasetti pare ne abbia mangiate addirittura tre, ma il rapporto spaziale è abbastanza confuso in merito.
Pizza porchetta, bufala e cicoria: se viaggiare nell’interspazio vi sembrava troppo rischioso, torniamo in atmosfere più ruspanti. Con un itinere gustativo al sapore di Castelli Romani e coriacei stornelli agresti. L’armonia raggiunta da Jacopo è stratosferica anche in questo caso, soprattutto considerando la gestione ostica di un ingrediente saturante come la porchetta. Il nostro astro-pizzaiolo coordina uno scambio di contrappunti fotonici: tra lattico/grasso/arrostito di salume cotto e mozzarella, smorzati e rilanciati dal guizzo amaricante del vegetale. L’impasto, scrocchiarello all’infinito, si protende come passerella di lancio per l’ennesima conquista oltre la volta celeste.
Note, in chat, a margine
Alberto: “Ehi Torre Spaccata di Controllo. Qui Delivery Alby One a rapporto mi ricevi? Hai divorato forma di pizza intelligenti. Qui, con tutti sti sfondi di costellazioni devi avermi contagiato. Ma penso che possiamo far rientro alla base, con un bel risultato in saccoccia. Ho paura a dirlo, ma sono quasi curioso del prossimo viaggio che mi porterai a fare nel prossimo report.
Io: “Allaccia le cinture pilota Blasetti. La rotta tra le stelle del delivery ancora non è compiuta. E a questa andatura di scofanamento pizze, non è mica detto che faremo ritorno”.
TO BE CONTINUED…
Episodio 3: A Rota di Eufrosino con Negroni dell’Italian Cocktail Club