Riccardo Forapani, Luis Diaz & il team Francescana alla guida del rinnovato ristoro a Maranello
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Danilo Scarpati cortesia di Gruppo Francescana
“Ammiro tutti coloro che hanno una passione ed hanno la sapienza e la costanza di coltivarla. Sono loro il motore del mondo”
Enzo Ferrari
Se ben oliate e indirizzate da mani reattive al volante, le passioni (quelle autentiche) sono in grado di sfrecciare in pista perseguendo traguardi pressoché inesauribili. Magari sfoggiando imprese prodigiose e spericolate come un Tazio Nuvolari in corsa per la Scuderia Ferrari nel suo periodo di massima resa da pilota. Assecondando questo selciato d’asfalto, ecco che il rimbombo passionale di due mondi – apparentemente distanti – può fungere da perno per assemblare un nuovo modello pronto a lanciarsi in strada verso sfide inedite. Il “veicolo” da gara – che porta già il nome del mito scolpito nell’insegna – è quello del ristorante Cavallino a Maranello: patria incontrastata dell’universo Ferrari, il cui logo affiora da quasi ogni stabile urbano, colorando la piccola frazione con un inconfondibile tono rosso rampante. Proprio questo storico ristoro (ex cascina/mensa edificata da Enzo Ferrari nel ’42) ha incarnato a partire dagli anni ’50 un luogo di ritrovo dedito al buon cibo emiliano ove locals, operai e collaboratori del brand consumavano i propri pasti. Ritrovandovi anche il “Drake” (Enzo Ferrari, ndr) in persona intento a pranzare, contemplando magari il Gran Premio con gli amici nelle sessioni domenicali. Partendo da questo folto bagaglio di storia, aneddoti e cultura tutta italiana, ammiriamo oggi il ristorante riaccendere i motori con un cuoco-fuoriclasse alla guida: Massimo Bottura. Non in assetto individuale, come sovente ama lui stesso sottolineare, ma reclutando l’organico della Francescana Family al fine di far rivivere uno spazio così significativo nella modalità più coerente, attuale e accessibile che si possa immaginare. Fast Cars & Slow Food è il motto ricorrente nella dialettica di Bottura che in questo progetto intercetta un contesto elettivo in cui esprimersi. La direzione culinaria è stata infatti quella di tutelare la possanza tradizionale dei ricettari emiliani/modenesi – nelle pietanze, ma anche nei modi di consumo a tavola – apportando modifiche mirate, iper-performanti e allineate ai tempi odierni.
Futuro nel passato: il nuovo rombo del Cavallino
Un lavoro pazzesco di manutenzione e restyling, che rispecchia il timbro estetico scelto dall’architetto India Mahdavi, straordinaria nel riplasmare le atmosfere, il design e l’animo fascinoso che trasuda ogni dettaglio della struttura. Dalle piastrelle del pavimento a scacchiera (in cotto color terra e avorio) che riprendono il motivo delle tovaglie d’osterie vintage, alle formosità aerodinamiche di sedute e panche in pelle gialla che convivono armonicamente con tavoli e boiserie in legno. Disposti con garbo poi – lungo l’intero ambiente – numerosi cimeli, foto d’epoca e oggetti leggendari appartenenti al vissuto della casa automobilistica. Adottando medesima sobrietà e precisione, la squadra di Massimo è intervenuta nel rileggere i piatti del territorio senza snaturare il grado di godibilità e accoglienza che era parte integrante del Cavallino sin dagli esordi. Challenge non così scontata da percorrere: parliamo di un locale con una capienza considerevole di coperti (intorno al centinaio) e un target di clientela tutt’altro che fossilizzato su logiche gourmet. Proprio su questi circuiti inesplorati però l’alchimia di una grande squadra rivela il vero potenziale. Così il nuovo ristorante ruggisce fiero lo spirito conviviale e festoso aderente a quello di un’inossidabile trattoria italiana, affiancandovi elementi moderni che pigiano forte l’acceleratore verso il futuro.
Ospitalità & impronta gastronomica
A condurre in veste operativa le stufe rosse fiammanti del ristoro, troviamo un cuoco dall’estro irrefrenabile quale Riccardo Forapani. Giovanotto originario della vicina Mirandola – con ben 13 anni intrapresi presso l’Osteria Francescana – che appare un po’ come prova fisica della consacrazione dei sogni spesso enunciata da Bottura. Figlio di una cuoca modenese (da cui l’amore per i fornelli) e di un meccanico che l’ha sempre immaginato nel mondo Ferrari, oggi si ritrova a coniugare questi due tratti esistenziali nell’esperienza di Maranello. Al suo fianco, grintosa copilota e sous-chef, Virginia Cattaneo con cui condivide attivamente lo sviluppo del menu e la gestione dei ritmi in servizio. Trottando insieme in una super cucina (dimensioni XL) che vanta una brigata davvero ampia di ragazzi motivati nella manodopera delle vivande. Euforia creatrice che traspare dagli assaggi, sia ordinando due singole portate alla carta – come moltissimi habitué del circondario fanno, delineando un altro fattore di rilievo del Cavallino – sia lanciandosi (come noi) in un degustazione che mette alla prova “Pippo” Forapani e i suoi con agili digressioni e sterzate dal tessuto tradizionale, restituendo costantemente un ruolo primario alla bontà papillare priva di artifici.
