Testo e foto di Luca Martinelli
La prima volta che sono arrivato a Cupi, un borgo a mille metri sui Monti Sibillini, ero a piedi lungo il Cammino nelle Terre Mutate, un itinerario attraverso i territori del Centro Italia che hanno subito i devastanti terremoti del 2009, 2016 e 2017. Era l’estate del 2020 e mi colpì vedere lassù un vigneto: non erano pochi filari, coltivati da un anziano per uso famigliare, ma l’impianto di un’azienda agricola che produce vino.
A Cupi (MC) non c’è un alimentari, non c’è un bar, non c’è ristorante. Oggi, dopo il terremoto dell’ottobre 2016, gli abitanti sono 5. Una è Ginevra Coppacchioli: ha 25 anni, ha studiato a Roma ed è lei ad occuparsi della vigna e della cantina. La sua famiglia – racconta – è originaria di Cupi e nel 2013 ha acquistato un terreno per mettere a dimora i primi due ettari e mezzo di vite. “All’inizio nessuno credeva nel nostro progetto. Nei pressi del cimitero, però, abbiamo trovato delle viti centenarie, maritate agli aceri campestri, incolte ma vive. Con il supporto dell’Università di Camerino ne abbiamo definito la genetica, scoprendo che si tratta di un clone arcaico del Pecorino, che ha subito mutazioni anche organolettiche influenzato dall’altitudine di Cupi” racconta Ginevra. Questo vitigno autoctono, il Vissanello, è il primo imbottigliato nel 2016 dalla Cantina Coppacchioli Tattini (il cognome della mamma di Ginevra): ho bevuto il Primodicupi 2019, acquistato nell’alimentari di Ussita (MC), un altro borgo distrutto dal terremoto a pochi chilometri da Visso. È assai gradevole, nonostante una lieve acidità figlia dell’annata. “Il 2018 era molto più tondo” spiega Ginevra, confermando le impressioni degli amici ussitani con cui avevo condiviso la bottiglia.
La maturazione del Vissanello avviene molto in ritardo. A fine agosto l’uva è ancora asprissima, come ho modo di verificare raccogliendo un acino da un grappolo stretto e lungo. “Con queste uve una volta si faceva il vino dei pastori, che a fine estate lasciavano Cupi al seguito delle greggi, dirette nel Viterbese. Significa che l’uva veniva raccolta praticamente acerba e il vino era verde, aspro” racconta Ginevra. Esiste un detto popolare, secondo cui il vino di Cupi si beve in tre, perché servono due persone a reggere chi lo manda giù. “Non è solo questa tradizione a raccontare che a Cupi si è sempre fatto il vino. All’interno del Santuario di Macereto, a pochi chilometri da Cupi, c’è un bassorilievo – del Quattro o del Cinquecento – che raffigura un uomo con un grappolo d’uva in mano, nella sezione dove sono rappresentate le professioni del territorio” aggiunge Ginevra.
Quel bassorilievo è raffigurato nel logo della Cantina, insieme ai nomi di Ginevra e dei fratelli, Gaia e Lucio. Oltre al Vissanello, l’azienda alleva e imbottiglia pinot nero e chardonnay, che danno vita a un rosso fermo, a un metodo classico rosato rosé e a un metodo classico. Anche il Vissanello viene spumantizzato e diventa Pecora Fuorigregge. Tutti gli spumanti passano tra i 36 e i 60 mesi sui lieviti prima della sboccatura. In tutto le bottiglie sono circa 10mila. La conduzione è biologica. La fermentazione avviene con lieviti selezionati. “Solo dal 2019 abbiamo iniziato a produrre anche il pinot nero. Tra le particolarità di questa etichetta, c’è che abbiamo coinvolto un artista, Alan Zeni in arte ZA, che ha fatto tre disegni diversi per le 1.200 bottiglie” racconta Ginevra. Quella che ho portato a casa dice “Il sogno è un’intuizione”.
L’intuizione della famiglia Coppacchioli Tattini ha saputo trasformare un sogno in realtà. Oggi è stato impiantato un altro ettaro di vigneto (“C’è del Pinot Nero e c’è del Malbec, un vitigno di cui sono innamorata, anche perché quando avevo un anno la mia famiglia si è trasferita a Buenos Aires. Purtroppo, a oggi nelle Marche non si può vinificare, stiamo lavorando per ottenerne il registro tra le varietà ammesse” racconta Ginevra) ed è pronta la nuova cantina, finanziata anche grazie al Piano di sviluppo rurale (PSR). La vecchia, sotto la casa della nonna, è inagibile, come gran parte degli immobili nel centro storico di Cupi.
“Nel 2016 – ricorda Ginevra – abbiamo vendemmiato il giorno prima del terremoto di ottobre, il cui epicentro è stato Visso. Poi è arrivato un inverno in cui ha nevicato tantissimo e la strada era bloccata da frane. Non potevamo arrivare in cantina e non abbiamo seguito al 100 per cento la fermentazione. Era la nostra prima annata, ma non ci siamo persi d’animo: il vino è una cosa viva ed era la fotografia di quell’anno. L’abbiamo detto a tutti i nostri clienti: questo è il vino del terremoto”.
Frutto del desiderio di investire in un territorio a cui la famiglia è legatissima. “I miei nonni sono originari di Cupi e noi fratelli adoriamo questo paesino. È il nostro posto nel mondo” conclude Ginevra.
Azienda Vinicola Coppacchioli
Via Piana
62039 Visso (MC)
www.coppacchiolitattini.com