Lo appuri con le gomme già sfrigolanti sulla sedia, sbocconcellando un arioso Gnocco fritto con pancetta ultra-stagionata; Macaron al pesto di lardo, parmigiano e limone (in ricordo delle tipiche tigelle) e una Foglia al gusto d’erbazzone d’intensità prorompente. Dal cestino del pane poi – pensato dalla Bakery Francescana per il locale – emerge una Focaccia con i ciccioli che rimeggia alla grande in combo al cocktail d’apertura dalla nuova drink list; in scena a brevissimo (e che valorizzerà anche il bel bancone locato all’ingresso): Formula Uno – spesso ordinato da Enzo Ferrari – a base di Biancosarti, vermouth all’aceto balsamico, Campari, arancio e bergamotto. Menzione più che obbligatoria, oltre alla bravura della barlady Gabriella Iacopino, va spesa per l’intero reparto di sala. Qui si destreggia un campioncino d’eleganza e agilità professionale come Luis Diaz (restaurant manager, dopo una carriera di rilievo sia all’estero sia presso il Seta al Mandarin di Milano), spalleggiato prontamente da Denis Bretta (veterano della Francescana) e dalla brillante sommelier Silvia Campolucci. L’abilità con cui ogni profilo si coordina nel proprio ruolo – e con il prossimo – restituisce un clima disteso all’inverosimile, cristallizzato nell’allure evocativo del ristorante, ma sovraccarico al tempo stesso di una spigliata verve contemporanea.
Tartare Cavallino, battuta di manzo, polvere di frutti rossi e salsa bernese
Suggestione rinfrescata in tavola dalla cucina, con il Creme caramel di Parmigiano Reggiano che rende tributo affettivo all’umilissima Frittata di cipolle: base uovo e parmigiano, caramello ridotto di cipolla tostata e aceto balsamico tradizionale, per una concentrazione umami devastante.
Segue un setoso lenzuolo di Lingua (tra le regine del quinto quarto) con lumache al verde, senape e caviale, dove quest’ultimo apporta l’impennata salmastra in mirabile raccordo di contrasti con gli altri ingredienti. Ci tuffiamo poi nella pienezza invernale di una Zuppa royale con patate, foie gras, finferli, tartufo nero, pan brioche, tuorlo d’uovo e zucca marinata. Difficilmente riuscirete a non raschiare il fondo della ciotola gaudenti. Il Risotto viaggia – a velocità supersonica – da Mantova alla Sicilia passando per Modena, incorporando nelle trame mantecate dei suoi chicchi: zucca mantovana, coppa di testa al rafano e agrumi siculi. Profondità e finezza in una consecutio esaltante.
Torna in testa la tradizione (restaurata alla grande) nell’iconica Rosetta emiliana. Piatto d’estrazione casalinga, votato alla convivialità, che si mette in ghingheri con prodotti di pregio quali spalla cotta, tosone di Parmigiano e una soave spuma di besciamella.
Il bocciolo arrotolato di pasta all’uovo, pervaso dalla fragranza ancestrale del forno a legna, riassume in un KO palatale la maestria dei cuochi nel rimaneggiare (con esecuzione e intelletto) le tipicità locali. Gesto definitivo? L’argento commestibile che crea link con la carta stagnola atta ad accudire le rosette nella loro versione domestica.
Cotechino alla Rossini, coronato da un tartufo minerale e da una salsa alle amarene di Modena
Un rapido pit-stop e cambio circuito, perché ci si sposta presso il bancone vista Josper e griglia basca, con un corner sviluppato solo per queste cotture. “Prossimamente inaugurerò un menu dedicato esclusivamente al grill e al Josper” spiega Riccardo mentre ci accoglie nel suo angolo rovente. “Ho una predilezione per questa tecnica e con gli altri abbiamo deciso di proporre una sequenza di assaggi che le rendano merito”. Aggrappati al banco, manco a dirlo, si sta da dio. Ancora meglio se plana dritta alla barra un’Ostrica del Delta del Po’ con midollo alla brace. Match esplosivo di salinità, iodio e lipidi. Passaggio clamoroso – come un sorpasso in curva last minute – quello dell’Anguilla ripiena di piccione, giardiniera e salsa di carpione. Rintracciare tale equilibrio di grassezze a confronto, testure sovrapposte e spigoli acetici è qualcosa che manda in visibilio al primo boccone. Pippo is on fire!
Créme Caramel al Parmigiano Reggiano, frittata al Parmigiano Reggiano 36 mesi, cipolla e Aceto Balsamico Tradizionale Villa Manodori
Verso l’ultimo giro di corsa, si torna a casa (Modena) unificando due mostri sacri dell’abbecedario gastronomico nel Cotechino alla Rossini. Ennesima ode alla levità (insospettabile) nell’assemblare il celebre salume da pentola con salsa Rossini reloaded, tartufo nero e un guizzo pungente di bagnetto verde dosato al micron. Commento nel mio dialetto d’origine: “Filetto scansate proprio”. Il rush finale, zuccherino ma non troppo, è invece omaggio a un dolce di Bottura direttamente dall’archivio ‘90s dell’Osteria del Campazzo.
Il Paciugo: energizzante mousse al mascarpone con amaretto sbriciolato, gelato al caffè e meringa. Ci attende una visita nelle salette private della struttura (toccante balzo temporale ai tempi dell’ingegner Ferrari) e nel patio bucolico del giardino esterno (riprogettato con grazia rara da Marco Bay).
Ma solo dopo aver azzannato il terzetto di petit fours conclusivo: Torta Barozzi, Tortino di riso in guisa di macaron e un fotonico Babà. In barba al numero di coperti appena serviti, Forapani trova ancora le energie per andarsi a sparare una sessione di crossfit prima della cena. Sarà merito dell’aria di competizione sana che si respira qui, perché quella del Cavallino è senza dubbio una cucina da Grand Prix.
Ristorante Cavallino
Via Abetone inferiore 1
41053 Maranello (MO)
Tel: +39 0536 944877
www.ferrari.com/it-IT/ristorante-cavallino